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Un libro si progetta. La parola alle idee. Incontro con Maurizio Ceccato (2)

locandina_15gen_webCOSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma

di Lorena Bruno

Ricco di spunti di riflessione il terzo incontro di Cosa si fa con un libro? con Maurizio Ceccato di Ifix, a Garbatella nella sede di Altrevie.

«Ho sempre pensato che il designer fosse un po’ un sabotatore delle immagini, perché inganna cercando di attirare lo sguardo su un’immagine».

Per iniziare a parlare del mestiere di grafico editoriale, art designer e illustratore Ceccato ha scelto una frase di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll: «E a che serve un libro senza dialoghi né figure?». Ha proseguito affrontando il tema delle copertine, lui che ne ha ideate moltissime per case editrici come Laterza, Fazi, Gaffi, Hacca, Elliot.

La copertina ha un vita autonoma, seppur contigua al libro? «È soggettivo – risponde Ceccato – io dissento dai manuali. Non mi sento attratto dalla grafica come qualcosa in cui ci siano solo regole esatte, alcune vanno sabotate». Insiste sul concetto del sabotaggio e spiega come non sia affatto facile interpretare un libro e tutte le parole di cui è composto con una sola immagine, «perché l’immagine viene prima della parola: la prima cosa che facciamo quando ci troviamo davanti a un cartellone pubblicitario è decodificare l’immagine, poi le parole».

Tecnicamente, spiega Ceccato, l’immagine è di una complessità superiore a quella della parola, che si può decodificare in modo esatto, a differenza del segno che non sempre può essere interpretato con certezza. «Io non leggo il libro di cui devo fare la copertina, preferisco farmelo raccontare dagli addetti ai lavori». E non gli piace la “scontatezza” di una copertina con l’immagine che richiama il titolo, è meglio pensarne una che faccia venire al lettore la curiosità di sapere il perché di quella scelta iconografica. L’attività della grafica è comunicazione.

Divaga Ceccato, mentre parla di pittori come Caravaggio, Michelangelo e Leonardo, di grandi capolavori dell’arte e di tecniche sorprendenti usate nelle loro opere più famose.

«Non si può essere certi del fatto che una copertina sia perfetta per un libro, ci si deve affidare alla cura della composizione, alla bellezza dell’immagine, bisogna sempre chiedersi se sia autosufficiente rispetto al libro: in quel caso può funzionare».

Al centro della serata anche i due progetti cui Ceccato tiene molto: Watt, la rivista-libro nata dalla collaborazione con Oblique Studio (se ne è parlato con Leonardo Luccone l’11 dicembre) e B comics, un progetto editoriale dedicato al fumetto. Watt, dove narratori e illustratori sono stati chiamati a lavorare su un progetto comune, dimostra come parole e immagini siano diverse, due rette parallele destinate a non incontrarsi, che tuttavia possono avere insieme una forza narrativa affascinante. Tre numeri, a metà tra libro e rivista, ciascuno con un tema o un filo conduttore, un segno in copertina, un colore in particolare. L’intento è stato quello di confrontarsi con il parere dei lettori e dei librai – con chi legge insomma – e non con la critica o con altri interlocutori. C’è stato un riscontro positivo da parte del pubblico, che ancora è incuriosito, sebbene il progetto si sia concluso con il terzo volume.ceccato

«Per progettare Watt non mi sono inventato nulla, ma sapevo che sarebbe stato fatto qualcosa che era stato dimenticato». Per il suo lavoro si ispira ai grandi pittori del passato, ma anche alla grafica futurista, a Munari, a Urania e alle vecchie riviste, citando Carroll ancora una volta: un grande narratore, ma anche un illustratore e Bcomics_inside + coverun fotografo.

B comics è un volume di storie a fumetti (alcune in bianco e nero e altre a colori molto vivaci) di autori italiani dagli stili diversi. Il fumetto è  “complesso”, dal linguaggio immediato: per descrivere una vignetta il più delle volte ci vorrebbero molte parole, perché è in grado di raccontare azioni, movenze e stati d’animo dei suoi personaggi.

La serata si è conclusa con un aneddoto sul presidente americano Franklin D. Roosvelt.

Il prossimo appuntamento di Cosa si fa con un libro? è il 6 febbraio con lo scrittore Davide Orecchio, perché… un libro si scrive!

Un libro si pubblica. La parola all’artigiano dell’editoria. Leonardo Luccone (2)

locandina_11dic_webCOSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma
di
Lorena Bruno

Successo di pubblico al secondo incontro di Cosa si fa con un libro? con Leonardo Luccone di Oblique.

«Dietro il libro c’è un lavoro che non muta da cinquecento anni, è un vero e proprio manufatto e richiede molto impegno, in ogni caso». è partito da qui Luccone per spiegare l’attività di Oblique, studio fondato diversi anni fa con Elvira Grassi e Giuliano Boraso, per raccontare il dietro le quinte dei libri, tutto quello che accade dalla mente dell’autore alla vetrina del libraio. Dopo aver ascoltato un brano del Notiziario Einaudi, un periodico d’informazione che Italo Calvino curò per anni per far conoscere le attività della casa editrice, si è entrati nel vivo dell’attività, un lavoro che viene fatto a mano, e per questo lo si può ancora definire una forma di artigianato.

«Noi costruiamo il libro», dice Luccone. In una prima fase si riceve un file via mail. Con l’avvento della posta elettronica è tutto molto più semplice per chi si vuole proporre a una casa editrice o a un’agenzia letteraria. Aumenta però a dismisura il materiale ricevuto al punto che diventa quasi impossibile leggerlo e valutarlo tutto, sia perché ci sono sempre meno persone dentro una casa editrice, sia perché la qualità dei libri proposti il più delle volte è molto scarsa. Una volta scelto il testo sui cui lavorare si mettono in campo altre competenze, prima fra tutte  quella dell’editor che interviene sui contenuti e la struttura narrativa, ma anche sugli aspetti grammaticali, sintattici, ortografici.

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«L’editor prende in carico il libro e lo rende consono alla pubblicazione – spiega Luccone – è molto raro che un testo venga pubblicato esattamente com’è. L’editor si confronta con l’autore, cercando di fare il suo bene, ma anche quello del libro». Italo Calvino, oltre a essere uno scrittore era un redattore di Einaudi, e di lui si sono apprezzate moltissimo tali capacità: quando interveniva su un libro che non era il suo, non interveniva pesantemente sul testo ma si limitava a dare suggerimenti. È così che un editor dovrebbe svolgere il proprio lavoro.

Un’altra attività di Oblique molto significativa è quella di scouting, di scoprire nuovi talenti letterari. Per questo ci vuole intuito e forse anche un po’ di fortuna, oltre a qualche idea. Proprio per creare maggiori opportunità di scoperta Luccone e soci si sono inventati un concorso letterario particolare, 8×8, dove i concorrenti sono invitati a scrivere un racconto di 8000 battute. Se superano la prima selezione dovranno leggere ad alta voce davanti al pubblico e alla giuria. Da questo concorso sono usciti molti autori che poi Oblique ha seguito come agenzia letteraria. Valga per tutti l’esempio di Paolo Piccirillo, che ha esordito con Zoo col semaforo per Nutrimenti, diventando un piccolo caso editoriale (circa 2500 copie vendute, che per una piccola casa editrice e un autore sconosciuto sono numeri straordinari), ed è arrivato al Premio Strega 2014 come finalista con La terra del sacerdote, per Neri Pozza. In questo secondo caso i numeri sono stati diversi.

luccone_meMa di cosa ha bisogno un libro per essere valido? Per Luccone un buon libro è quello che tra vent’anni, o anche subito, sarà riconosciuto come un capolavoro. In passato le case editrici puntavano molto a progettare libri di qualità, che resistessero al tempo, oggi invece si preoccupano di vendere quelli che salvano il bilancio. La crisi ha causato un aumento di libri pubblicati nella speranza di riuscire a vendere di più, una scelta che ha penalizzato la qualità.

La serata si conclude con uno sguardo alla rivista Watt, il progetto editoriale che Oblique ha curato con Ifix di Maurizio Ceccato (che sarà protagonista del terzo appuntamento in programma il 15 gennaio 2015), una rivista-libro dove autori e illustratori hanno lavorato in stretta collaborazione.

«La cosa bella di questo lavoro è la sensazione di non stare lavorando», chiude Luccone e non possiamo che augurargli di  sentirsi così ancora a lungo.

Un libro si pubblica. La parola all’artigiano dell’editoria. Leonardo Luccone (1)

 

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Cosa si fa con un libro? Un libro si pubblica. La parola all’artigiano dell’editoria.
Giovedì 11 dicembre alle 21 – Leonardo Luccone di Oblique Studio

Leonardo Luccone di Oblique sarà il prossimo ospite di Cosa si fa con un libro?  In attesa di conoscerlo, ecco qualche anticipazione

 «Il primo consiglio che do a un mio corsista è di non partire pensando che sarà “impossibile”. Mentre il secondo e il terzo sono: “Ora devi dimostrarci che vuoi davvero fare questo mestiere”.

«La prima e più radicata falsa convinzione che tentiamo di sradicare è quella che non basta una generica passione (“l’amore per i libri”) e una presunta competenza linguistica (“mi sono laureata in lettere con il massimo dei voti”) per fare questo mestiere. Serve un amore viscerale, un’abnegazione, una passione più forte che in altre professioni. Un vero e proprio attaccamento alla causa che non ripaga quasi mai in termini monetari – i compensi se parametrati al numero di ore lavorate o all’anzianità sono, credo, tra i più bassi – ma, questo sì, dà una soddisfazione impagabile, l’idea di aver contribuito a qualcosa che rimane nel tempo».

Oblique Studio è uno studio editoriale e un’agenzia letteraria che collabora con molte case editrici italiane. Oblique Studio ha ideato e diretto le collane “Greenwich” e “Gog” per l’editore Nutrimenti. Oblique Studio, insieme a Ifix, da editore, ha dato vita a «Watt», una rivista-libro che riflette sul binomio narrazione-illustrazione. Oblique Studio organizza ormai da anni iniziative pubbliche per la diffusione della cultura editoriale (il concorso letterario 8×8, l’editoria nelle scuole e gli incontri di sensibilizzazione all’editoria). Oblique Studio è Leonardo Luccone, Elvira Grassi, Giuliano Boraso.

Per Leonardo Luccone l’editoria non si sogna e non si teme, ma semplicemente si fa. Il suo laboratorio artigianale ogni anno forma e avvia a un percorso professionale decine di allievi: molti di loro, oggi, sono redattori, editor, correttori di bozze, addetti all’ufficio stampa, traduttori, grafici e impaginatori.

Via dei Serpenti è nato dall’iniziativa di alcuni corsisti di Oblique. Ne abbiamo conosciuti altri, ad esempio: Filippo Nicosia, ideatore di Pianissimo – Libri sulla strada e oggi libraio di  Colapesce a Messina. Mauro Maraschi, editor di Hacca e di Caravan edizioni. Matteo Alfonsi, editor di Indiana (casa editrice milanese). Mara Bevilacqua, editrice di Armillaria, traduttrice e agente letteraria (MaBel Agency). Massimiliano Borelli, editor free lance e redattore de L’Orma editore. Massimiliano sarà l’ospite di Cosa fa con un libro? La parola all’editor il 6 marzo 2015.

 

Un giorno per disfare – Raffaele Riba

un_giorno_per_disfare_coverdi Emanuela D’Alessio

Non mi era mai capitato di seguire i lavori in corso o, meglio ancora, il dietro le quinte di un autore, di averne letto inconsapevole le prime prove di scrittura confluite, dopo varie mutazioni, nel suo primo romanzo.
Un giorno per disfare, infatti, è il risultato di un processo evolutivo, una sorta di germinazione che ha trasformato un seme acerbo in frutto maturo. Dal manoscritto Strade chiuse, che mi capitò di leggere nel 2011 al tavolo di Oblique, è uscito prima il racconto L’eloquenza delle nature morte pubblicato sul numero 0.5 di WATT, quindi il romanzo di esordio del giovane Raffaele Riba, pubblicato da 66thand2nd prima dell’estate.
«Il risultato complessivo è senz’altro di rilievo, interessante la soluzione narrativa adottata che gioca con lo spazio e il tempo in una sequenza non cronologica ma concentrica […] Un ritmo serrato, una scrittura, quasi sempre efficace e netta, avvolgono il lettore e lo introducono senza pedanteria e artificio ai molteplici temi dell’esistenza: i rapporti fra genitori e figli, la fatica del vivere, la frustrazione di un sogno svanito, il fallimento che si trasforma in sconfitta inappellabile. Tutto è pervaso da una sottile e densa sofferenza, la tragedia è declinata con toni pacati, non c’è ostentazione ma semplice evidenza, non c’è disperazione scomposta ma dolore sommesso. Riba assiste e ci fa assistere alla tragedia dell’essere uomini con semplicità, come un fotografo che con il suo obiettivo immortala un fatto cronaca».
Mi piace partire da qui, uno stralcio della mia valutazione di allora, per provare a parlare di Un giorno per disfare, un libro in cui si rimane impigliati a lungo anche dopo averlo finito, sul quale ci si sorprende a riflettere la mattina appena svegli, mentre si beve il caffè o si guida nel traffico verso una qualsiasi giornata di lavoro.

BestiarioGuardando la giraffa accovacciata e col collo fasciato della copertina mi viene in mente quella di Bestiario di Julio Cortázar (Einaudi, 1974) con l’illustrazione di Stefano Faravelli. Ma l’accostamento è puramente casuale.
Raffaele Riba scrive una storia ben ancorata alla realtà, mette in campo personaggi e vicende che nulla cedono alle trasfigurazioni ardite dello scrittore argentino. Se il bestiario cortazariano è metafisico e perturbante, popolato da animali invisibili e immaginari, non ci sono tigri metaforiche ad aggirarsi nelle pagine di Riba, ma scimpanzé di un circo prestati alla sperimentazione artistica della giovane Christiane in cerca di sé, oppure insetti, parassiti, lumache e lucertole che affollano la stanza di Matteo Danza, un dottorando in biologia che per inseguire una straordinaria intuizione finisce per bruciarsi le ali. Il volo pindarico di Danza è tutt’altro che mitologico: il ragazzo, infatti, si dà fuoco in un parco divertimenti di Parigi, davanti a una folla festante di bambini e adulti in cerca di svago. Un giornalista alle prese con i primi sintomi del Parkinson immortala in cinque scatti l’atto finale di una tragedia annunciata.
Indugiando ancora un poco sugli animali che popolano Un giorno per disfare, mi vengono in mente quelli di Zoo col semaforo, il libro di esordio di Paolo Piccirillo. Ma anche in questo caso l’associazione procede per distinzione. Gli animali di Piccirillo hanno coscienza e pensieri autonomi, compiono delle scelte. Gli animali di Riba, invece, sono solo comparse di uno spettacolo, oggetti di studio e sperimentazioni, strumenti per alimentare una speranza, per dimostrare un’intuizione.
Gli animali lottano quotidianamente per la loro sopravvivenza, così come accade per ciascun essere umano. Ma gli animali non hanno coscienza, non hanno volontà, mentre l’uomo sì. Ed è proprio questa differenza l’ossessione di Matteo Danza, che decide di scoprire il momento esatto in cui l’evoluzione di un cucciolo di scimpanzé si distingue da quello di un cucciolo di uomo. «La sua convinzione era semplice: se è vero che gli scimpanzé sono i nostri parenti più prossimi, se capiamo il momento del distacco tra noi e loro, avremo capito dove e perché comincia la nostra solitudine».
Capire la solitudine dell’uomo: è questa la fissazione del giovane ricercatore, nato a Cuneo e residente a Parigi, che ricorre ai testi di etologia e alle teorie di Lorenz per dimostrare la propria; comprendere il vicolo cieco evolutivo in cui l’uomo si è infilato per poter finalmente correggere il mondo.
Obiettivo ambizioso quanto irrealizzabile, una straordinaria intuizione che non regge il confronto con la realtà. Il fallimento di Matteo Danza è il fallimento dell’umanità, che in secoli di evoluzione si è condannata a vivere in cattività. «Tutti gli animali in cattività perdono connessione col resto. In qualsiasi zoo cominciano a comportarsi in maniera strana, spaesata. In cattività le leggi della biologia vengono sconvolte. Gli animali si deprimono, diventano violenti, si suicidano, oppure non rispondono agli stimoli, si ammalano. L’uomo è in cattività. Ed è per questo che i suoi comportamenti si sono alterati». Per Matteo, capire come e perché tutto questo sia accaduto non è stato sufficiente a salvarsi, ma forse il suo fallimento ci costringerà a riconsiderare la nostra quotidiana esistenza.
Ecco perché il libro di Riba non può essere liquidato come un romanzo qualsiasi, anche se ben scritto e originale nella costruzione narrativa. Un giorno per disfare  non è solo la storia di Matteo Danza, ragazzo spaesato e ossessionato, ma un grappolo di storie e destini incrociati; è un romanzo complesso e profondo, una riflessione filosofica senza averne la presunzione o l’impostazione accademica, una rappresentazione polifonica della solitudine di uomini e donne, delle loro vite ordinarie occupate a farvi fronte, a tentare una nuova capacità di sperare.

riba4Per approfondire
Leggi la nostra recensione di L’eloquenza delle nature morte.

Nota sull’autore
Raffaele Riba è nato a Cuneo nel 1983, vive e lavora a Torino. È perito chimico, laureato in lettere e pubblicista. Nel maggio 2011 ha vinto la terza edizione del concorso 8×8, ha pubblicato alcuni racconti tra cui L’eloquenza delle nature morte su Watt e La crocifissione nell’antologia Si sente la voce (Cartacanta, 2012).Un giorno per disfare è il suo primo romanzo.

Un giorno per disfare
Raffaele Riba
66thand2nd, 2014
pp.144, € 15,00

Cosa si fa con un libro? La parola ai protagonisti

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COSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma

Via dei Serpenti organizza il ciclo di incontri  COSA SI FA CON UN LIBRO? La parola ai protagonisti: dallo scrittore al lettore.

Dal 7 novembre 2014 al 7 maggio 2015, presso la sede di Altrevie, a Garbatella (Roma).

Dopo tre anni di attività sul web, nei quali abbiamo parlato e fatto parlare di libri scrivendo recensioni, intervistando autori, editori, illustratori, librai, abbiamo deciso di uscire dall’invisibilità della rete e di provare a parlare di libri dal vivo.

Ci serviva una sede: ed ecco che l’associazione culturale Altrevie, da oltre quindici anni attiva sul territorio romano, ci ha offerto la sua, nel cuore di Garbatella.
Ci serviva un’idea, e quella di organizzare un ciclo di incontri con i protagonisti della filiera libro, è diventata Cosa si fa con un libro? La parola ai protagonisti: dallo scrittore al lettore.

Un libro si scrive, si traduce, si progetta, si corregge e si trasforma, si vende, e alla fine si legge.
Per ogni fase del processo abbiamo scelto un protagonista che spiegherà a un pubblico non specializzato in che cosa consiste il suo lavoro.

Qual è lo scopo di questi incontri? Far conoscere il prodotto libro, senza alcuna intenzione didattica o promozionale, senza alcuna velleità di fornire una nuova ricetta contro la crisi dell’editoria e della lettura, contro la chiusura delle librerie e l’assenza di politiche nazionali a tutela della cultura in generale.

Il programma prevede sette incontri, dal 7 novembre 2014 al 7 maggio 2015, con altrettanti interlocutori che racconteranno le loro esperienze, risponderanno alle domande del pubblico, stimoleranno qualche riflessione e soddisferanno qualche curiosità.

Il programma

Marco Guerra e Fabio Bartolomei

Marco Guerra e Fabio Bartolomei

Venerdì 7 novembre – Un libro si vende – La parola al libraioMarco Guerra
Marco Guerra è il libraio di Pagina 348, libreria indipendente a gestione famigliare attiva dal 1992 nel quartiere Eur-Ferratella, a sud di Roma. Pagina 348 è tra le librerie di INDILIBRAI, la nostra rubrica dedicata alle librerie indipendenti romane e non solo.

Leonardo Luccone

Leonardo Luccone

Giovedì 11 dicembreUn libro si pubblica – La parola all’artigiano dell’editoriaLeonardo Luccone.
Leonardo Luccone si definisce un artigiano dell’editoria. Ha fondato Oblique insieme a Elvira Grassi e Giuliano Boraso e la rivista «Watt • Senza alternativa» con Maurizio Ceccato di Ifix. È traduttore, editor, agente letterario. È stato responsabile delle collane Greenwich e Gog della casa editrice Nutrimenti e direttore editoriale della casa editrice 66thand2nd. Ha rappresentato autori come Paolo Piccirillo, Emanuele Tonon, Raffaele Riba.

Giovedì 15 gennaio 2015Un libro si progetta – La parola alle ideeMaurizio Ceccato
Art director e graphic designer, Maurizio Ceccato ha fondato lo studio di progettazione grafica Ifix. Come editore pubblica e cura il libro/rivista «Watt • Senza alternativa» in collaborazione con Oblique. Nel 2012 con Lina Monaco apre il bookshop Scripta Manent. Collabora come illustratore per «Il Fatto Quotidiano» e, in veste di art director, ha curato case editrici quali Fazi, Hacca, Del Vecchio, Gaffi e Playground. «B comics • Fucilate a strisce» è il nuovo volume curato da Ifix dedicato al fumetto italiano.

WATT

Davide Orecchio

Davide Orecchio

Venerdì 6 febbraio 2015 – Un libro si scrive – La parola all’autore – Davide Orecchio
Nato a Roma nel 1969, ha esordito nel 2012 con Città distrutte. Sei biografie infedeli (Gaffi) con cui ha vinto il premio Mondello e SuperMondello, il premio Volponi. Storico di formazione e giornalista professionista, ho pubblicato racconti, testi, articoli e saggi sul blog letterario «Nazione Indiana» «Nuovi Argomenti», «Watt», «pagina99», «il manifesto», «The American Reader». A febbraio è uscito per Il Saggiatore il suo nuovo romanzo Stati di grazia. Il suo blog.

Massimiliano Borelli

Massimiliano Borelli

Venerdì 6 marzo 2015 – Un libro si pubblica – La parola all’editor – Massimiliano Borelli ANNULLATO
Redattore e editor, in particolare con L’Orma editore e West Egg, Massimiliano Borelli ha un dottorato, una copia del Giovane Holden con il disegno di Ben Shahn in copertina, la prima edizione dell’Oblò di Adriano Spatola, delle biglie. Ha pubblicato un libro sulle Prose dal dissesto degli anni Sessanta e uno su Manganelli. Lo abbiamo ospitato nella nostra rubrica Il comodino dei Serpenti.

Giovedì 9 aprile 2015 – Un libro si pubblica e si traduce – La parola all’editore – Ponte33.
Felicetta Ferraro e Bianca Maria Filippini hanno fondato Ponte33 nel Ponte33_logo2009, una realtà editoriale piccola e coraggiosa, impegnata a diffondere la letteratura persiana contemporanea prodotta in Iran, Afghanistan e Tagikistan in Italia e all’estero, principalmente Stati Uniti e Europa. L’intento è quello di presentare «una produzione culturale autentica, molto diversa dagli stereotipi infarciti di chador e di veli che ormai hanno invaso il mercato editoriale».

 

Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo

Giovedì 7 maggio 2015Un libro si scrive  – Paolo Di Paolo
Nell’incontro finale lo scrittore Paolo Di Paolo, classe 1983, finalista allo Strega 2013 con il suo Mandami tanta vita (Feltrinelli), ha esordito nel 2004 con i racconti Nuovi cieli, nuove carte (Empirìa). Nel 2008 ha pubblicato per Giulio Perrone Raccontami la notte in cui sono nato e nel 2011 Dove eravate tutti per Feltrinelli. Nel 2014 è uscito il suo primo libro per bambini La mucca volante, per Bompiani. 

Tutti gli incontri si terranno in Via Caffaro, 10 (Garbatella) alle 21.

L’ingresso è libero!

FUORI CAMPO – Disegnare è il modo migliore di parlare con il mondo. Intervista a Riccardo Fabiani

FUORI CAMPO – Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

di Emanuela D’Alessio

Diari di viaggio, appunti, disegni. Pochi tratti o minuziosi dettagli, testimonianze reali di suggestioni e incontri. Una tradizione antica, fatta di mappe, notazioni ed illuminazioni. Da Marco Polo a Chatwin. Questo è Road Trippin, il progetto che Riccardo Fabiani ha deciso di autoprodurre lanciando una campagna di  crowfunding.

Riccardo Fabiani è nato a Motta di Livenza (Treviso) nel 1979. È laureato in Arti Visive. In quarta elementare ha scoperto che disegnare è il modo migliore di parlare con il mondo. Da allora non si è più fermato. Incontra l’arte contemporanea in varie burrascose relazioni, concluse con litigi e promesse di eterna vendetta. Illustra la sua visione ironica dell’umanità allineandola con quella tragica dell’editoria. Intende continuare così, fino a che fama, o morte, non sopraggiunga.

Chi è Riccardo Fabiani? Da dove viene e dove vuole andare?
Sono un disegnatore. Quando guardo le cose che mi circondano mi chiedo come sarebbe tratteggiarle su di un foglio. A volte mi definisco un artista senza essere del tutto sicuro dei requisiti richiesti per dirsi tale. Provengo dal reame della pittura che ho amato, trascurato e riscoperto. Voglio arrivare alla gente, parlare per immagini a più persone possibili, per instillare il dubbio e appannare gli specchi delle certezze. Voglio che il mondo abbia paura dell’arte e che si ricordi di non poterne fare a meno.

Road Trippin – Clock Ticking

Quando e come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinato al mondo dell’illustrazione?
Ho cominciato a disegnare davvero in quarta elementare. La maestra aveva spiegato la storia della battaglia di Maratona e ci aveva affidato il compito di illustrare la drammatica corsa di Filippide. Il disegno del mio soldato venne diverso da come mi aspettavo; più realistico, più accurato. La maestra mi accusò di non averlo eseguito da solo. Seppi allora che disegnare sarebbe stato il mio modo di comunicare con il mondo. Mi sono avvicinato all’illustrazione considerandola una sorella minore dell’arte pittorica classica, ma ho imparato presto a riconoscerne la totale indipendenza e le leggi interne, precise e spietate. Cercando di diventare fumettista, ho compreso che prediligevo le splash page, le immagini singole e ricche, alla narrazione progressiva per vignette.

La tua ultima pubblicazione è stata su WATT 3.14, la rivista di Oblique e Ifix studio, dove hai illustrato il racconto di Davide Orecchio Contro nessuno. Puoi spiegarci come è nato il progetto?
Perseveranza. Ho scoperto il progetto WATT tramite il blog di Oblique, prima dell’uscita del numero 0. Ho inviato più volte i miei lavori per le scouting nights (il loro originale sistema di reclutamento talenti). Ma alcune cose non erano ancora delineate nel mio approccio, e questo rendeva meno incisiva la mia opera. Nel 2012 ho eseguito una serie di chine acquarellate per il libro Inchiostri di Andrea Biscaro, edito da Lieto Colle. Quelle tavole avevano la lucidità che prima d’allora latitava. Ero finalmente riuscito a centrare il bersaglio; Maurizio Ceccato e Leonardo Luccone mi contattarono per illustrare il racconto di Davide Orecchio.

WATT – Il banchetto del rondone – Narrazione di Davide Orecchio “Contro nessuno”

Che cosa ne pensi di questa commistione parola-immagine così sperimentata in WATT, della tendenza a mescolare e confondere differenti forme di narrazione?
Reputo WATT una delle più riuscite forme sperimentali dell’editoria italiana. La cifra vincente sta nella sua motilità; ogni agente coinvolto è chiamato a rimettersi in discussione, a confrontarsi con segni alieni e parole inattese. Persino i registi dell’operazione devono scendere in campo per creare nuove e impreviste alchimie.

Da dove viene l’ispirazione per i tuoi “segni”?
Devo molto ai libri, alle storie, alle leggende. Sono un cannibale visivo, mi nutro di ogni cosa che vedo e leggo. Ritaglio notizie bizzarre, conservo immagini grottesche, foto sbagliate. Guardo molto alla storia dell’arte, cerco di coltivare lo straniante. Contrasto la mia tendenza al narcisismo con l’utilizzo di strumenti inadeguati, cercando di trarne il massimo vantaggio. Disegno e dipingo per difendermi, per attaccare, per conquistare nuovi brani di realtà, come faceva Alberto Giacometti.

Inchiostri – Osceni innominabili concetti

Quali sono metodo e tecnica del tuo lavoro e come affronti un nuovo progetto?
Cerco di usare pochi strumenti e la mia palette è ridotta all’essenziale. Uso una matita da carpentiere della Rexel Derwent, che ha un segno nero, spesso e aggressivo. Dei pastelli a olio, soprattutto bianchi e ocra. Vedendomi lavorare si potrebbe pensare che io abbia delle propensioni masochistiche: completo il disegno preparatorio, mi perdo nei dettagli. Poi scelgo il punto più delicato, più riuscito, e mi ci accanisco, lo travolgo, lo copro di velature, lo raschio, ci disegno nuovamente sopra. Tratto male i miei lavori, cerco di conservare l’approccio del monaco che lavora a un mandala di sabbia: voglio che i miei disegni abbiano le mie stesse cicatrici. Se devo lavorare su commissione scelgo la tecnica più vicina allo spirito della richiesta, e mi chiedo sempre se posso deformarla o spingerla oltre i suoi limiti naturali. In generale prediligo medium che non mi lasciano possibilità di ripensamenti (china, inchiostri, pirografia).

A proposito di nuovi progetti, che cos’è Road Trippin e perché la decisione di autoprodursi?
Road Trippin è un punto a capo. Si tratta di una stratificazione di ricordi ed esperienze di viaggio raccolte durante dieci anni. In ogni viaggio ho portato dei taccuini che ho riempito di schizzi, pensieri e disegni. Guardando indietro ora ho sentito l’esigenza di raccoglierli e dare loro una forma definita, così ho deciso di trarne una pubblicazione. Ho deciso di tentare la strada dell’autoproduzione perché voglio che il libro conservi in massima parte la spontaneità e la freschezza dei carnet da cui sarà tratto; voglio essere libero di inserire ciò che desidero e poter fare cose normalmente sconsigliate in editoria. Nella produzione finale ci saranno cartoline non rilegate, segnalibri, ritagli. Non volevo rischiare che queste scelte venissero compromesse o ridimensionate da un editor.

Come sta andando la campagna di crowfunding?
A rilento. Ho ricevuto molte attestazioni di stima e un gran numero di condivisioni, ma la verità è che i donatori più generosi sono esteri per il momento. Rimangono circa due settimane al termine della campagna e sto intensificando gli sforzi. Ci sono perks (ricompense) a partire da 10 euro; tutti pezzi realizzati a mano, con tirature limitate. Segnalibri, disegni, copie del libro ultimato e persino dipinti ad olio per le donazioni più generose.

L’Ankou – Vendetta

Un altro tuo progetto si intitola L’Ankou, lo spettro di Tristan Corbière. Di che cosa si tratta?
Un incontro fortunato. Un vecchio libro abbandonato che un giorno ha attratto la mia attenzione. Tristan Corbière è un poeta misconosciuto scoperto postumo da Verlaine. Un eccentrico outsider verso il quale ho provato istantanea empatia. Tristan incarna l’epitome della poesia, con una nitidezza dolorosa. Nelle sue righe, pare di vedere l’andatura dinoccolata di quel giovane che sognava il mare, che si lasciava lambire dalla bruma del mondo, desideroso di immergervisi, ma rimaneva condannato alla battigia. Le sue poesie vibrano stoccate e io mi sono lasciato ferire; ho creato una serie di illustrazioni che cercano vanamente di restituire il bagliore che imperversa nella sue rime. Il progetto si è concretizzato in un blog.
Con cadenza settimanale mi confronto con una delle poesie di Corbière, scrivo un mio breve componimento, e ripropongo il suo testo con in calce la mia immagine. Ormai è quasi come incontrare un amico al bar.

Qui hai sperimentato la commistione tra segni e poesia. In che cosa differisce, se c’è una differenza, dal più consueto rapporto con un testo narrativo?
Disegnare ispirati da una poesia ti lascia una certa libertà, soprattutto se si cerca di non essere didascalici. Un testo narrativo ha poche vie di fuga, è come una casa in mattoni, solida e stabile. L’illustratore può trovare le crepe, o limitarsi a decorare la facciata. La poesia è come una vecchia casa in legno, piena di aperture, spifferi, possibilità. Ti chiede di essere completata, compresa e abitata. E il risultato è in grado di smascherarti immediatamente; con i versi non si può bluffare.

Nei giorni scorsi da Scripta Manent è stata presentata ISOLA, una collana di poesie e disegni. Una nuova esperienza, hanno spiegato, dove sono prevalsi i suoni sulle parole. Che cosa ne pensi?
Mi sembra importante rivendicare la libertà dei mezzi espressivi; la fascinazione sonora è più immediata, anche se per l’uomo adulto risulta difficile prescindere dai significati riconoscibili delle parole. Quando questo accade, si sperimenta un potente paradosso; l’ingenuità di un bambino che scopre per la prima volta il mondo, unita alla malizia dell’uomo che quel mondo ha già depredato. Disegnare seguendo il suono è stata una buona idea, e ha prodotto opere davvero interessanti (penso alla coppia D’Agostino/Setola).

Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Molti. Nelle arti visive Egon Schiele per il segno inesorabile e la spietata analisi dei corpi, Francis Bacon per aver restituito la carne alla pittura, Joseph Beuys per il suo approccio alla vita.Dall’illustrazione Mike Mignola con la sua drammatica sintesi, J. S. Alexander, Kent Williams.Il cinema, con David Fincher, i fratelli Cohen.Dalla letteratura, Robert Pirsig, Joe Landsdale, Douglas Adams, Philip Dick, Charles Bukowski.

C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
Trovo interessante la minimum fax, mi piace il loro modo asciutto di presentare le opere. Hacca edizioni sta facendo dei piccoli capolavori.

Il mercato dell’illustrazione parla italiano? Quali sono oggi le opportunità per chi si dedica all’illustrazione?
L’illustrazione editoriale non sta attraversando un buon momento; sono sempre di più le case editrici che preferiscono affidarsi ai siti di fotografie stock, per risparmiare e abbreviare i tempi. Le cover di molti libri sono prevedibili e innocue. Ci sono poche illuminate eccezioni, ma nella maggior parte dei casi l’illustrazione è relegata al settore graphic novel, non riesce a coabitare nella narrativa regolare, soprattutto quella massificata. La via più battuta per chi si vota all’illustrazione è quella delle riviste e dei quotidiani. I lavori che si collocano al limite tra infografica e opera sono ancora spendibili. Assistiamo però alla stessa proliferazione che affligge il mondo della scrittura: tutti si improvvisano scrittori e quasi nessuno legge. Accade lo stesso per il disegno: molti si lanciano senza paracadute dal picco delle immagini, armati soltanto di Photoshop. Ma ci sono altre cose da scoprire, prima di saltare.

Infine, una domanda “fuori tema”: che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
Tengo sempre almeno tre libri sul comodino; quello in fondo potrebbe avermi deluso, ne ho sospeso la lettura ma potrei decidere di riprenderlo, quello in mezzo è una sorta di bibbia da consultare aprendola a caso e quello che sta in cima è la lettura che devo completare. Attualmente il libro in fondo è Quando la notte obbliga di Montero Glez, Salani. La bibbia nel mezzo, Azzeccare i cavalli vincenti di Charles Bukowski, Feltrinelli. In cima,L’età del fil di ferro e dello spago di Ben Marcus, Alet.

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