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WATT 3,14 in anteprima al Salone del Libro di Torino

Domani 16 maggio prenderà il via il 26esimo Salone Internazionale del Libro di  Torino.

Molti i motivi per non perdere l’occasione di visitarlo e tra questi anche la presentazione del nuovo numero di WATT, la rivista-libro ideata da Leonardo Luccone e Maurizio Ceccato nel 2011.

WATT 3,14 è il terzo volume della serie (leggete i nostri speciali WATTo e WATT 0,5). 132 pagine  e un poster 30×30(interne), copertina a due colori: nero e oro.

La citazione di Protagora ci riporta all’antica Grecia, sarà per questo che si chiama 3,14. Pi grèco: Numero (simbolo π) reale, irrazionale e trascendente, che esprime il rapporto tra la lunghezza di una qualunque circonferenza e il suo diametro (π=3,1415926535…). Sarà questo il tema che ha ispirato i 13 racconti inediti del nuovo WATT?

La riservatezza è massima!

Abbiamo potuto leggere in anteprima soltanto l’indice che elenca, tra gli autori, Davide Orecchio con il racconto Contro nessuno, illustrazioni di Riccardo Fabiani. Su Via dei Serpenti la recensione di Città distrutte (Gaffi, 2012) e l’intervista.
Francesco Targhetta con il racconto E poi è una danza sghemba, illustrazioni di Enrico D’Elia. Nella nostra rubrica Effetto Domino la recensione di E perciò veniamo bene nelle fotografie (Isbn, 2012).
Francesca Morelli con il racconto Prima c’erano gli ulivi, illustrazioni di Ilaria Demonti. La Morelli ha vinto l’edizione 2012 del concorso letterario 8×8 con il racconto Il vestito buono. Qui la nostra intervista.
Pier Franco Brandimarte con il racconto L’interno della Mercedes, illustrazioni di Signora K. Anche Brandimarte ha partecipato all’edizione 2012 di 8×8 arrivando in finale con il racconto Ristoranti all’Aquila. Qui la nostra recensione.

Tra gli illustratori segnaliamo in particolare Daniela Tieni, una delle protagoniste della nostra rubrica Fuori campo dedicata all’illustrazione e al fumetto. Qui l’intervista. Le sue illustrazioni commentano il racconto Il custode dei ricordi di Silvia Montemurro.

Per il resto dobbiamo attendere!

I racconti WATT 0,5: Intervista a Simona Dolce e Cristiano Baricelli

Intervista a Simona Dolce

Mentre scriveva il racconto ha pensato anche alle immagini che lo avrebbero potuto meglio rappresentare? Coincidono o si avvicinano a quelle effettivamente create dall’illustratore?
In effetti mentre scrivevo avevo in mente una certa ambientazione del racconto che poi ho un po’ modificato in fase di riscrittura, pur mantenendone alcuni tratti. Una volta consegnato il testo ho cercato di dimenticare i luoghi e volti dei personaggi così come li avevo immaginati io per lasciare alle illustrazioni il giusto spazio per sorprendermi. Le immagini create da Baricelli mi piacciono molto, ma oltre al mio gusto personale trovo che sia riuscito a individuare proprio l’atmosfera del racconto e che in più abbia saputo per così dire, asciugarla dal resto, renderla protagonista.

Nel racconto viene riportato il pensiero di due dei tre personaggi che compongono la famiglia protagonista: quello di Vincenzo e quello della figlia Maria. Quale è stato il pensiero di Caterina, moglie di Vincenzo e madre di Maria, sabato sera prima di addormentarsi?
Caterina vive in una specie di assuefazione alla vita e ai ruoli, ma nonostante questo per me è anche portatrice di un senso sacrale dei rapporti, di un equilibrio arcaico tra i componenti della famiglia, e naturalmente ne è del tutto inconsapevole perché si tratta della sua piena femminilità, del suo istinto, quello è il suo stesso modo di stare al mondo. Credo che abbia pensato con un po’ di amara rassegnazione, con pacificata serenità e persino con un po’ di gratitudine che alla fine le cose si possono ricomporre sempre.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con la scrittura?
Sto scrivendo un racconto al quale tengo molto, e naturalmente il mio secondo romanzo che, nonostante alcuni ostacoli e deviazioni personali, riesce sempre a esserci e dirmi cosa importa davvero.

Intervista a Cristiano Baricelli

Dove e come nascono le sue illustrazioni? È più facile o difficile commentare con le immagini un testo già scritto?
Non ho avuto difficoltà a descrivere con le immagini il testo di Simona Dolce, il testo scorre molto bene, lo trovo molto attuale. Ho voluto restituire con le immagini la malinconia, il grigiore, la solitudine, e la grande forza di una famiglia che cerca di sopravvivere in una città come tante altre.

Ha avuto modo di confrontarsi con lo scrittore?
Con Simona Dolce ci siamo sentiti via email subito dopo l’uscita di WATT, ci siamo complimentati a vicenda.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con l’illustrazione?
Per ora non ho ancora nessun lavoro pronto riguardo all’illustrazione, ma da settembre in poi avrò parecchi progetti in corso.

Qui la recensione di Ottantuno anni dall’America

I racconti WATT 0,5: Ottantuno anni dall’America – Simona Dolce

Ottantuno anni dall’America
Racconto di Simona Dolce
Illustrato da Cristiano Baricelli

Recensione di Rossella Gaudenzi

Non mancano elementi significativi di degrado nel racconto Ottantuno anni dall’America. Vincenzo, Caterina e Maria si muovono con rabbia in un mondo desolante intriso di povertà, disagio sociale, soprusi; arrancano in un casermone di periferia del sud Italia infestato di sporcizia: «Il cortile è un tappeto di mozziconi, qualche siringa tra i cespugli bruciacchiati dall’afa, che poi saranno bruciacchiati dal gelo, schiacciati dalle suole, devastate dai cani».
Vincenzo ha quarantatre anni, fa il muratore sottopagato per una ditta che poco tiene in conto i diritti del lavoratore, è sposato da oltre quindici anni con Caterina e ha una coscienziosa figlia di sei anni, Maria. Vincenzo vive una vita insonne, non riesce a far quadrare i conti, non riesce neppure a portare al mare moglie e figlia per un misero weekend: l’affitto, le bollette che paga spesso con la mora, il pensiero di acquistare i libri di scuola per Maria hanno il sopravvento; solo prendersi cura delle piantine striminzite del cortile gli dà, talvolta, una piccola dose di sollievo.
Un pensiero ossessivo tallona Vincenzo: gli ottantuno anni che lo separano dall’America, quegli anni in cui la sua famiglia ha fatto una migrazione inversa, da Capua a Brooklyn e ritorno che non gli hanno permesso di essere un americano di seconda generazione. «Si sente colpevole. I suoi nonni si sono mangiati l’oceano per due volte, andata e ritorno, e lui non riesce neppure a portare la famiglia al mare».
Il tredici agosto in famiglia si fa un amaro bilancio sull’impossibilità di trascorrere una giornata al mare e Vincenzo viene chiamato a rapporto per lavorare l’indomani, domenica quattordici agosto. Il pover’uomo si sveglia all’alba di una mattina dal cielo «agonizzante e sudicio già così presto» per andare a smontare un ponteggio all’interno di un serbatoio di un’industria farmaceutica. Un’oretta, al massimo due di lavoro domenicale per cinquanta euro di compenso sull’unghia. Le cose non vanno però per il verso giusto – un motivo per disturbare tre operai di domenica, alla vigilia di Ferragosto, deve pur esserci –. La bocca del serbatoio infesta quell’antro di inodore e velenoso azoto. Tragico è l’epilogo.
Frasi brevi, aggettivi e verbi efficaci scelti con sapienza; è così che Simona Dolce costruisce un prezioso racconto diretto, asciutto e secco almeno quanto gli occhi di Caterina che non hanno più una sola lacrima da versare. A ricordarci che alcune storie raccapriccianti sono ancora, che ci piaccia o no, storie di questo Paese e di questo secolo.

Simona Dolce è nata a Palermo nel 1984. Vive e lavora a Roma. Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo Madonne nere  (Nutrimenti). Collabora con la rivista «Nuovi Argomenti» e sta scrivendo il suo secondo romanzo.

Cristiano Baricelli è nato a Genova nel 1977. Dopo gli esordi con la galleria genovese San Bernardo, ha partecipato a varie mostre collettive e personali. Nel 2008 alcune sue opere sono state riunite nel volume Corpus homini.Attualmente lavora con la galleria Miomao di Perugia.
Il suo sito  www.cristianobaricelli.it

Qui le interviste.
Qui  gli articoli dello speciale WATT 0,5

I racconti WATT 0,5: Intervista a Paolo Grassi e Nicola Alessandrini

Intervista a Paolo Grassi

Che cosa significa per un autore costruire una storia partendo da immagini? Le era capitato prima d’ora? È stata un’esperienza stimolante o penalizzante per la sua creatività?
Difficile stabilirlo, ogni progetto ha peculiarità proprie, così che il punto non sono tanto le immagini, come tali, quanto ciò che il progetto richiede. Per il numero 0,5 di Watt ho ricevuto cinque tavole di Nicola Alessandrini, assieme al compito di individuarne possibili elementi narrativi comuni e, da questi, dipanare una storia. Occorreva quindi aderenza, contiguità con i soggetti illustrati. Le immagini hanno quindi delineato qualche perimetro, fissato un primo contesto teorico di riferimento. Ma rispetto alla mera assegnazione di un tema, le illustrazioni già raccontavano moltissimo, godevano di un’autonomia che la parola non avrebbe dovuto appiattire o violare, senza a sua volta piegarsi alla pura didascalia. La sfida è stata quella di mettere in accordo le voci e farle dialogare. Mi è capitato spesso di partire dagli schizzi di illustratori o grafici, per collaborazioni di vario genere o per semplice improvvisazione. Con Watt, però, è stata la prima volta in cui non ho partecipato attivamente con l’autore delle immagini. In generale ho un ottimo ricordo dell’esperienza, che certamente ha stimolato, più che penalizzato, la vena creativa. Senza le immagini di Nicola, dopo tutto, non avrei mai dato vita al racconto.

Ha avuto modo di confrontarsi con l’illustratore, prima o durante la scrittura?
Ci siamo presentati solo di recente, via internet, e a volume pubblicato. Non abbiamo escluso la possibilità di collaborare ancora, magari dialogando un po’ stavolta.

Il suo racconto scuote, inquieta e sbigottisce. Un viaggio profondo nel grottesco e nel surreale dove non c’è spazio per la ragionevolezza e la comprensione. Ma una domanda resta in sospeso: che cosa è accaduto? Che cosa hanno bevuto o mangiato gli invitati al matrimonio dagli esiti così imprevisti e inquietanti?
Una banale intossicazione alimentare da gamberetti avariati, nei casi peggiori sfociata in episodi lisergici. È la rovina tragicomica di un matrimonio colossale, ma soprattutto l’occasione di scoprire, attraverso caos e delirio, le autentiche indoli dei protagonisti, ben poco surreali e anzi molto plausibili, in tal senso rivelatesi davvero inquietanti e grottesche.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con la scrittura?
Ho un romanzo breve in valutazione e uno più esteso in cantiere. Entrambi mi tengono sveglio la notte.

Intervista a Nicola Alessandrini

Dove e come nascono le sue illustrazioni? È più facile o difficile commentare con le immagini un testo già scritto?
Molto difficile rispondere a questa domanda. Fisicamente le mie illustrazioni nascono di nascosto nelle pause che mi conquisto nell’ufficio dove lavoro, sotto fogli a3 bianchi, nell’irriducibile lotta e convinzione che, per quanto non mi permetta di viverci, il lavoro di illustratore e più in generale di artista, non possa essere relegato agli spazi fisici e mentali dedicati agli hobbies. Concettualmente i miei disegni nascono da una naturale attitudine di pensare per immagini, dallo scontro e incontro di rabbie figurate, di desideri di matita, di dolori rubati alla realtà che vivo e osservo. Credo che commentare un testo già scritto sia molto stimolante. In realtà amo moltissimo ogni rapporto dialogico fra pensieri, le infinite possibilità che si possono creare mettendo a confronto universi creativi differenti. Le volte che mi sono trovato a lavorare su testi altrui l’approccio che ho cercato di avere è stato quello di tentare di utilizzare le immagini quasi fossero parole, non un commento al testo.

Ha avuto modo di confrontarsi con lo scrittore?
Nel caso del lavoro di Watt è accaduto il contrario di quanto accade solitamente, ovvero mi è stato chiesto di creare delle immagini su cui poi lo scrittore avrebbe realizzato il testo.

Ho avuto modo di leggere il lavoro di Paolo Grassi solo dopo la pubblicazione di Watt e l’ho trovato magnifico. Il primo desiderio che ho avuto, e che ho purtroppo dovuto reprimere per questioni di tempo, è stato quello di rimettere mano ai disegni per trasferire con ancor più veemenza quel senso di surreale, grottesca, brulicante umana bestialità del suo racconto.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con l’illustrazione?
Ho vari progetti personali in corso tutti ancora in fase embrionale. Sto ultimando un lavoro per il bellissimo progetto di Sara Trofa “semidisegnitelodico” (
http://semidisegnitelodico.com/), ho una mostra alla Distinction Gallery di Escondido, in California a settembre e a ottobre un’altra esposizione a Salerno, presso la galleria Studio 21.

Qui la recensione di Il matrimonio

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I racconti WATT 0,5: Il matrimonio – Paolo Grassi

Il matrimonio
Racconto di Paolo Grassi
Scritto su illustrazioni di Nicola Alessandrini

Recensione di Emanuela D’Alessio

Non è un matrimonio come gli altri né facile da dimenticare quello che Paolo Grassi ci racconta con strabiliante immaginazione. Mescolando senza esitazione fantasia e realtà, l’autore abbandona rapidamente la dimensione del comprensibile per precipitare arditamente in una metafora, grottesca e surreale, dell’uomo e della sua variegata insensatezza.
Con trecento invitati, cinquantanove camerieri, cinque maître, tre furgoni di decorazioni floreali, la limousine bianca degli sposi, la villa con piscina, la fontana settecentesca al centro del giardino, vasi di limone e viottoli di ghiaia, rubinetti dorati e putti affrescati, l’assessore e il generale, il prete e l’architetto, il matrimonio sarebbe stato di quelli esagerati, fastosi e pomposi.
Il condizionale è d’obbligo perché la narrazione non riguarda lo svolgimento della festa ma la sua fine anticipata, brutalmente imposta da un evento imprevisto quanto banale (un cocktail di gamberetti avariato). Le conseguenze sono eclatanti.
Dopo una violenta grandinata «le ultime gocce crepitano sulle fiaccole di citronella e nell’aria resistono ancora tracce di quella febbre euforica che appartiene a ogni matrimonio», tutto il resto è delirio e panico, «un esodo di trecento abiti impeccabili verso i bagni, poi dietro le siepi, poi dove capitava», «una casba di scarpe spaiate, giacche, accessori abbandonati a terra in un fiume di vomito appena rappreso».
Grassi si barcamena con disinvoltura tra personaggi solo abbozzati, dialoghi sconclusionati, in una parossistica descrizione dell’impossibile, come la stravagante metamorfosi dei protagonisti. Sorprendiamo lo sposo a «grufolare» insieme agli altri, «siamo bestie impazienti e circospette, vogliamo solo sfamarci, riempire il vuoto insopportabile»; la sposa guaisce, fiuta i genitori, gli gira attorno e «fugge via per ributtarsi nella fontana come un cagnolino goffo»; il padre dello sposo, il Commendatore, è appollaiato e gaudente sulla fontana, «gracchia con tutti» tranne che con i genitori della sposa.
L’autore, abbandonando i canoni tradizionali della narrazione, offre una nuova e agghiacciante interpretazione dell’indole umana.  

Paolo Grassi è nato a Firenze nel 1979. Fa il libraio e sta cercando la voce per il suo primo romanzo.

Nicola Alessandrini vive e lavora nella provincia di Macerata. Si è diplomato nel 2002 presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata., è da anni attivo nell’underground nazionale e internazionale. Alterna schizofrenicamente il lavoro di illustratore e graphic designer per i marchi Fornarina e Combo, a una più sincera ricerca sulle fratture del vivere sociale. http://nicolaalessandrini.wordpress.com/

Qui le interviste
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