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Bookish, una libreria che dà dipendenza. Intervista a Giorgia Sallusti

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

di Emanuela D’Alessio

Bookish
Via Valle Corteno 50/52 – 00141 Roma
tel. 06 817 0874

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www.bookishlibreria.com

Giorgia Sallusti

Giorgia Sallusti ha cambiato di recente in Bookish il nome della sua libreria aperta nel 2015, per testimoniare la trasformazione che libraia e libreria hanno conosciuto in questi anni. Bookish, più pop e breve del precedente Il giardino del mago, descrive una persona ossessionata dai libri e dalla lettura.
Oggi Giorgia, sempre di corsa e curiosa, lettrice critica e attenta con una predilezione per la letteratura giapponese e cinese del Novecento e un occhio sempre aperto sulla letteratura fantasy, si sente «l’antidoto all’algoritmo», è convinta che il libro debba essere l’intrattenimento per eccellenza, ha costruito un luogo di incontro e di discussione sulla letteratura e alla fine anche sulla vita, un crocevia culturale, una sorta di Via della Seta intellettuale.
«Noi librai – avverte – siamo koala in estinzione funzionale: lottiamo col sangue ma ci stanno bruciando l’habitat».
Intanto noi le abbiamo rivolto qualche domanda!

Quali sono gli elementi indispensabili per tracciare un profilo realistico di Giorgia Sallusti?
Una libraia sempre di corsa, credo. Affannata alla ricerca di titoli, curiosa, con quattro o cinque libri in lettura, qualche recensione da consegnare a corollario del lavoro in libreria. Ma sono anche, a dispetto della quantità, una lettrice molto critica e attenta, con una predilezione per il black humour e la letteratura giapponese e cinese del Novecento.

Essere scrittore non ha nulla a che fare con la pubblicazione, l’editoria, il riconoscimento del pubblico – spiegava Paolo Zardi rispondendo proprio a una tua domanda – ma significa avere la costante necessità di organizzare il mondo attraverso la narrazione. Quindi, concludeva, «io faccio l’ingegnere ma sono uno scrittore». Per un libraio temo che le cose vadano in un altro modo. Per un libraio non penso sia irrilevante il riconoscimento dei lettori. Per un libraio non c’è la possibilità di fare un altro mestiere “nel frattempo”.  Quindi la domanda è: per quale motivo hai deciso di fare la libraia?
Credo che per una libraia non esista proprio il «frattempo»: è una missione da ventiquattro ore al giorno. Ho deciso di fare la libraia – anzi, di essere una libraia – perché così sono riuscita a improntare la vita attorno all’oggetto che amo di più, che è il libro. È frustrante, non soddisfacente dal punto di vista prettamente economico; anzi, se consideriamo la libreria come azienda possiamo vedere chiaramente che è un’operazione fallimentare già alla partenza. Eppure, la libreria è un’impresa culturale dove lo scopo non è l’arricchimento monetario, anche se mi fa piacere chiudere la saracinesca coi conti in ordine.
Il mio obiettivo è la promozione e la diffusione dei libri belli e del concetto che il libro vada tolto dalle teche polverose dove è stato rinchiuso negli ultimi decenni, e torni a essere invece anche l’intrattenimento per eccellenza: make books great again, per citare qualcuno più arancione di me.
Ecco, come libraia mi piace che il luogo che ho costruito sia un punto di incontro e discussione, sulla letteratura e alla fine anche sulla vita: Umberto Eco diceva che la lettura è un’immortalità all’indietro.

La libreria ha cambiato nome recentemente, da Il giardino del mago a Bookish, espressione inglese per descrivere una persona ossessionata dai libri e dalla lettura.  Quindi i libri creano dipendenza? Comunque, qual è stata l’evoluzione da un nome all’altro?
Il giardino del mago è il nome che avevo scelto quando ho deciso di avviare questa attività nel 2015. Sono cambiate molte cose: mi sono trasformata io come libraia, ho acquisito nuove competenze e anche un gusto diverso, migliore direi, e quindi di riflesso è mutata la libreria. Quel vecchio nome è il titolo di una canzone del Banco del Mutuo Soccorso che non mi stancherà mai, ma ho sentito il bisogno di trasmettere il cambiamento anche al nome e al logo, le parti più visibili della libreria: sono passata a Bookish, più breve, più pop e, evidentemente, più inglese. Molte persone me ne hanno chiesto il motivo, qualcuna tacciandomi di una malsana anglofilia, come se la sovranità linguistica fosse un bene da conservare con le unghie e coi denti. Il mago richiamava anche la vocazione iniziale per la letteratura fantasy, che è rimasta ma non è più così esclusiva.
Non bisogna nemmeno tralasciare il fatto che «bookish» mi piace di più e penso che il significato si addica con precisione a me stessa, alla mia vita, e spero in futuro anche al modo in cui parlo e scrivo. Non è forse Scout Finch, uno dei miei personaggi preferiti, che dice «fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?». Quindi rispondo anche alla prima domanda: secondo me i libri creano dipendenza. Il piacere della lettura è molto seducente, è bello farsi irretire.

Le librerie indipendenti sono incalzate e superate dalle piattaforme online, molte stanno chiudendo o hanno già chiuso, si parla di estinzione del libraio (prima ancora che del libro e di tante altre categorie dell’umanità). Che cosa dovrebbero fare i librai per non estinguersi, che cosa dovrebbe diventare una libreria per non chiudere?
A che serve la libraia? Ci sono libri che avete letto; libri che conoscete e sapete di non aver letto. Ma ci sono moltissimi libri che non sapete di non aver letto: sono al di là della vostra conoscenza, e quindi del vostro desiderio. Capiamoci: ormai si acquista tutto su internet. Internet è meraviglioso. Cerchi quello di cui hai bisogno, quello che vuoi, e internet te lo dà. Soddisfa i tuoi desideri di acquisto o conoscenza. Ma ottenere ciò che vuoi non è sufficiente: «le cose migliori sono quelle di cui non conoscevi l’esistenza fino al momento in cui non le hai avute», dice Mark Forsyth.
La libraia è l’antidoto all’algoritmo: se le tue ricerche online ti profilano come potenziale cliente, i risultati che otterrai saranno di continuo più simili a questa tendenza, e così la bolla che abiti culturalmente ti si stringerà sempre più attorno. Il mio lavoro, se lo faccio bene, è rompere i confini di questa bolla e allargare il tuo orizzonte di lettore. E spesso questo significa anche espandere i confini della conoscenza nella vita al di fuori della letteratura.
Inoltre la libreria è davvero un luogo di confronto grazie a presentazioni, incontri con autori e case editrici, gruppi di lettura. Insomma, è un crocevia culturale, una specie di «Via della Seta» intellettuale, e per questo è preziosa e insostituibile.
Non nascondo certo le difficoltà, che sono tante. Leggo spesso e con interesse articoli e interviste sulla situazione di libro, librerie, editoria in Italia. Tutti dicono la stessa cosa: è un dramma. Come libraia, penso che la legge sul libro e la regolamentazione degli sconti possa aiutare, e non poco, le librerie indipendenti. Quello che mi addolora e mi spaventa, per il futuro della mia professione e della mia vita da lettrice, è la sofferenza di un mercato che non ha più domanda: in Italia meno del 40% della gente legge almeno un libro all’anno. Inutile sottolineare le percentuali estere (in Norvegia si va oltre il 90%).
Quello che mi preme ribadire è che manca la cultura del libro, come oggetto di intelletto e divertimento, e di piacere anche intenso. Manca la cultura della libreria come luogo di incontro e di idee. Le eventuali leggi sulla protezione delle librerie sono meritevoli ma insufficienti se la risposta istituzionale sul fronte scuola, cultura, lettura si azzera.
Noi librai siamo ora i koala in estinzione funzionale: lottiamo col sangue ma ci stanno bruciando l’habitat.

C’è chi sostiene che un libraio in grado di consigliare un libro non esiste più, perché ormai i librai non leggono e se anche lo fanno non riescono a leggere tutto. Quest’anno, tanto per dare un numero, sono stati pubblicati 75 mila titoli. Quindi come la mettiamo con la figura romantica del libraio che accoglie, ascolta e propone il titolo giusto al momento giusto per chiunque metta piede nella sua libreria?
Mi vedo tutto fuorché romantica. Se penso a me stessa, so di leggere tanto, centinaia di titoli l’anno, ma certo non abbastanza per tenere il passo con quanto si pubblica. Il punto però non è leggere tutto, ma leggere bene. Acquisire gli strumenti per un’analisi critica dei libri, della qualità editoriale e saper quindi indirizzare il lettore su strade più o meno precise. Per gusto e attitudine, per esempio, preferisco le case editrici indipendenti che hanno degli standard molto alti. In linea generale cerco di conoscere tutti gli autori che ho sugli scaffali, e quindi di leggerne almeno un libro, che sia romanzo o saggio o silloge. Coi preferiti mi spingo sempre più avanti, e finisce che leggo tutto, come con Jonathan Lethem o Enchi Fumiko o Mo Yan, ma sono i rischi del mestiere.
Parlando di percentuale di successi, la mia autostima è al massimo: se mi chiedono un consiglio letterario, ci azzecco spesso. Se è per un regalo, ancora meglio. Quindi sono proprio brava – oppure nessuno è mai venuto a reclamare: magari li spavento. Mi piace pensare però che il libro perfetto esista per pochi lettori in ancor meno casi. È molto più facile che si leggano libri buoni, o anche eccellenti, e spesso solo sufficienti: questo è importante da comunicare al lettore, secondo me. Non cerchiamo l’unico libro come Sauron cerca il suo Unico Anello, ma puntiamo a una ricerca qualitativa in mezzo a un buon numero di titoli letti. Si imbroccano molte scelte sensate, così.

Se tu fossi solo una lettrice che cosa vorresti trovare in una libreria?
Vorrei potermi stupire, trovare libri che non pensavo di desiderare. Vorrei trovare spunti interessanti su autori poco conosciuti, e non ultimo, anche edizioni che appaghino il mio senso estetico. Un po’ di serendipity, ma meno romantica e più nella versione degli Slayer.

Che cosa trovano i lettori da Bookish?
Se guardano un po’ oltre la superficie, allora sì che si possono stupire. Trovano letterature sconosciute alle classifiche più hip, l’oriente che si traduce sempre troppo poco o titoli quasi esauriti di vecchi romanzi di fantascienza. Trovano, in ogni caso, buona letteratura. E poi ovviamente una libraia fichissima.

Bookish si trova a Montesacro, tra Via delle Valli e la Nomentana. Qual è il rapporto con il territorio e chi sono i “tuoi” clienti?
Il territorio lo vivo da sempre e lo conosco molto bene; lo sto anche vedendo cambiare di anno in anno e mi fa piacere. Mi piace adattarmi a queste trasformazioni, perché il quartiere diventa eterogeneo e per me è l’opportunità di mettermi alla prova. I miei clienti sono diversi, molti abitano nei dintorni della libreria e li conosco tutti per nome, conosco i loro gusti. Si fanno consigliare e discutiamo spesso con effetto soddisfacente per entrambi.
I più giovani mi passano a trovare anche solo per un saluto dopo la scuola, per portarmi i biscotti o farmi vedere un dente che cade, una pagella, un sasso strano, e poi frugano nello scaffale dedicato a loro. I piccoli lettori sono molto divertenti.
Alcuni degli adulti fanno parte dei miei gruppi di lettura, seguono gli eventi e si fidano delle mie scelte, altri ancora sono diventati amici preziosi. I clienti che entrano e mi chiedono «oggi che mi dai?» fidandosi alla cieca di me sono quelli che danno una soddisfazione incredibile.
Poi ci sono i clienti che vengono da altre zone di Roma perché sanno che da Bookish possono trovare titoli che altrove non ci sono. Questo mi dà un grandissimo piacere neanche fossi Leland Gaunt.

Se ti trovassi nella necessità di dover regalare solo un libro, uno soltanto, quale sceglieresti e perché?
Jonathan Lethem, La fortezza della solitudine, edito da Bompiani: perché ha una prosa eccezionale che racconta la vita in tutte le sue ingiustizie e meschinità, e amori e piccoli successi. È uno dei miei libri preferiti.

Invece quali sono i titoli più venduti in questo periodo natalizio?
Molta narrativa, direi. Coriandoli nel giorno dei morti di B. Traven (Racconti), La ragazza del convenience store di Murata Sayaka (e/o), Guida alle reliquie miracolose d’Italia di Mauro Orletti (Quodlibet) e tra i bestseller della libreria Donne, razza e classe di Angela Davis (Alegre). Per i più piccini, Mappe di Aleksandra Mizielinska e Daniel Mizielinski (Electa) e i romanzi di Roald Dahl (in Italia editi da Salani).

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino in questo momento?
Un sacco di roba: il comodino ha finito per diventare un pezzo di comò, il tavolino da caffè e una sedia. E quindi: L’ordine degli Assassini di Marshall G.S. Hodgson e Storia notturna di Carlo Ginzburg (entrambi Adelphi), Germania di Tacito e Anabasi di Senofonte (entrambi Quodlibet e appena acquistati in fiera a Più libri più liberi). Poi ho Amelia Gray con Viscere (Pidgin) e L’ultimo viaggio di Amundsen di Monica Kristensen (Iperborea). E poi sicuramente sotto e in giro c’è altra roba ma la scoprirò solo leggendo prima quelli in superficie.

La nuova libreria SKRIBI a Conversano

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

di Emanuela D’Alessio

SKRIBI
Via Europa Unita 14/F
70014 Conversano (Bari)
3932518665
info@skribi.it
www.skribi.it

Da pochi giorni c’è una nuova libreria indipendente in Italia. Si chiama Skribi Parole Suoni Cose, si trova a Conversano, vicino Bari, ha aperto i battenti il 12 maggio.
Ne parliamo con la sua fondatrice Elena Manzari.

Elena Manzari

Elena Manzari ha una lunga esperienza di libraia, dalla Puglia a Roma e ritorno, cui si aggiunge quella di editrice. Partiamo da qui per capire come e perché sei tornata in libreria da protagonista con Skribi. Ci sono altri “compagni di viaggio” o sei partita “in solitaria”?
Skribi Parole Suoni Cose è nata dall’esigenza di avere nuovamente uno spazio di condivisione culturale, un posto dove raccogliere tutte le esperienze passate e creare un meraviglioso cerchio attorno al mondo del libro.
Il progetto di Skribi Parole Suoni Cose consta, infatti, di una piccola libreria indipendente con un catalogo essenzialmente composto da editori di qualità che stimo e sostengo nel loro progetto editoriale, di un laboratorio culturale dove si propongono attività tra le più disparate: laboratori per bambini e letture per adulti, workshop di ecologia del suono, presentazioni e tanto altro ancora. Infine, è la sede della piccola agenzia di servizi editoriali che gestisco da quasi due anni con collaborazioni varie (tra le tante ricordo la “carica” di ufficio stampa con TerraRossa edizioni).
In questo folle ma necessario (per me) progetto c’è lo zampino di mio marito, Francesco Giannico: lui è la parte creativa di Skribi ma anche quella musicale e gestisce molto bene anche quella burocratica. E poi c’è il nostro Leo.

Aprire una libreria in un piccolo centro presenta vantaggi e svantaggi, inevitabilmente. Quali sono i più evidenti secondo te?
Ecco, mi aspettavo questa domanda. Cercherò di risponderti in tutta sincerità. Vivo con la mia famiglia in questo bellissimo paese da poco più di un anno. Un luogo dove esistono numerose associazioni culturali e rassegne davvero particolari (cito per tutte Imaginaria Film Festival, un festival internazionale di cinema di animazione); ho capito che qui potevo provare a investire con il mio progetto. Sarà difficile in questo posto come potrebbe esserlo stato in qualsiasi altra cittadina del sud, ma ho pazienza, tanta pazienza. E sono certa che lavorando bene, piano piano qualcosa potrebbe cambiare. Starà a me avere l’onere e l’onore di creare qualcosa di nuovo e di bello. E come sempre ce la metterò tutta.

Come è stato scelto il nome della libreria?
Skribi – Servizi Editoriali è il nome della piccola agenzia editoriale che seguo e al momento della scelta del nome per la libreria è stato automatico pensare di continuare il percorso intrapreso, far chiudere il cerchio, insomma. Skribi Parole Suoni Cose perché le parole – così come la musica – accompagnano da sempre la mia vita, sono elementi imprescindibili. Ho sposato anche un musicista, vedi un po’ tu. Aggiungiamo anche che all’interno della libreria faremo tante, ma proprio tante cose ed eccoti il nome. E poi, vorrei ricordare che ho dedicato un piccolo spazio ad artisti locali che creano oggetti davvero molto belli: segnalibri, poster, cartoline d’auguri, fotografie… più Cose di così! Infine, Skribi in esperanto significa “scrivere”.

Che cosa troviamo sugli scaffali di Skribi e quali sono i criteri di selezione?
Per un buon novanta per cento il catalogo è composto da editori indipendenti che leggo, stimo e sostengo da tempo; case editrici gestite da vecchi e nuovi amici che come me non riescono a tenere a freno la passione per i libri a tal punto da tramutarla in lavoro. Che molto spesso, ahimé, non paga quanto dovrebbe. Ma le passioni vanno sostenute e io nel mio piccolo cercherò di farlo.

Chi sono i clienti che entrano nella tua libreria?
Avendo aperto da pochissimo ci sono molti curiosi che vengono anche da paesi limitrofi. Li accolgo con un sorriso e li invito a fermarsi cinque minuti per curiosare tra gli scaffali. All’inizio sono un po’ timidi, il locale è piccino e si sentono quasi in dovere di dover acquistare. Li rassicuro, dico: «Facciamo due chiacchiere, parliamo dell’ultimo libro che hai letto» e si fermano rasserenati. I ragazzini vanno via sempre con qualcosa tra le mani, alcuni adulti sembrano soddisfatti dalla chiacchierata e sono certa che ritorneranno; altri escono senza aver comprato nulla, ma poco importa, per ora. Ho stabilito un contatto, ho incuriosito qualcuno che forse era da tempo che non varcava la soglia di una libreria. Ho gettato il semino e sono certa che prima o poi qualcosa sboccerà.

Il rapporto fra libraio e lettore non passa solo attraverso il libro ma anche una serie di attività correlate e indotte. Una libreria non è quasi più un luogo dove si trovano solo libri sugli scaffali, essendosi trasformata nella gran parte dei casi in uno spazio aperto e integrato, luogo di incontro e di scambio. Qual è il ruolo di Skribi sul territorio?
Come ti dicevo prima Skribi si propone come un’officina della cultura: un luogo di scambio reciproco dove alle classiche presentazioni affiancheremo laboratori che i nostri lettori avranno cura di presentare. Abbiamo lanciato una call online qualche tempo fa e sono state numerose le risposte, anche le più disparate. Questo ti fa capire che c’è voglia di fare qualcosa, c’è voglia di incontrarsi, c’è voglia di stare insieme.

Tra le nostre domande ricorrenti c’è sempre questa: di che cosa hanno bisogno i librai indipendenti in Italia? A parte i lettori, ovviamente, che cosa sarebbe più necessario, un sindacato unitario di categoria, un associazionismo più operativo, una nuova legge Levi?
Domandone, questo. Al quale non so davvero come risponderti se non facendo appello alla mia esperienza personale e professionale. Sono convinta che “fare rete”, associarsi, possa essere una tra le tante soluzioni, così come creare una sorta di sindacato di categoria. Occorre collaborare, fare cose insieme, scendere in piazza e organizzare fiere e festival nei centri abitati e mostrare il lato divertente della cultura. Non è più questo il tempo del libraio seduto dietro il bancone che aspetta il cliente, siamo oltre. Bisogna essere mobili, andare a scuola dai professori e farsi conoscere dagli studenti. Fare banchetti in giro (cosa che adoro fare) e organizzare anche incontri al bar all’occorrenza (ne ho già fissati un paio in estate visto che Skribi è piccina). Parlare di libri ovunque, io lo faccio sempre. Poi, ovvio: se ci fossero più sostegni “importanti” sarebbe decisamente tutto più semplice e immediato.

Concludo con un’altra domanda ricorrente di Via dei Serpenti: che cosa c’è da leggere in questo momento sul tuo comodino?
Su consiglio di un amico/scrittore/cliente al momento sul mio comodino (ma anche sul divano o ovunque per casa, visto che mio marito dice che perdo libri in ogni angolo) c’è Niente di J. Teller, un romanzo pubblicato qualche anno fa da Feltrinelli, davvero interessante che mi era sfuggito (sì, capita anche a me). E poi c’è un romanzo molto bello di una cara amica che vedrà la luce il prossimo anno. Ma di questo non posso dire nulla, ne parlerò tanto al momento opportuno.

I prossimi appuntamenti da Skribi:

25 maggio – presentazione di “La gente perbene” (TerraRossa Edizioni): con l’autore Francesco Dezio e l’editore Giovanni Turi
5 giugno – laboratorio di Caviardage con Mella Sciancalepore.
8 giugno – presentazione di “Vento nel vento. Dieci anni di Lucio e Giulio” (Florestano Edizioni): con l’autore Fulvio Frezza, il giornalista Costantino Foschini e l’accompagnamento musicale di Domenico Mezzina (chitarra e voce).
12 giugno – presentazione di “Naviganti delle tenebre” (Edizioni E/O): con l’autore Carlo Mazza e Matteo Lorusso.
14 giugno – presentazione di “L’amore non si interpreta” (L’Erudita): saranno presenti la curatrice Stefania De Caro, Chicca Maralfa e Anna Maria Candela.
15 e 16 giugno – laboratorio in ecologia del suono “Mi ricordi un suono” per i bambini dagli 8 ai 12 anni: il laboratorio è a numero chiuso e sarà tenuto da Francesco Giannico.
22 giugno – presentazione di “La nostra voce non si spezza” (Stilo Editrice): con l’autore Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, l’editor della raccolta Giovanni Turi e la giornalista Grazia Rongo.

Il semaforo è blu tra i libri di Ponte Ponente

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi 

di Rossella Gaudenzi

Ponte Ponente
Via Mondovì, 19 – 00183 Roma (Appio)
06 45426682

www.libreriaponteponente.it

Intervista a Giulia Caputi, libraia di Ponte Ponente, specializzata nella letteratura per l’infanzia.

La libreria Ponte Ponente, specializzata in letteratura per l’infanzia, si trova nel quartiere Appio, a Roma, dal 2008. Un anno fa c’è stato un cambio di guardia e oggi a gestire la libreria è la cooperativa sociale Il Semaforo Blu, di cui fai parte. Ci racconti come è andata?
Sì, certo. Essendo una cooperativa che si occupa da molto tempo di educazione al libro e alla lettura conoscevamo bene le ex libraie di Ponte Ponente, Anna Rita Marchetti  e Chiara Mattone, con le quali avevamo collaborato in passato per cicli di lettura, manifestazioni (mi viene in mente la Tribù dei lettori e La Città in tasca), feste letterarie. Sono state direttamente loro a segnalarci la volontà di vendere. Inizialmente eravamo titubanti, l’occasione era buona, ma naturalmente si trattava di una nuova attività che dovevamo progettare, considerare, e sulla quale dovevamo investire economicamente. Chi ci conosce sa, però, che siamo fedeli al nostro semaforo blu che indica il cielo, che ci piace guardare oltre, crescere, e questo era il momento per farlo. Così ci siamo armate di coraggio e abbiamo provato a spiccare il volo!

Chi sono le libraie di Ponte Ponente e da quale formazione provengono? Esiste una divisione dei ruoli?
Le libraie di Ponte Ponente sono le quattro socie della Cooperativa Il Semaforo Blu: Chiara, Francesca, Giulia e Mariella (in rigoroso ordine alfabetico. Chiara è l’arredatrice, che cura il verde e le piante, costruisce tavoli o lampadari con il pallet, è quella che vive meno la libreria perché è impegnata nella gestione amministrativa della cooperativa e a fare quadrare fatture e conti. Francesca è la maga del gestionale, cioè il sistema operativo della libreria, si occupa degli ordini dei libri e dei giochi, delle letture del mercoledì e dei laboratori creativi ed è la segreteria della cooperativa, ha sempre le idee per le vetrine e gli allestimenti. Giulia è quella che si potrebbe definire l’addetta stampa, gestisce informazioni e newsletter, locandine e facebook, inventa giochi mattinieri per bambini più piccoli e ha uno sguardo per scuole e territorio. Mariella, in qualità di presidente della Cooperativa, ha tutti gli impegni e gli oneri del suo ruolo, gestisce i pagamenti ai fornitori e cura gli incontri per bambini più grandi, dai 4 anni in su. Naturalmente ci confrontiamo sempre tra noi, ci sosteniamo nei vari ruoli e condividiamo le scelte di ogni settore.

Chi sono i clienti di Ponte Ponente e quale testimonianza offrono sullo stato della lettura per bambini e ragazzi di questo popoloso quartiere romano?
I clienti sono prevalentemente donne e mamme: ci sono le clienti inossidabili, quasi amiche, che sono sempre informate sulle ultime novità, con le quali ci si confronta sui figli e si condividono aspetti più personali; ci sono le clienti sostenitrici, che ci fanno pubblicità, fanno ordini per le classi dei figli, ci mandano amici e parenti; ci sono le clienti che vivono la libreria come un luogo dove portare i figli per svolgere attività interessanti; ci sono  nonne e zie che vengono per i regali di Natale ai nipoti; c’è qualche maestra di asilo nido o materna che quindi sceglie i libri per lavoro. Complessivamente si tratta di una nicchia di lettrici forti o comunque fortemente motivate, che scelgono con convinzione un certo tipo di educazione meno commerciale e più attenta.

Che cosa trovano i lettori che mettono piede nella vostra libreria?
Un semaforo veramente blu, tante sedie, tavoli, panche e cuscini, un grande tappeto e una credenza blu, libri a portata di mano da leggere liberamente, riviste di settore consultabili e saggi per adulti, il meglio della produzione editoriale per ragazzi di piccole e medie case editrici italiane, una accurata selezione di libri in inglese e spagnolo. Abbiamo anche la nostra piccola biblioteca interna, si stratta di libri acquistati negli anni  e che utilizziamo per altre attività, non è previsto il prestito in modo formale, ma talvolta lo facciamo a chi ce lo chiede.

Come avviene la selezione dei libri da mettere sugli scaffali e in vetrina? Quali sono i progetti editoriali, le case editrici maggiormente in sintonia con lo spirito che anima Ponte Ponente?
La selezione avviene grazie a un aggiornamento costante navigando in rete e ricevendo informazioni direttamente dalle case editrici. I progetti editoriali che si sposano meglio con noi sono quelli con cui abbiamo costruito negli anni, ancor prima di avere una libreria, una relazione solida, di scambio e confronto. Abbiamo rapporti consolidati in particolare con case editrici romane. Ad esempio con Sinnos, con cui da diversi anni organizziamo un corso di formazione per lettori-animatori e di cui condividiamo l’aspetto fortemente sociale e militante nella lettura. Con Beisler, che pubblica una narrativa per giovani lettori fuori dagli schemi, scanzonata e a volte irriverente come solo gli autori nordici sanno essere. Siamo in ottima sintonia anche con Bohem press, adoriamo i libri di Minibombo per i più piccoli, e non ci facciamo scappare i più importanti titoli di Orecchio Acerbo, Topipittori, Babalibri, Terre di mezzo e Camelozampa.

Ponte Ponente è una libreria estremamente attiva dal punto di vista dell’organizzazione di laboratori educativi per bambini. Si può affermare che l’aspetto ludico-laboratoriale rappresenti, sempre più, un fondamentale e indispensabile valore aggiunto per le librerie di settore come la vostra?
Si, pensiamo di sì. Non è solo l’idea che facendo entrare persone per l’attività si venda di più, ma è anche perché la libreria possa essere sempre più vissuta come luogo e meno come un negozio. Un luogo dove incontrarsi, fare amicizie, imparare cose nuove, tornare, curiosare. Un luogo aperto al territorio circostante, ad esempio ci troviamo vicino a una scuola e spesso invitiamo le classi in libreria o mettiamo a disposizione dei genitori i nostri spazi per lasciare i loro figli nei giorni delle riunioni. Un luogo di scambio, di confronto con altre realtà, un centro culturale, dove ricostruire uno spirito di comunità, un tessuto sociale che in una grande città sappiamo bene come sia importante, un luogo dove costruire reti, rapporti reali, non virtuali.

Di che cosa hanno bisogno i librai in Italia (iniziative di promozione, legislazione ad hoc, sostegni finanziari, associazionismo di categoria)?
La domanda è per noi difficilissima, perché siamo appena arrivate nel settore delle librerie, siamo ancora all’inizio. Però mi viene in mente quello di cui non abbiamo bisogno: eventi spot, iniziative che si aprono e si chiudono solo grazie all’impegno dei volontari, sostegni finanziari una tantum. C’è bisogno di un lavoro “politico” sulla lettura in Italia, inteso come investimento economico e formativo, c’è bisogno di un lavoro integrato tra scuola, famiglia, librerie, biblioteche. Bisogna fare rete, è molto faticoso ma è l’unica possibilità di crescita. Adesso sembra esserci qualche spiraglio per le librerie, vedremo.

È appena iniziata la 16ma edizione di PiùLibriPiùLiberi, la celebre fiera romana della piccola e media editoria. Considerate utili fiere come questa? I librai come categoria in realtà entrano casualmente e sporadicamente in contesti di questo genere. Che cosa ne pensate?
Sicuramente sì, sono occasioni per incontrare gli editori, gli autori, partecipare a conferenze o presentazioni di libri nell’arco di cinque giorni, continuare a formarsi, a volte avere incontri con altri librai. Credo siano utili a chi è già un lettore forte, non credo allarghino l’interesse degli astemi di lettura.

Quali libri consiglierete da mettere sotto l’albero?
I libri sono davvero tantissimi, le nuove uscite sono continue, io consiglierei di scegliere senza fretta, osservando il gusto personale e le passioni dei bambini. I nostri best seller dell’anno li trovate sulla pagina Facebook dove stiamo facendo un gioco “Ogni libro alla sua libraia”.

Che cosa c’è da leggere sul vostro comodino?
Sul mio c’è Primo venne il Verme di Nicola Cinquetti e Meraviglie Mute di Marcella Terrusi, ma a volte anche Topolino. Le altre libraie stanno leggendo: Quando eravamo in tre di Aidan Chambers, Gli ottimisti muoiono prima di Susin Nielsen, Leggende e fiabe della Sardegna di Grazia Deledda, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra di Roald Dahl.

Il libro? è sospeso!

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

Questo articolo è uscito sul numero di novembre del mensile Acqua&Saponeche ringraziamo.

di Emanuele Tirelli*

In provincia di Salerno libri in cambio di ferro, rame e alluminio, libri regalati e viaggi con l’autore.

Michele Gentile

Michele Gentile è il titolare della Ex Libris Cafè, a Polla, piccolo Comune in provincia di Salerno, dove, nonostante le difficoltà, cerca modi non convenzionali per favorire la lettura e la crescita culturale. Dal 1985 ad oggi se ne è inventate tante e nel 2002 ha iniziato il progetto “libro sospeso”, una variante del “caffè sospeso” che tanto funziona a Napoli: se acquisti due volumi, ne porti a casa solo uno, mentre l’altro sarà consegnato a un giovane tra i 10 e i 18 anni che entrerà in libreria nei sette giorni successivi.

Nuove strategie 
Gli ultimi dati Istat ci ricordano che i lettori italiani sono 4 milioni in meno rispetto al 2010 e che l’anno scorso 33 milioni di persone con più di sei anni non hanno aperto neanche un libro. La percentuale sale nel Sud Italia (69,2% dei residenti), ma «questi numeri non ci devono abbattere – spiega Gentile -. Bisogna trovare nuove strategie, perché quelle adottate fino ad ora non rendono più».

Ovunque, purché si legga
«Quando mi sono reso conto che in libreria entravano meno persone, ho pensato di uscire per andargli incontro e riprendere a camminare insieme». Ecco perché a Polla ci sono ottici, ristoranti e pizzerie dove è possibile trovare romanzi per tutti i gusti. Sono lì, disponibili per essere consultati o acquistati. Se invece avete ferro, rame e alluminio da smaltire, la Metalfer riconosce un buono d’acquisto da spendere all’Ex Libris in libri e vocabolari: il progetto si chiama “Non Rifiutiamoci”. Non solo: avete mai sentito parlare delle presentazioni sugli autobus? Insieme alle Autolinee Curcio, è nato “Viaggi con l’autore”, che invita gli scrittori a parlare del loro ultimo romanzo proprio mentre l’autobus viaggia in autostrada e regala una copia a ogni passeggero.

Una libreria in ogni Paese 
«Sentiamo l’esigenza di una farmacia in ogni Comune. Ma anche i libri hanno un effetto importante sulla vita delle persone. La mia idea è quella di coinvolgere le amministrazioni comunali della provincia per un piccolo investimento, dando vita a punti di incontro, di vendita, di laboratori e lettura. Singole librerie di un’unica rete capace di ammortizzare i costi nei rapporti con editori e distributori. L’ho proposto ai Sindaci di 19 Comuni intorno a Polla e spero in una risposta concreta. Ho la testa dura e ho imparato a non arrendermi».

*Emanuele Tirelli è autore, giornalista freelance per «L’Espresso», «Donna Moderna», «Il Mattino», «Acqua&Sapone», direttore della collana Teatri di Carta di Caracò Editore.

Le librerie indipendenti sono librerie vincenti? A volte può succedere

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

 di Emanuela D’Alessio

Nel giorno di chiusura della fiera romana Più Libri Più Liberi 2016, l’11 dicembre, si è svolto un incontro che ci piace segnalare,  quello organizzato dall’editore Sandro Ferri di e/o con i librai Marco Guerra della libreria Pagina 348 di Roma, Giorgio Gizzi della libreria Arcadia (con una sede a Roma, a Casal Palocco, e una a Rovereto), Gianmario Pilo della Galleria del Libro di Ivrea e Christian Westermann, il responsabile marketing di Europa Editions, casa editrice americana fondata da Sandro Ferri e Sandra Ozzola nel 2005.

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Il tema era Librerie vincenti tra Italia e Stati Uniti: esperienze e idee a confronto.
Dall’incontro è emersa, tra le altre cose, la necessità di rinnovare il dialogo tra editori e librai. Negli Stati Uniti l’American Booksellers Association svolge un ruolo fondamentale in tal senso. Grazie al Winter Institute, ha spiegato Christian Westermann, editori e librai si riuniscono una volta l’anno  per scambiare informazioni, discutere ed elaborare proposte.
Anche in Italia si sta pensando di replicare questa interessante iniziativa. A febbraio si terrà la prima edizione di una tre giorni in cui 80 librai e 30 editori si incontreranno per discutere dei titoli e soprattutto dei contenuti.

Per saperne di più c’è l’esaudiente articolo di 2righe, noi abbiamo rivolto qualche domanda a Marco Guerra, di Pagina 348.

È la prima volta, se non sbaglio, che partecipi a Più Libri Più Liberi. Come è andato l’esordio?
Con gli amici di e/o mi trovo sempre bene, ho accettato volentieri il loro invito e l’incontro è stato molto interessante, ho conosciuto colleghi davvero in gamba. Noi librai abbiamo cercato di rispondere alle domande che ci venivano fatte raccontando le esperienze delle nostre librerie, parlando delle idee messe in campo per sconfiggere la crisi e descrivendo la grande passione che ci porta a cercare sempre nuovi modi di coinvolgere i lettori. Quando si ascoltano esperienze diverse dalla propria e conosci persone nuove, gli stimoli sono sempre in agguato.
Gli editori presenti ci hanno parlato della loro volontà di battersi per una legge che regolamenti una volta per tutte il prezzo di vendita dei libri e che dia a tutti le stesse opportunità contro i predoni delle vendite online che, a colpi di evasione fiscale, dumping e strage dei diritti dei lavoratori, minacciano il nostro settore.
Per quanto riguarda la Fiera io mancavo da qualche anno, ma ho visto gli stessi difetti di sempre.

A quali difetti ti riferisci?
Ne dico uno: nello stesso corridoio trovi il piccolo editore che rischia i propri soldi e quello che campa di sovvenzioni, trovi quello che paga la gente che lavora per lui e quello inseguito dai creditori, trovi quello che con i libri ci lavora e quello che con i libri ci gioca. Per non parlare dell’obbrobrio degli editori a pagamento.

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Quali erano le tue aspettative e sono state soddisfatte?
Mi interessava molto saperne di più sula situazione negli Stati Uniti  e il contributo di Christian Westermann è stato utilissimo. Mi ha fatto piacere sapere che anche negli Stati Uniti sono tanti i librai che riescono a tenere le proprie librerie, nonostante tutte le disgrazie che oggi succedono alle librerie indipendenti.

Che cosa hanno in comune Marco Guerra, Giorgio Gizzi, Gianmario Pilo e Christian Westermann?
Il fatto di vivere a contatto con i libri ci permette di capirci al volo. Abbiamo in comune il fatto di essere diventati importanti per le comunità in cui operiamo, andando spesso a sostituire con il nostro lavoro le inefficienze e le incapacità della cultura istituzionale, quella che il cittadino paga anche se non visita i monumenti e non va mai al museo, al teatro o al cinema.

Che cosa significa essere vincenti oggi nel vostro settore?
In un momento in cui moltissime città italiane, anche importanti, si ritrovano senza librerie, significa restare aperti, innanzitutto. Aggiungo il fatto che le librerie indipendenti sono quelle in cui germogliano le idee, quelle in cui muovono i primi passi gli autori che arriveranno in classifica, quelle da cui parte il successo dei libri più importanti del panorama letterario. Più cose del genere si verificano nella tua libreria e più chances avrai di restare in piedi.

Dal confronto, per quanto parziale, tra Italia e Stati Uniti che cosa è emerso?
Che anche nel paese che ha partorito la tigre che vuole divorarci c’è ancora spazio per chi resiste.

È tempo di bilanci. Come è andato il 2016 per Pagina 348?
Non male nel complesso, siamo riusciti a confermare le cose che vanno bene e abbiamo trovato il modo di recuperare qualcosa di quello che è andato perduto.

Antonio Manzini da Pagina 348 il 26 novembre 2016

Antonio Manzini da Pagina 348 il 26 novembre 2016

Puoi farci un esempio delle cose che non vanno bene?
Ne dico due. La prima è che molte persone che conoscono e frequentano la nostra libreria credono che noi saremo qui in eterno, come se fossimo la cultura istituzionale di cui parlavo sopra. In realtà la nostra è un’impresa privata e può andare avanti continuando a offrire tutto quello che offriamo ogni anno, solo se la gente spende i soldi da noi. E quindi se molte persone partecipano alle nostre attività e parlano bene di noi ma poi i libri li comprano online o al centro commerciale, noi abbiamo l’esigenza di cercare da qualche altra parte i soldi che mancano all’appello.
La seconda è che ci manca una sponda nelle istituzioni, qualcuno o qualcosa che sappia valorizzare la nostra presenza nel Municipio. Invece ogni volta i politici che eleggiamo sono peggiori di quelli precedenti e passano gli anni senza che ci siamo manifestazioni in cui i cittadini possano avvicinarsi ai libri e alla cultura. Senza parlare del fatto che il teatro pubblico del quartiere, quello del Centro culturale Elsa Morante dove organizzavamo spesso iniziative che riscuotevano grande successo, è addirittura chiuso.

Auspici e desideri per il 2017?
Vendere tanti libri, organizzare tanti appuntamenti stimolanti, incontrare autori interessanti, aprire la porta della libreria a tanti nuovi lettori.

INIDILIBR(A)I – La libreria Pagina 18 a Saronno

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

Pagina 18
Via Padre Luigi Monti, 15 – 21047 Saronno (Varese)
telefono 3738225048
sito web

di Emanuela D’Alessio

coverPagina 18 è una piccola libreria indipendente di Saronno, aperta nel 2008 da Carla Pinna e Giulio Bonetti.
Ho conosciuto la libraia Carla Pinna un mese fa a Torino,  durante la giornata di incontri con blogger, editor, scrittori e giornalisti dal titolo Esordienti nella rete, organizzata dal Premio Calvino.
Si parlava di blog, riviste letterarie online, piattaforme di self publishing, scrittori esordienti in cerca di pubblicazione, case editrici dove non si ha più il tempo di leggere i manoscritti. A una domanda su che fine fanno i librai, quelli indipendenti, sono arrivate risposte generiche del tipo “in fondo sono una categoria di nicchia, probabilmente destinata all’estinzione”.
Carla Pinna, però, non sembra intenzionata a estinguersi. Ecco che cosa dice.

Quando nasce la libreria Pagina 18 e perché?
Pagina 18 apre i battenti il 5 giugno 2008. Dopo oltre venti anni di lavoro editoriale e aver sperimentato l’apertura a Roma (Via Sabelli a San Lorenzo) di una libreria di Prospettiva Edizioni, la casa editrice dove lavoravo, avevo voglia di uscire dal mondo dell’editoria e realizzare l’incontro fra scrittore, editore e lettore: un luogo fisico chiamato libreria.

Chi sono i librai di Pagina 18?
Sono Carla Pinna e Giulio Bonetti. Come dicevo prima, la mia esperienza è prettamente editoriale. Ho trascorso circa venti anni in Prospettiva Edizioni come editor e responsabile di collana, occupandomi anche di promozione e distribuzione, perché nelle piccole case editrici si fa un po’ di tutto.  Ho lavorato anche per Salani come segretaria di redazione per i marchi Ape Nord Sud e Magazzini Salani. Giulio Bonetti, invece, ha un’esperienza ventennale come responsabile commerciale e broker. E una passione per i libri sulla seconda guerra mondiale e Tex Willer.

Parliamo del nome della libreria, perché si chiama Pagina 18?
Quando si è trattato di trovare un nome ho iniziato a fantasticare. Ho pensato a Saltatempo (bellissimo libro di Benni) o a una delle città invisibili di Calvino. Mi è stato fatto notare che dovevamo aprire una libreria a Saronno, che bisognava trovare un nome facile da ricordare. Così ripensando alla libreria Pagina 272 di Roma, in Via Salaria, ho proposto Pagina 18: pagina ovviamente come pagina del libro, 18 perché era il numero civico. Poi abbiamo argomentato, citando Pennac, «che un libro si può leggere a partire dalla pagina 18 o fino alla pagina 18». In realtà il numero civico – che eravamo corsi a vedere quale fosse – era facile da ricordare.

Carla Pinna

Carla Pinna

Che cosa significa essere librai indipendenti a Saronno?
Voler diventare bravi librai indipendenti a Saronno è una palestra: la conoscenza dei libri e degli autori e la competenza devono necessariamente conciliarsi con le sensibilità di chi vive in un piccolo centro, ma a ridosso di Milano. Ci sono un valore del lavoro molto forte, una socialità sommersa che emerge soltanto dopo molto tempo, un po’ di diffidenza verso chi viene da fuori. Bisogna conquistarsi la fiducia, essere un po’ psicologi e al tempo stesso determinati per comprendere chi ci sta di fronte e consigliare comunque libri di qualità. Inizialmente avevo collocato proprio all’entrata della libreria il settore della saggistica, compiendo una scelta azzardata contro tutti i criteri del visual merchandising. Poi ho preferito mettere in evidenza l’editoria per bambini.

Quante librerie ci sono a Saronno?
Nel 2008, quando abbiamo aperto, esistevano la storica libreria Bono e un’altra libreria indipendente, Palomar. Due anni dopo ha aperto una Mondadori Franchising, quindi Palomar ha chiuso e Bono ha ceduto il passo a una libreria del gruppo Libraccio. Pur essendo gestita da un libraio di valore (ma si sa che nelle librerie di catena non è più prevista la figura del libraio competente) la Mondadori franchising ha provocato una metamorfosi nei lettori, direi quasi un fenomeno sociologico. Adesso si entra in libreria come fosse il supermercato (senza salutare), si risponde con fastidio alle offerte del libraio, si cerca il libro in classifica o quello proposto nelle trasmissioni di Fabio Fazio, si contratta il prezzo di copertina per poi uscire senza aver comprato nulla. La libreria non è più vista come un luogo di incontro e conoscenza, ma un self service più o meno alla moda (nel senso che anche solo entrarvi fa moda) dove i libri sono un complemento d’arredo.

Che cosa trovano i lettori da Pagina 18?
Prima di tutto dei librai che propongono e consigliano libri. Ovviamente anche le novità, selezionate secondo criteri relativi alla conoscenza dei lettori e dei loro interessi, del territorio e, perché no, delle classifiche degli inserti culturali della carta stampata.

Come avviene la selezione dei libri da mettere sugli scaffali, in vetrina?
Esistono vari criteri. Fortunatamente i librai indipendenti possono ancora concedersi il lusso della scelta e della proposta (non esistono editori che pagano per avere il libro in vetrina o vicino alla cassa come nelle librerie di catena). In vetrina si può scegliere un tema e le novità attinenti secondo vari criteri, ad esempio quello temporale, come la giornata della memoria, l’8 marzo, l’attribuzione di un premio Nobel. In estate ci sono le letture intelligenti sotto l’ombrellone (in questo caso i gialli sono sempre un’ottima proposta) e per Natale altre proposte inedite. Due anni fa ho scoperto la collana Leggere è un gusto del Leone Verde dove si abbinano le ricette con gli scrittori e le opere. Ho proposto, quindi, La cucina di Montalbano, Le ricette delle Mille e una notte, A tavola con l’Enterprise, Gli spaghetti di Martin Scorsese. I lettori erano entusiasti e hanno scelto così i loro regali di Natale.

Chi sono i clienti che entrano in libreria?
Le donne in generale leggono di più. Ecco allora le signore del gruppo di lettura della biblioteca, le appassionate di gialli alla Cornwell che però hanno scoperto gli autori svedesi, chi, di ritorno dal cineforum pomeridiano, si ferma solo per salutare o dare un’occhiata alle novità. Ci sono giovani appassionati di storia e filosofia che trovano accanto i libri economici Laterza e i libri di musica di Bietti; ci sono le mamme con i loro bambini che sanno di poter trovare libri speciali: da Ciao ciao pannolino di Topo Tip (un must) ai libri della Tomlinson tipo L’oritteropo che non sapeva chi era, libri con i quali ho conquistato tanti piccoli lettori di età prescolare. Non dimentico, poi, gli appassionati di scienze e di storia che continuano a venire da noi perché sanno di trovare libri “speciali”. Se dovessi fare un’annotazione sociologica direi che il livello dei nostri lettori è sicuramente medio alto. Abbiamo amici scrittori e musicisti, ma riservo una particolare tenerezza alle signore che mi chiedono con gentilezza libri rosa o testi religiosi, anche loro sono lettrici di tutto rispetto.

A proposito di piccoli lettori, c’è uno spazio in libreria dedicato alla letteratura per l’infanzia e ragazzi? Sono svolte o previste attività di lettura dedicate ai più giovani?
Ci siamo caratterizzati fin dalla nostra apertura per uno spazio particolarmente grande (un terzo della libreria) dedicato all’infanzia, ai ragazzi, alla maternità/paternità e pedagogia. Abbiamo da sempre ospitato laboratori per bambini: sui colori e i pittori, su come costruire le marionette o, prendendo spunto dalle storie di Ciripò, organizzando laboratori che aiutassero anche i più piccoli a superare le paure e le emozioni forti. Hanno tenuto cicli di laboratori la pittrice Sabrina Romanò, Mauro Caldera ex direttore del Parco Rodari, Marinella Barigazzi, scrittrice e traduttrice per bambini, Paola Pappacena illustratrice.

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Quali sono i libri più venduti e quelli più consigliati?
Fra le novità posso citare sicuramente Andrea Camilleri, Andrea Vitali (vista la prossimità con il lago di Como), i nostri amici Giorgio Fontana (Campiello 2015) e Andrea Tarabbia, Luca Crippa, Alberto Schiavone, Francesco Trento.
Il profumo delle foglie di limone di Clara Sanchez è stato un best seller divenuto inoltre long seller, poi ci sono la trilogia di Bjorg Larsson, indubbiamente Jonathan Safran Foer, i libri Feltrinelli ambientati a Parigi del fantomatico Nicolas Barreau, la serie di Agatha Raisin edita da Astoria, gli studi storici di Alessandro Barbero, le monografie di Corrado Augias.
Fra i più consigliati ci sono i libri della narrativa al femminile edita da Neri Pozza, in particolare Cuccette per signora di Anita Nair e L’arte di ascoltare i battiti del cuore di Jan-Philip Sendker. E ancora, la narrativa vittoriana, i libri di Georgette Heyer, Elizabeth Gaskell. Per finire, La donna giusta di Sandor Marai e Lettere di Hetty Hillesum, entrambi editi da Adelphi.

Di che cosa hanno bisogno i librai in Italia (iniziative di promozione, legislazione ad hoc, sostegni finanziari, associazionismo di categoria?).
Basta con gli sconti. Libri che costino meno e tutela delle librerie come presidi culturali. Esistono associazioni di categoria ma in realtà ciò di cui ci sarebbe veramente bisogno è la costruzione di sinergie “virtuose” fra tutta la filiera libraria. L’esperienza delle Librerie Indipendenti Milanesi (unica nel suo genere) che ha organizzato e promosso Bookcity è ancora molto limitata. Resiste purtroppo la logica dell’orticello.

Ho sentito dire recentemente che il mestiere del libraio (indipendente) è destinato all’estinzione. Che cosa ne pensi?
Siamo dei panda. Nonostante le scuole per librai di Venezia e Orvieto, purtroppo la figura del libraio – grazie anche a molta narrativa e cinematografia – è vista sotto una luce romantica. Molte persone vengono in libreria sospirando e mi confessano che fare il libraio è ancora il loro sogno. Ma di romanticismo ce n’è poco. Escono più di cento novità a settimana che, se si vuole mantenere la propria credibilità professionale, si dovrebbero conoscere se non addirittura leggere. Il libro Vendere l’anima di Romano Montroni, libraio Feltrinelli della prima leva, è la bibbia. Dalla battaglia contro la polvere, alla sistemazione dei libri su tavoli e scaffali, dall’apertura degli scatoloni al sorriso che non bisogna mancare di restituire a chi entra, fino al conto economico, agli inventari, al rinnovo del gestionale e i contratti con i distributori. Aspetti veramente poco romantici.

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
Lo spettro di Jo Nesbo, Sei casi per Petra Delicado di Alicia Gimenez Bartlett,  il volume dei Meridiani dedicato a Alice Munro e i gialli Mondadori di Lilian Jackson Brown dove i protagonisti sono due gatti siamesi.