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Il semaforo è blu tra i libri di Ponte Ponente

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi 

di Rossella Gaudenzi

Ponte Ponente
Via Mondovì, 19 – 00183 Roma (Appio)
06 45426682

www.libreriaponteponente.it

Intervista a Giulia Caputi, libraia di Ponte Ponente, specializzata nella letteratura per l’infanzia.

La libreria Ponte Ponente, specializzata in letteratura per l’infanzia, si trova nel quartiere Appio, a Roma, dal 2008. Un anno fa c’è stato un cambio di guardia e oggi a gestire la libreria è la cooperativa sociale Il Semaforo Blu, di cui fai parte. Ci racconti come è andata?
Sì, certo. Essendo una cooperativa che si occupa da molto tempo di educazione al libro e alla lettura conoscevamo bene le ex libraie di Ponte Ponente, Anna Rita Marchetti  e Chiara Mattone, con le quali avevamo collaborato in passato per cicli di lettura, manifestazioni (mi viene in mente la Tribù dei lettori e La Città in tasca), feste letterarie. Sono state direttamente loro a segnalarci la volontà di vendere. Inizialmente eravamo titubanti, l’occasione era buona, ma naturalmente si trattava di una nuova attività che dovevamo progettare, considerare, e sulla quale dovevamo investire economicamente. Chi ci conosce sa, però, che siamo fedeli al nostro semaforo blu che indica il cielo, che ci piace guardare oltre, crescere, e questo era il momento per farlo. Così ci siamo armate di coraggio e abbiamo provato a spiccare il volo!

Chi sono le libraie di Ponte Ponente e da quale formazione provengono? Esiste una divisione dei ruoli?
Le libraie di Ponte Ponente sono le quattro socie della Cooperativa Il Semaforo Blu: Chiara, Francesca, Giulia e Mariella (in rigoroso ordine alfabetico. Chiara è l’arredatrice, che cura il verde e le piante, costruisce tavoli o lampadari con il pallet, è quella che vive meno la libreria perché è impegnata nella gestione amministrativa della cooperativa e a fare quadrare fatture e conti. Francesca è la maga del gestionale, cioè il sistema operativo della libreria, si occupa degli ordini dei libri e dei giochi, delle letture del mercoledì e dei laboratori creativi ed è la segreteria della cooperativa, ha sempre le idee per le vetrine e gli allestimenti. Giulia è quella che si potrebbe definire l’addetta stampa, gestisce informazioni e newsletter, locandine e facebook, inventa giochi mattinieri per bambini più piccoli e ha uno sguardo per scuole e territorio. Mariella, in qualità di presidente della Cooperativa, ha tutti gli impegni e gli oneri del suo ruolo, gestisce i pagamenti ai fornitori e cura gli incontri per bambini più grandi, dai 4 anni in su. Naturalmente ci confrontiamo sempre tra noi, ci sosteniamo nei vari ruoli e condividiamo le scelte di ogni settore.

Chi sono i clienti di Ponte Ponente e quale testimonianza offrono sullo stato della lettura per bambini e ragazzi di questo popoloso quartiere romano?
I clienti sono prevalentemente donne e mamme: ci sono le clienti inossidabili, quasi amiche, che sono sempre informate sulle ultime novità, con le quali ci si confronta sui figli e si condividono aspetti più personali; ci sono le clienti sostenitrici, che ci fanno pubblicità, fanno ordini per le classi dei figli, ci mandano amici e parenti; ci sono le clienti che vivono la libreria come un luogo dove portare i figli per svolgere attività interessanti; ci sono  nonne e zie che vengono per i regali di Natale ai nipoti; c’è qualche maestra di asilo nido o materna che quindi sceglie i libri per lavoro. Complessivamente si tratta di una nicchia di lettrici forti o comunque fortemente motivate, che scelgono con convinzione un certo tipo di educazione meno commerciale e più attenta.

Che cosa trovano i lettori che mettono piede nella vostra libreria?
Un semaforo veramente blu, tante sedie, tavoli, panche e cuscini, un grande tappeto e una credenza blu, libri a portata di mano da leggere liberamente, riviste di settore consultabili e saggi per adulti, il meglio della produzione editoriale per ragazzi di piccole e medie case editrici italiane, una accurata selezione di libri in inglese e spagnolo. Abbiamo anche la nostra piccola biblioteca interna, si stratta di libri acquistati negli anni  e che utilizziamo per altre attività, non è previsto il prestito in modo formale, ma talvolta lo facciamo a chi ce lo chiede.

Come avviene la selezione dei libri da mettere sugli scaffali e in vetrina? Quali sono i progetti editoriali, le case editrici maggiormente in sintonia con lo spirito che anima Ponte Ponente?
La selezione avviene grazie a un aggiornamento costante navigando in rete e ricevendo informazioni direttamente dalle case editrici. I progetti editoriali che si sposano meglio con noi sono quelli con cui abbiamo costruito negli anni, ancor prima di avere una libreria, una relazione solida, di scambio e confronto. Abbiamo rapporti consolidati in particolare con case editrici romane. Ad esempio con Sinnos, con cui da diversi anni organizziamo un corso di formazione per lettori-animatori e di cui condividiamo l’aspetto fortemente sociale e militante nella lettura. Con Beisler, che pubblica una narrativa per giovani lettori fuori dagli schemi, scanzonata e a volte irriverente come solo gli autori nordici sanno essere. Siamo in ottima sintonia anche con Bohem press, adoriamo i libri di Minibombo per i più piccoli, e non ci facciamo scappare i più importanti titoli di Orecchio Acerbo, Topipittori, Babalibri, Terre di mezzo e Camelozampa.

Ponte Ponente è una libreria estremamente attiva dal punto di vista dell’organizzazione di laboratori educativi per bambini. Si può affermare che l’aspetto ludico-laboratoriale rappresenti, sempre più, un fondamentale e indispensabile valore aggiunto per le librerie di settore come la vostra?
Si, pensiamo di sì. Non è solo l’idea che facendo entrare persone per l’attività si venda di più, ma è anche perché la libreria possa essere sempre più vissuta come luogo e meno come un negozio. Un luogo dove incontrarsi, fare amicizie, imparare cose nuove, tornare, curiosare. Un luogo aperto al territorio circostante, ad esempio ci troviamo vicino a una scuola e spesso invitiamo le classi in libreria o mettiamo a disposizione dei genitori i nostri spazi per lasciare i loro figli nei giorni delle riunioni. Un luogo di scambio, di confronto con altre realtà, un centro culturale, dove ricostruire uno spirito di comunità, un tessuto sociale che in una grande città sappiamo bene come sia importante, un luogo dove costruire reti, rapporti reali, non virtuali.

Di che cosa hanno bisogno i librai in Italia (iniziative di promozione, legislazione ad hoc, sostegni finanziari, associazionismo di categoria)?
La domanda è per noi difficilissima, perché siamo appena arrivate nel settore delle librerie, siamo ancora all’inizio. Però mi viene in mente quello di cui non abbiamo bisogno: eventi spot, iniziative che si aprono e si chiudono solo grazie all’impegno dei volontari, sostegni finanziari una tantum. C’è bisogno di un lavoro “politico” sulla lettura in Italia, inteso come investimento economico e formativo, c’è bisogno di un lavoro integrato tra scuola, famiglia, librerie, biblioteche. Bisogna fare rete, è molto faticoso ma è l’unica possibilità di crescita. Adesso sembra esserci qualche spiraglio per le librerie, vedremo.

È appena iniziata la 16ma edizione di PiùLibriPiùLiberi, la celebre fiera romana della piccola e media editoria. Considerate utili fiere come questa? I librai come categoria in realtà entrano casualmente e sporadicamente in contesti di questo genere. Che cosa ne pensate?
Sicuramente sì, sono occasioni per incontrare gli editori, gli autori, partecipare a conferenze o presentazioni di libri nell’arco di cinque giorni, continuare a formarsi, a volte avere incontri con altri librai. Credo siano utili a chi è già un lettore forte, non credo allarghino l’interesse degli astemi di lettura.

Quali libri consiglierete da mettere sotto l’albero?
I libri sono davvero tantissimi, le nuove uscite sono continue, io consiglierei di scegliere senza fretta, osservando il gusto personale e le passioni dei bambini. I nostri best seller dell’anno li trovate sulla pagina Facebook dove stiamo facendo un gioco “Ogni libro alla sua libraia”.

Che cosa c’è da leggere sul vostro comodino?
Sul mio c’è Primo venne il Verme di Nicola Cinquetti e Meraviglie Mute di Marcella Terrusi, ma a volte anche Topolino. Le altre libraie stanno leggendo: Quando eravamo in tre di Aidan Chambers, Gli ottimisti muoiono prima di Susin Nielsen, Leggende e fiabe della Sardegna di Grazia Deledda, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra di Roald Dahl.

Intervista a Carla Ghisalberti, professionista della lettura condivisa

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

di Rossella Gaudenzi

Carla Ghisalberti

Carla Ghisalberti

Non me ne voglia Carla Ghisalberti se sono andata in cerca di definizioni che la potessero avvicinare a una Maga Circe o ancor meglio a una pifferaia magica, per ricollegarmi a quel mondo di Hamelin che tanto sta a cuore a chi si occupa di libri e letture per bambini e ragazzi. Ma dopo aver seguito i quattro incontri del corso di formazione per mediatori di letteratura organizzato da questa professionista della lettura condivisa, la definizione giusta è arrivata. Carla Ghisalberti è una ladra di adulti, oltre che di bambini. La definizione è mutuata dall’ambito letterario dove i ladri di bambini sono  personaggi al limite della mitologia che, al loro passaggio, esercitano sull’infanzia una  fascinazione talmente grande da lasciare un segno indelebile e indimenticabile nel loro percorso di crescita. Condividere i libri che si amano per provare a trasmetterne il valore a bambini e ragazzi. Questo è l’obiettivo di Carla Ghisalberti. Ci si può innamorare di tante cose anche da adulti se si ha, come direbbe Rodari, ancora l’orecchio acerbo. Fabrizio De André, quasi vent’anni fa, professava e cantava Mi innamoravo di tutto.

Carla Ghisalberti si occupa di letteratura per l’infanzia dal 1997. Ha costituito nel 2003 l’associazione culturale Mi leggi, ti leggo che «fomenta la passione per la lettura e gira per scuole, biblioteche e librerie. Appena mi si offre la possibilità, leggo libri ad alta voce a chiunque abbia voglia di starmi a sentire. Quando mi chiedono che lavoro faccio rispondo: “Metto insieme bambini e libri. Cerco di trasformare ogni bambino in un giovane lettore”». Collabora con la casa editrice orecchio acerbo e dal 2011 scrive sul blog Lettura candita, valido e autorevole punto di riferimento per chi si occupa di libri per bambini e ragazzi.

Quando hai capito che lo strumento voce, modulato nelle letture per bambini e ragazzi, è la tua ricchezza ?
Non parlerei di ricchezza, anche se sono consapevole di avere una voce gradevole. La scelta di fare questo lavoro arriva da altrove; ho scoperto di avere una voce “adatta” quando qualcuno me lo ha fatto presente durante una conversazione telefonica e quando mi è stata confermata l’impressione dopo aver parlato in radio: osservazioni prese come un complimento ma su cui non ho mai ragionato molto. Usare la voce per dare tono e ritmo ai libri è venuto da sé: la spinta interiore è stata mettere in comunicazione buoni  libri e ragazzi. La scintilla che ha innescato tutto e che con il tempo è diventata una professione – sebbene agli altri sembrasse quanto meno insolita –  è nata durante una giornata al mare trascorsa in spiaggia con un’amica. Con noi c’era anche Giuseppe Cederna, amico dell’amica, che incontrai quel giorno e che non rividi mai più. Ognuno di noi leggeva in solitudine. Nel silenzio, Giuseppe iniziò a leggere a voce alta un brano che lo aveva colpito particolarmente, con il desiderio di condividerlo. In quel momento ho compreso la grandezza del gesto che stava compiendo, ossia quello di mettere in comune un frammento di qualcosa che lo aveva toccato in profondità. La piacevole sensazione che avevo provato su quella spiaggia è la stessa che cerco ogni volta di trasmettere ad altri che mi stanno ascoltando. Leggere con altri, avvicinarli in tal modo alla lettura, richiede competenze particolari. Per questo ho cominciato un lungo percorso formativo. In sintesi, ho imparato a riconoscere i buoni libri e li ho messi in comune con un buon numero di bambini e ragazzi. La voce è solo uno degli attrezzi del mestiere.

Carla GhisalbertiIn quale modo fai capitolare bambini e ragazzi trasformandoli in appassionati lettori?
Non li trasformo e non vorrei mai loro capitolassero, direi piuttosto che mi piacerebbe che consapevolmente mi seguissero con entusiasmo. Farli diventare lettori è un lavoro molto più lungo. Cerco di far vedere loro quanto di bello, di inaspettato ci sia nei libri; non credo di stregare nessuno, piuttosto cerco con onestà di mostrare loro il valore di quella storia, di quel libro, che sia un albo o un romanzo di settecento pagine. Mi piacerebbe far toccare loro con mano la bellezza. Cerco di piantare nelle loro teste questi minuscoli semi; se poi germoglieranno, si vedrà. Ma questa è un’altra storia.

Quali sono le peculiarità e i punti di forza del tuo progetto Mi leggi, ti leggo?
Il progetto è nato circa dodici anni fa. Ho iniziato a lavorare individualmente, da battitore libero quale mi sento, poi alcune persone hanno scommesso con me su questa iniziativa, alcune se ne sono andate e altre sono rimaste. Il progetto è nato perché mi sembrava ci fosse un buco nella formazione dei piccoli rispetto alla lettura. Scegliere e poi leggere libri con bambini e ragazzi per farli diventare lettori, ossia costruire con loro un percorso di crescita in tal senso, richiede tanto lavoro preparatorio. Spesso le figure istituzionali che hanno a che fare con i libri, scuole o biblioteche, non hanno tempo, voglia, preparazione o non ritengono sia necessario operare scelte di questo tipo, pensando che un libro vale l’altro. Quindi mi sono insinuata in questo spazio vuoto, ho preso dei libri che ritenevo valesse la pena condividere con bambini e ragazzi e li ho messi nelle loro mani. Alcuni enti con cui ho lavorato, scuole, biblioteche, librerie, hanno creduto in me e mi hanno permesso di continuare. Il punto di forza della nostra professione sta in questo: noi andiamo a colmare quel vuoto che si crea laddove libri e ragazzi sono abbandonati a sé stessi e forse non si incontreranno mai.

Esiste una fascia di età infantile a cui ti senti più vicina?
Parlo di libri con bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni, mi è capitato di rado di lavorare con gli adolescenti, sebbene abbia maturato un’esperienza che mi avrebbe permesso di farlo. Istintivamente prediligo i bambini di seconda, terza elementare, perché sono al massimo della potenza della loro capacità immaginativa. A sette, otto anni hanno molteplici strumenti con cui poter ragionare con cognizione di causa, ma hanno ancora un’immaginazione sconfinata, perché  nessuno gliel’ha ancora rubata. Lavoro sia sull’immaginazione sia sulla riflessione: i bambini di seconda e terza elementare mi permettono di andare in entrambe le direzioni con grande facilità. Mi seguono sui sentieri della follia e sulla profondità del ragionamento con uguale entusiasmo.

Cosa ti viene facile nella tua impresa di lettrice?
Quel che mi viene facile in questo mestiere, fortunatamente, è comunicare con i miei interlocutori privilegiati: bambini e ragazzi. Non so da dove provenga questa attitudine, ma con loro riesco a parlare di tutto, capisco e conosco il loro codice. Citando Gianni Rodari, potrei affermare di avere “l’orecchio acerbo”, un buon orecchio per poter dialogare con loro.

Cosa invece ti riesce difficile?
Non sono diplomatica, sono ruvida. Mi riesce difficile non far trasparire quello che penso, ed è stato un problema in più di un’occasione, sebbene debba ammettere che sulla lunga distanza questo aspetto caratteriale si riveli quasi un pregio.

CGMi racconti un tuo successo insperato?
Quando i bambini, dopo aver letto loro una storia, mi dicono che mentre le loro orecchie sentivano, i loro occhi vedevano, la loro testa immaginava. Più che di successi insperati mi piacerebbe parlare di successi sudati: quando riesco a portare dalla mia parte bambini e ragazzi che mi hanno dichiarato guerra aperta, quando riesco a trovare un canale di comunicazione con loro nonostante l’ostilità. È un traguardo raggiunto.

Quali editori meglio rappresentano Carla Ghisalberti e perché?
Ci sono alcuni editori di cui sposo quasi in blocco le scelte editoriali, e sono Topipittori, L’Ippocampo Edizioni nella collana di libri per ragazzi, libri belli e molto ragionati ricchi di forti progetti editoriali; cito, rischiando di cadere nel tranello del conflitto di interessi, orecchio acerbo, con cui lavoro. Sto guardando crescere con grande interesse e ammirazione Edizioni Clichy, casa editrice toscana caratterizzata da una forte connotazione di francofilìa, e una collana per ragazzi, Carousel, fatta di scelte in linea di massima condivisibili e convincenti.

Crisi del libro e della lettura ormai cronica, come confermerebbero gli annuali bollettini del settore. Però è nuovamente in controtendenza l’editoria per ragazzi. I lettori dai 6 ai 16 anni sono in crescita. Quali sono secondo te le ragioni di questo fenomeno e perché i giovani lettori, una volta adulti, smetterebbero di leggere?
Leggere non è di moda e quanto più un individuo si struttura e cresce, tanto più subisce una pressione dall’esterno. Purtroppo si sta abbassando pericolosamente l’età in cui questa pressione si avverte. Dei bambini e dei ragazzi un aspetto che apprezzo e che, gioco di parole, non ha prezzo è l’ingenuità, l’essere fondamentalmente onesti: sono quel che vediamo, senza sovrastrutture e preconcetti, se non siamo noi a ficcarglieli nella testa; sono in questo senso materia vergine. Tanto più questa materia vergine viene plasmata, modellata e portata altrove, lontana dalla lettura perché i modelli che abbiamo sono lontanissimi dalla lettura, tanto più questo si conferma. Un lettore non è una figura vincente: l’iconografia del lettore non la si vede in giro, il fatto di non vedere mai lettori intorno a te può fare la differenza. Coloro che saranno lettori, nel 90% dei casi hanno vissuto a contatto con altri lettori, magari in famiglia, o hanno incontrato per la strada qualcuno che li ha ‘fulminati’. Chissà che quel fulmine non sia stato proprio un libro che gli ho messo in mano io.

Carla_GhisalbertiSe tu fossi bambina oggi, con quale libro sottobraccio usciresti da una libreria?
Con un libro sugli animali.

Esiste un libro che non hai ancora letto e ti aspetta al varco?
Sono due i libri che mi aspettano al varco. Il primo è Menzogna e Sortilegio di Elsa Morante. Il giorno che lo leggerò avrò la nostalgica consapevolezza di aver letto tutto di lei. Il secondo è l’Ulisse di Joyce che sta aspettando solo il momento perfetto per essere letto.

Quali libri ci sono sul tuo comodino?
C’è Wislawa Szymborska sopra ogni cosa. Non esattamente sul mio comodino, che è una stazione di passaggio per pile di libri viandanti, bensì stanziale su un piccolo tavolino che custodisce preziose foto della mia famiglia, che accoglie il mio portatile e l’opera omnia della Szymborska pubblicata da Adelphi, il cui titolo, La gioia di scrivere, fa eco con la mia gioia di leggere, di leggerla.

Il nuotatore – Paolo Cognetti e Mara Cerri

Recensione di Manuela Di Vito

Un insonne scrittore che nelle calde giornate d’estate non riesce a scrivere, di notte riesce invece a trovare le parole.
Il nuotatore è il racconto di un sogno, catturato con la penna prima che svanisca, su un gruppo di ragazzi che vengono condotti dal loro istruttore di nuoto in una gita fuori porta dove, presso una vecchia cava, si è formato un lago.
Al momento del tuffo però il sogno s’incrina e lo scrittore prende il posto del ragazzo infondendo in lui la sua stessa paura di nuotare. Per tema, questa volta di deludere l’allenatore, il ragazzo-scrittore si tuffa comunque e all’inizio è un uccello marino, poi un pesce che si avventura sempre più giù, penetrando a fondo nello stagno (o nella sua paura?, o nella sua anima?) per ritrovare il meraviglioso sotto forma di un relitto e finalmente sé stesso, nel punto più profondo.
Sognatore e sognato si separano di nuovo e si incontrano, il secondo è nell’acqua mentre il primo lo guarda dall’alto, in una specie di gioco di specchi in cui «non sapevamo più chi di noi due fosse il corpo e chi l’ombra, chi l’oggetto davanti allo specchio e chi il riflesso, chi la voce e chi l’eco».
Finché il ragazzo non sente di nuovo il bisogno di respirare aria e fa un «tuffo al contrario». Si spinge verso l’alto e rompe «la superficie del cielo con la testa». Il sogno finisce e lo scrittore si sveglia ma non è lo stesso di prima. Anche se le parole si esauriscono si intuisce che dentro di lui è avvenuta una catarsi della quale lo stesso Nuotatore appare come il felice prodotto.
Storia di due solitudini che si incontrano in un sogno, oltre all’adulto e al ragazzo, anche lo scrittore, Paolo Cognetti, e l’illustratrice, Mara Cerri: «Il nuotatore è il nostro abbraccio», dice il primo nelle note in calce.
Solitudini che si incontrano. Un ossimoro che si realizza in uno spazio-tempo onirico, il solo dove due anime lontane riescono a toccarsi e dove un uomo può guardare negli occhi le sue paure e affrontarle.
Nell’albo parole e immagini si amalgamano perfettamente perché sono fatte della stessa materia al contempo rarefatta e densa con la quale vengono plasmati i sogni. È la medesima consistenza torbida delle acque di uno stagno che la Cerri rende sapientemente facendo dominare le sue tavole dal verde e dal grigio e riuscendo così a far emergere, sia dentro che fuori dall’acqua, un’atmosfera al contempo spettrale ed effimera, sfuggente.

Nota sull’autore
Si legge sul suo blog: «Sono nato a Milano nel 1978. Sono autore di tre raccolte di racconti, un diario di montagna e una guida letteraria alla città di New York. Se non sono in giro per i boschi mi trovate a questo indirizzo: paolocognetti@libero.it». Con minimum fax ha pubblicato due raccolte di racconti: Manuale per ragazze di successo (2004) e Una cosa piccola che sta per esplodere (2007), e un romanzo: Sofia si veste sempre di nero, selezionato nell’ultima edizione del Premio Strega. Per Laterza nel 2010 è invece uscito il suo New York è una finestra senza tende e nel 2013, per Terre di Mezzo, Il ragazzo selvatico.

Nota sull’illustratore
Mara Cerri, classe 1978, collabora con numerosi quotidiani e riviste tra cui «Il manifesto», «Lo straniero», «Diario», «Carta» e «Internazionale». Ha partecipato alla Mostra Illustratori della Fiera del Libro di Bologna, alla Biennale di Illustrazione di Bratislava e a quella portoghese Illustrarte. Fra i suoi libri ricordiamo: L’Anima Nuvola, Fuoco, (Fatatrac), Dentro gli occhi cosa resta (testi e illustrazioni, Fatatrac), Dagli Appennini alle Ande (e/o ); La Traviata (Grimm Press, Taiwan); Cleopatra e 12 storie di principesse EL editore); FiliIppolita la bambina perfetta (Arka editore); La bambina di ghiaccio (Emme edizioni); Storia di Pilina e Guarnatalla (Carthusia edizioni); l’antologia In volo, sezione poesia (Zanichelli); Parole perdute (testi e illustrazioni- Grimm Press, Taiwan); Piccole donne (Fabbri editori); La spiaggia di notte (e/o); Storia di Giacobbe e Giuditta e Oloferne (Fabbri editori-Corriere della Sera); Gâteaux et chapeaux (Milan editions). In collaborazione con Magda Guidi, ha realizzato il cortometraggio d’animazione Via Curiel8, tratto dall’omonimo libro, vincitore del Torino Film festival 2011 Sezione Corti.

Per approfondire:
Leggi la recensione di Anna Castellari su
Neuramagazine
Leggila recensione su Pulp
Leggi l‘intervista di Anna Castellari a Paolo Cognetti

Il nuotatore – Paolo Cognetti
Illustrazioni di  Mara Cerri
Orecchio Acerbo, 2013
pp. 60, 13,50 euro

Lampi Light, la nuova collana di orecchio acerbo

Appuntamento con orecchio acerbo (qui il nostro approfondimento sulla casa editrice) nel cuore di San Lorenzo, oggi 28 aprile alle 19.00 a Le Mura (Via di Porta Labicana, 24).

Un evento dedicato a Lampi Light, alla scoperta degli ultimi titoli della nuova collana di orecchio acerbo.

L’albo illustrato varca il confine del libro per bambini: racconti classici della letteratura fantastica, d’avventura e noir esposti alla luce delle immagini che, come un lampo nella notte, improvvisamente rovescia la visione delle cose.

Un aperitivo accompagnato dall’esposizione delle tavole originali di Michele Rocchetti e Giacomo Garelli (qui la nostra intervista), che hanno illustrato Effetti d’un sogno interrotto di Luigi Pirandello e Mai scommettere la testa con il diavolo (qui la nostra recensione) di Edgar Allan Poe.
Inoltre, per entrare nell’atmosfera della lettura attraverso la voce di Carla Ghisalberti la proiezione di un onirico book trailer. Per chiudere, gli illustratori disegneranno e firmeranno le copie dei libri.

 

FUORI CAMPO: intervista all’illustratore Giacomo Garelli

FUORI CAMPO Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

Proseguiamo le interviste di FUORI CAMPO con Giacomo Garelli, illustratore di Mai scommettere la testa con il diavolo, racconto horror di Edgar Alla Poe edito da orecchio acerbo.

Intervista di Manuela Di Vito

Giacomo Garelli è nato ad Ancona trentaquattro anni fa. Dopo gli studi artistici, si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2007. Prosegue nella sua formazione a Macerata dove, dopo due anni di studio per poter insegnare, viene selezionato al Master in illustrazione per l’editoria – Ars in fabula. Attualmente lavora come illustratore free lance. Mai scommettere la testa con il diavolo, racconto horror di Edgar Allan Poe, è il suo libro di esordio. http://www.giacomogarelli.com/

Come sei diventato illustratore?
Premesso che non penso basti fare un libro per annoverarsi nella categoria professionale degli illustratori, la mia storia è questa: ho sempre amato le immagini all’interno dei libri. Mi ricordo che ho comprato decine di libri di ogni genere solo perché me ne piacevano le illustrazioni. Dopo essermi formato all’Istituto Statale d’Arte di Ancona (ora Liceo Artistico) ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze appassionandomi sia alla città, sia ai fiorentini. Dopo aver preso l’abilitazione a insegnare all’Accademia di Belle Arti di Macerata, per caso ho conosciuto la Fabbrica delle Favole. Dico “per caso”, perché è proprio così che è successo. Un pomeriggio vagavo per librerie, come sempre alla ricerca di libri interessanti, e sono finito in una gestita da una persona che conoscevo. È lei che mi ha parlato di questa associazione culturale di Macerata che formava giovani illustratori. Incuriosito, mi sono informato tramite internet. Durante il periodo in cui facevano le selezioni per entrare, ho provato ad inviagli del materiale e contro ogni mia previsione sono stato accettato. Una volta frequentato il master  si è letteralmente aperto un mondo dal quale non voglio più uscire.

Come giudichi l’attenzione che l’editoria italiana dedica alla letteratura per bambini e ragazzi?
Penso che il libro sia uno dei migliori strumenti per la formazione della propria identità e individualità. Nonostante sia un oggetto replicato in serie, il libro permette al lettore di vivere individualmente e con la propria immaginazione gli eventi e i personaggi protagonisti di una storia. Detto questo, ultimamente l’editoria italiana, attraverso gli albi illustrati e i libri di letteratura per l’infanzia sta affrontando temi scomodi o commercialmente poco redditizi, che prima non si sarebbe mai presa la briga di affrontare e di questo bisogna dargliene atto. È anche vero che ancora c’è molto da fare. Basta andare in una libreria per vedere quali libri e prodotti editoriali per bambini o per ragazzi vengono messi nei primi scaffali. Gli esempi fatti sopra sono tratti da realtà editoriali piccole che si affacciano al mercato correndo molti rischi. Quello che non riesco a capire è come mai questi esempi non sono portati avanti dalle grandi case editrici italiane.

Come è nato il progetto con orecchio acerbo?
Avevo conosciuto Fausta Orecchio durante il master presso la Fabbrica delle Favole a Macerata e lei aveva mostrato molto interesse per il mio lavoro. In seguito le scrissi per chiedere se di tanto in tanto avessi potuto inviarle qualche tavola per un commento. La sua risposta mi entusiasmò e in quella situazione rinnovò il suo interesse per il mio lavoro. Tutto questo accadeva all’incirca nel giugno l 2011. Alla fine decisi di inviarle un progetto intero. Sapevo che a Fausta piacevano molto i racconti horror e quindi ne scelsi uno tra gli autori del genere che preferivo, e iniziai a lavorarci. Dopo poche ore dall’invio del materiale ricevetti il suo invito a incontrarci al Children’s Book Fair di Bologna.

Come è stato illustrare Allan Poe?
Illustrare un autore classico non è mai un compito semplice. Confrontarsi con un grande autore spesso mette in soggezione. Si ha quasi la sensazione di essere supervisionati dall’autore stesso. Il racconto che ho scelto, Mai scommettere la testa con il diavolo (Never Bet the Devil Your Head) presentava molti punti interessanti da illustrare ma allo stesso tempo estremamente difficili. Le caratteristiche che più mi colpiscono nei racconti di Poe sono lo humor nero, la drammaticità della fine dei suoi personaggi (per lo più vittime di sé stessi) e l’atmosfera in cui difficilmente si riesce a distinguere dove finisce l’onirico e dove inizia la realtà. In questo testo Poe narra in prima persona le vicende di un suo amico, Toby Dammit (notare il gioco di parole nascosto nel nome Dammit: Damn it) il quale ha il brutto vizio di scommettere la propria testa con il Diavolo per qualsiasi inezia. Il finale è ovvio: il Diavolo compare e si prende ciò che Dammit gli doveva. La difficoltà di questo racconto sta nel fatto che, nella prima parte, Poe si prende gioco dei critici che gli rimproveravano l’assenza di morale  nei suoi racconti. È da questa critica che nasce la storia di Dammit. Durante la redazione dello storyboard, mi ripetevo continuamente che dovevo trovare un punto di vista per illustrare l’esposizione delle critiche rivolte a Poe. Allo stesso tempo volevo creare un punto di contatto tra la prima parte del racconto e la storia di Toby Dammit. La parte del testo che più attirava la mia attenzione era il finale. Poe si limita a descrivere l’epilogo della storia con una frase: «quindi feci riesumare il signor Dammit e lo vendetti come carne per cani». Questa frase mi aprì letteralmente un mondo. Nell’epilogo Poe descriveva con poche parole un viaggio, ovvero il percorso che lui stesso aveva fatto dal cimitero fino a una fabbrica di mangimi per vendere il cadavere del suo amico. È stata questa per me la giusta chiave di lettura per illustrare la prima parte della storia. C’è anche una piccola visione profetica: nella tavola dove Poe va in giro con la sua carriola, c’è un tipo che dorme sulla panchina e il testo descrive una scena di povertà; quel tizio l’ho fatto volontariamente simile a Poe, perché l’autore muore povero in canna su una panchina di un parco.

Le tecniche usate?
Ho preferito usare una tecnica che mi permettesse di lavorare molto il colore. Una delle mie priorità era quella di creare l’atmosfera giusta. Dopo varie sperimentazioni sono giunto alla conclusione che per la resa del libro, come me lo ero immaginato, la tecnica a olio facesse al caso mio. Generalmente penso che adattare il proprio registro (quindi tecnica, disegno, composizione) all’esigenza, sia la maniera migliore per interpretare un testo.

La collaborazione con l’editore?
Onestamente auguro a ogni illustratore di lavorare con un editore come Orecchio Acerbo. Fausta Orecchio e Simone Tonucci li avevo già conosciuti a Macerata. Quando arrivai all’appuntamento nello stand della casa editrice al Bologna Children’s Book Fair, come ogni esordiente, il timore di non soddisfare le aspettative dell’editore si faceva sentire. Durante la fiera gli editori sono sempre super impegnati e anche se hai un appuntamento, a volte, ricevi delle risposte “al vetriolo” dettate dall’enorme stress che si genera in queste situazioni. Questo però non è accaduto nel mio caso. Sono stato accolto dallo staff e subito messo a mio agio. La discussione ha preso immediatamente un tono informale e vista la calca di gente che c’è sempre allo stand di Orecchio Acerbo, abbiamo deciso di visionare i lavori in uno dei cortili della fiera. Lì è iniziato un rapporto magnifico tra editore, illustratore e il resto dello staff della casa editrice.

Trattandosi di un racconto di Poe, il pubblico cui si rivolge l’albo non è certo quello infantile. Cosa cambia nell’illustrazione per adulti rispetto a quella per i bambini?
Generalmente si pensa che un libro per bambini debba essere molto colorato, con personaggi graficamente semplici e divertenti, e questo in parte è vero. Credo però che non si possano mettere limiti a un bambino, perché la sua immaginazione e la sua capacità d’interpretare un testo e un’immagine spesso sbalordiscono. Si tende sempre a vedere la dimensione immaginativa del bambino come una semplificazione di quella dell’adulto e questo è sbagliato. Sono stato spesso destabilizzato nel constatare il modo in cui un bambino s’immedesima nei personaggi e nel testo di un albo illustrato.

Qui la recensione di Mai scommettere la testa con il diavolo.

Qui le altre interviste

Mai scommettere la testa con il diavolo – Edgar Allan Poe

Recensione di Manuela Di Vito

Nonostante non sia del tutto colpa sua, dato che la madre «faceva del suo meglio per non fargli mai mancare una bella legnata», Toby Dammit è uomo corrotto sin dalla nascita, tanto che a un anno di vita «non solo insistette per farsi crescere i baffi, ma aveva contratto una tendenza a imprecare e bestemmiare, nonché il vizio di scommettere a sostegno delle proprie affermazioni».
Dopo una breve e ironica dissertazione sull’opportunità che in una storia sia presente una morale, il narratore comincia a parlare del suo corrotto amico partendo dal suo infausto destino che, anno dopo anno, lo ha portato alla rovina. Toby Dammit prende il vizio di infilare assurde scommesse in tutte le frasi che pronuncia finché pian piano sembra assestarsi su una formula che diviene la sua preferita: «Ci scommetto la testa con il diavolo». Il suo amico cerca mille volte di redimerlo: «L’anima del signor Dammit era in pericolo. Decisi di far ricorso a tutta la mia eloquenza per salvarla», ma senza successo.
Come va a finire questa triste storia non è difficile da immaginare. La novità dell’albo uscito a fine febbraio per Orecchio Acerbo sta però nelle immagini che accompagnano il racconto di Edgar Allan Poe, uscito per la prima volta nel settembre 1841 sul «Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine».
L’illustratore Giacomo Garelli innesta le sue tavole nel racconto ma non ne viene soggiogato e decide di narrare a modo proprio la storia di Toby Dammit. Il suo racconto comincia infatti dalla fine: l’immagine spettrale dell’entrata di un cimitero è la prima a presentarsi al lettore ed è seguita da quella di un uomo che sta per infilare la pala nella terra già smossa.
Poi una bara aperta e solo dopo Dammit bambino in un accesso di rabbia. Potrebbe sembrare che da qui l’illustratore abbia deciso di seguire il filo della narrazione ma questa impressione viene subito smentita perché a interromperne la linearità giungono periodicamente immagini che mostrano un uomo, il nostro narratore, che cammina per la città spingendo una carriola. La sua destinazione, però, ci verrà rivelata solo alla fine in un crescendo di smarrimento e angoscia.
Garelli rimane indipendente dunque e segna ogni singola scena con il suo personalissimo timbro. In alcune tavole l’esasperazione della prospettiva sottolinea la dimensione irreale in cui si svolge l’azione. Il punto di vista è ora in basso poi in alto, mentre la telecamera virtuale qui si allontana e lì si avvicina tanto da cogliere minuscoli particolari, come una mano che lancia soldi in aria e che può considerarsi l’emblema del vizio di Dammit di scommettere, ma può anche indicare la presenza costante e nascosta del Male, nel racconto e nella vita.
Poiché è proprio del Male, della «sua strisciante presenza negli impulsi dell’uomo, nella sua stessa natura, ma anche nella stessa Natura, che Poe continuamente si interroga mostrandone il segreto lavorio», ci ricorda Goffredo Fofi nella postfazione.
E Garelli sembra cogliere l’angoscia insita nella percezione di questa presenza costante nonché nella convinzione «della sua prevalenza, del suo predominio» nella vita dell’essere umano, anche attraverso una citazione dell’Urlo di Munch all’interno di una delle tavole centrali.
Un racconto oscuro ma dai risvolti ironici e grotteschi che le immagini hanno saputo amplificare restituendo al lettore amante del genere l’atmosfera cupa e surreale della narrazione.

Nota sull’illustratore
Giacomo Garelli nasce ad Ancona trentaquattro anni fa. Dopo gli studi artistici, si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2007. Prosegue nella sua formazione a Macerata dove, dopo due anni di studio per poter insegnare, viene selezionato al Master in illustrazione per l’editoria – Ars in fabula. Attualmente lavora come illustratore free lance. Mai scommettere la testa con il Diavolo è il suo libro di esordio.
http://www.giacomogarelli.com/

Qui la nostra intervista a Giacomo Garelli
Qui il nostro approfondimento sulla casa editrice orecchio acerbo

Mai scommettere la testa con il diavolo – Edgar Allan Poe
Illustrazioni di Giacomo Garelli 
Traduzione di Elena Fantasia
Postfazione di Goffredo Fofi
Orecchio acerbo, 2013
pp. 52, 15 euro