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Le otto montagne – Paolo Cognetti

Stiamo leggendo Le otto montagne di Paolo Cognetti (Einaudi, 2016).

le_otto_montagnePaolo Cognetti ha scritto una bellissima e potente storia d’amore, tra lui e la montagna, tra un padre e un figlio, tra due amici che si scoprono, si perdono e si ritrovano  tra vette innevate e salite ardite. Si cammina e ci si arrampica, si suda e si soffre, si ascoltano i suoni della notte gelida e del ghiacciao che si ritira, si resta senza fiato per la fatica e per la bellezza inaspettata di un paesaggio. Si riflette sulla propria esistenza e si resta incantati. Un romanzo prezioso, da leggere prendendo il ritmo di una salita, una pagina dopo l’altra, per fermarsi solo quando si è arrivati in cima.

Alzavamo lo sguardo soltanto alla fine degli alberi. Sulla spalla glaciale il sentiero si ammorbidiva, e uscendo al sole incontravamo gli ultimi villaggi alti. Erano posti abbandonati o quasi, anche peggio di Grana, se non per una stalla in disparte, una fontana che ancora funzionava, una cappella ben tenuta. Sopra e sotto le case il terreno era stato spianato e le pietre raccolte in cumuli, e poi scavati canaletti per irrigare e concimare, e terrazzate le rive per farne campi e orti: mio padre mi mostrava queste opere e mi parlava con ammirazione degli antichi montanari. Quelli arrivati dal nord delle Alpi nel Medioevo erano capaci di coltivare la terra a quote a cui nessuno si spingeva. Possedevano tecniche speciali e una speciale resistenza al freddo e alle privazioni. Ormai nessuno, mi disse, sarebbe più riuscito a vivere lassù d’inverno, come per secoli avevano fatto loro.
Io osservavo le case diroccate e mi sforzavo di immaginare gli abitanti. Non riuscivo a capire come mai qualcuno avesse scelto una vita tanto dura. Quando lo chiesi a mio padre lui mi rispose nel suo modo enigmatico: sembrava sempre che non potesse darmi la soluzione ma appena qualche indizio, e che alla verità io dovessi per forza arrivarci da solo.
Disse: – Non l’hanno mica scelto. Se uno va a stare in alto, è perché in basso non lo lasciano in pace.
– E chi c’è, in basso?
– Padroni. Eserciti. Preti. Capi reparto. Dipende.

Quando mia madre finì il suo racconto mi vennero in mente i ghiacciai. Il modo in cui mio padre me ne parlava. Lui non era uno che tornava sui propri passi, né amava ripensare ai giorni tristi, però certe volte, in montagna, anche su quelle montagne vergini dove non era morto nessun amico, guardava il ghiacciaio e qualcosa nella sua memoria veniva a galla. Diceva così: che l’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.

Paolo Cognetti è nato a Milano nel 1978. Da anni vive tra Milano e una baita a duemila metri. È stato alpinista e matematico, e a volte pensa di non avere mai smesso di essere nessuno dei due. Ha lavorato nel cinema indipendente milanese come autore di documentari, sceneggiatore e montatore di cortometraggi, cuoco. Insieme a Giorgio Carella è fondatore della casa di produzione cameracar. Ha deciso di fare lo scrittore in un cinema parrocchiale, dopo la proiezione del film L’attimo fuggente, nel 1992. Ha passato gli anni successivi alla ricerca del suo capitano, fino al giorno in cui, nel 1997, ha scoperto Raymond Carver. Da allora ama la letteratura americana e scrive racconti. Con Sofia si veste sempre di nero (minimum fax, 2012) è stato finalista al Premio Strega. Le otto montagne è diventato subito un caso letterario ed è in via di traduzione in 30 Paesi.

Qui la nostra intervista nel 2013 a Paolo Cognetti.

Qui il post dove Paolo Cognetti racconta la genesi di Le otto montagne.

Le otto montagne
Paolo Cognetti
Einaudi, 2016
pp.199, € 18,50