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I consigli per l’estate dei Serpenti: Lorena Bruno

di Lorena Bruno

Alda Merini e Giorgio Manganelli: consigli di lettura sulle tracce di due grandi autori

Quando si parla di letture estive, c’è chi pensa a libroni che si ha finalmente il tempo di divorare, e chi invece in vacanza vuole solo piluccare, come si fa con le riviste, quando si legge questo o quel pezzo, magari che parli di libri. E allora l’Antologia privata di Giorgio Manganelli diventa irrinunciabile per chi voglia saltare da un articolo a un brano di narrativa e poi a un “improvviso per macchina da scrivere”.
estrositàEcco come nasce: per una raccolta che poi venne pubblicata da Rizzoli nel 1989, l’autore scelse brani tratti dai suoi libri di narrativa, risvolti di copertina e articoli usciti su vari giornali; a questi in seguito sono stati aggiunti altri pezzi scritti dopo quell’anno e editi nel 2015 da Quodlibet. L’Antologia fa pendant con Le estrosità rigorose di un consulente editoriale curate da Salvatore Silvano Nigro e pubblicate pochi mesi fa da Adelphi; lì si scoprono i retroscena del laboratorio del consulente editoriale, dello scrutatore libresco che collezionava le proprie schede di valutazione e nel frattempo attendeva alla propria attività di scrittore, qui invece si ritrova Manganelli nelle sue sfaccettature: il recensore, il narratore, il pensatore della letteratura.
Il volume di Quodlibet presenta piacevolissime sorprese, come la recensione alle Lezioni americane di Calvino, che Manganelli scrisse per Il Messaggero nel 1988, individuando in quelle pagine «un testo letterario che parla di letteratura» e sottolineando la «chiarezza» dello stile dell’autore:

«Libro stupendamente duplice, un testo letterario che parla di letteratura.
[…]
Diviso in cinque capitoli intitolati ad altrettante immagini letterarie – leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità – questi vogliono esser letti, credo, come Cinque Lezioni Fantastiche, magari le prime cinque di una Mille e una notte critica».

antologiaNell’Antologia privata si leggono anche recensioni ardue come quella della Divina Commedia, riflessioni sul mistero di Omero, su cosa voglia dire leggere i russi, sul perché Pinocchio sia un eroe negativo e con quali espedienti narrativi Collodi insiste sulla sua solitudine.
In questi scritti Manganelli mette nero su bianco alcune questioni fondamentali della letteratura, i suoi sono incisi che si rivelano imprescindibili: «Lavorare alla letteratura è un atto di perversa umiltà», dice, «Se qualcuno non ama le grammatiche, non prendetelo sul serio, né come lettore, né come scrittore», o ancora «Non credetegli quando dicono che lo scrittore deve adoperare una lingua che tutti devono capire. Non la deve capire nessuno!». Oltre il critico letterario, emerge il teorico della letteratura.
La raccolta contiene inoltre il discorso che Manganelli tenne nel 1973 al convegno su “Jung e la Cultura Europea”, dove specifica che il suo è un intervento che si può «allegare ad una cartella clinica», in cui rinuncia a essere presentato come professore, perché «il professore non è dalla parte della letteratura, è dalla parte della cultura». Con questo intende condannare la prassi studentesca dell’imparare date di nascita e morte degli autori, e quel nozionismo cieco che non conduce allo scoperta delle lettere. La letteratura consiste piuttosto nella contestazione e, per quanto oggetto di conflitti continua pur sempre a vivere, «non è possibile sopprimerla come non è possibile sopprimere né i propri sogni, né la propria nevrosi». E in questo consiste la letteratura, nella nevrosi, perché rappresenta il sintomo della cultura moderna.
«Ed ecco qui un altro conflitto: io sospetto che voi siate, psicologicamente parlando, sani, e questo mi è insopportabile. Solo nella misura in cui voi siete in qualche modo nevrotici noi possiamo riuscire a capirci. Io spero che voi siate torturati da forme spaventose di nevrosi. Spero che abbiate degli incubi, perché è in quegli incubi che noi abbiamo qualcosa da dirci, perché è lì che la letteratura funziona».

È forse il linguaggio della nevrosi e dell’incubo che ha accomunato Giorgio Manganelli e Alda Merini, nel loro scambio sulla letteratura. Il pensiero corre alla poetessa sebbene Maria Corti inviti a non pensarla in tal senso, perché «è necessario resistere alla tentazione di dilatare leggende che fioriscono sulla follia, il disordine mentale, l’orrore quotidiano come miti dell’immaginario: la scrittura, la poesia è un dato che prepotentemente mette nell’ombra ogni cronaca coi suoi eventi».
vuotoTuttavia Merini torna alla mente per il suo legame con Giorgio Manganelli, a cui ha dedicato la raccolta Vuoto d’amore. Nell’edizione Einaudi (1991) possiamo leggere l’Introduzione di Maria Corti, preziosa per capire l’intreccio della poetica di Merini con le vicende della sua vita. Scrive Corti: «Allora ogni sabato pomeriggio lei e Manganelli salivano le lunghe scale senza ascensore del mio pied-à-terre in via Sardegna e io li guardavo dalla tromba della scala: solo Dio poteva sapere che cosa sarebbe stato di loro». Aggiunge che Manganelli aiutò la poetessa in un percorso di faticosa coscienza di sé, in cui la scrittura doveva avere la meglio sui fantasmi che l’agitavano e che a volte la portavano nelle stanze del manicomio; quando ne uscì, telefonò a lui per primo, che la salutò con un «Ciao rediviva!».

In alcuni versi incontriamo la sua sagoma riconoscibile:
[…]
perciò tu che mi leggi
fermo a un tavolino di caffè,
tu che passi le giornate sui libri
a cincischiare la noia
e ti senti maestro di critica,
tendi il tuo arco
al cuore di una donna perduta.
Lì mi raggiungerai in pieno.

Vuoto d’amore, sebbene dedicato a Manganelli, raccoglie liriche per altri amori di Merini, quello per le figlie e per gli uomini che ebbe accanto, testi in cui ricorrono i temi della terra e del ventre, della tempesta e delle zolle, dove la scrittrice «semina parole» e «lascia impronte».

Se si vuole andare ancora in cerca della voce della Merini – ironica e poetica –, e dei suoi pensieri per Manganelli, consiglio anche Le parole di Alda Merini, pubblicate da Stampa Alternativa (1991), dove si incontrano brani di prosa che sanno di stralci di lettere e diari intimi:
«Ti vorrei parlare, Giorgio, di certi solchi di neve, di certi fondali da teatro, di certe demenziali rappresentazioni, ma lei è tornata e posso specchiarmi nella sua follia e capire in fondo che ne sono responsabile io sola e che io sola posso servirti».
La relazione tra i due non durò e presero strade divergenti. Vennero nuovi amori e nuovi libri. Tuttavia si può scorgere nei testi il comune sentire riguardo alla letteratura, vagheggiare i motivi delle conversazioni e dello scambio di due grandi protagonisti della nostra cultura.