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Silvia Geroldi, un vulcano di idee per adulti e bambini

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi 

di Rossella Gaudenzi

Silvia Geroldi

Silvia Geroldi

«Mi chiamo Silvia Geroldi, quasi milanese, raccolgo immagini, sono curiosa, diramo, domando, gioco».
Silvia Geroldi, un vulcano in ebollizione. Scrive e si occupa di laboratori espressivi per adulti e bambini. Sperimenta con inchiostri, carta, parole. Tre blog all’attivo per altrettanti progetti: measachair; Haiku Seduti sotto la luna; all’ombra.

Nel gennaio 2016 è uscito il tuo libro Senza ricetta. Nella cucina di Marta (Bohem Press, illustrazioni di Giuseppe Braghiroli), da un’idea di Pino Pace e Monica Monachesi in collaborazione con la Fondazione Zavrel di Sàrmede. Si spalanca una finestra sul mondo dell’haiku, quasi fosse un amico esotico, e dei tuoi laboratori di “haiku per gioco”. Ci riallacciamo così al tuo blog Haiku seduti sotto la luna. Come, quando e perché hai subìto la fascinazione dell’haiku? Puoi offrire qualche dettaglio per i “non ancora proseliti”?
Avevo sentito parlare di questa antica forma poetica giapponese, ma non mi ero mai soffermata. Del resto, non posso dire di essere un’assidua lettrice di poesia, nonostante la mia formazione umanistica, e queste tre misteriose righe, icastiche e apparentemente semplici, possono sconcertare all’inizio. Si pensa: Tutto qui? Oppure: Cosa mi sfugge?
È stato l’incontro con lo scrittore Pino Pace e con il suo Un gatto nero in candeggina, raccolta di haiku per bambini, ad accendere il mio interesse verso le composizioni in 5/7/5 sillabe. Prima di tutto mi è venuto spontaneo giocare io stessa; poi ho composto haiku con mia figlia, che allora aveva sei anni; infine, ho coinvolto gli amici di web e il gioco dell’haiku è diventato virale.
Ora il blog Haiku seduti sotto la luna, da un’idea di Viviana Violo, ospita composizioni di bimbi e adulti, ma anche testimonianze di insegnanti che hanno sperimentato in modi diversi questa forma poetica.
Da qualche anno conduco laboratori utilizzando anche gli haiku. L’approccio è ludico. Si compone collettivamente, da soli, sulle stagioni, sugli squali. Si gioca con una sola regola (5/7/5) e i ragazzini scoprono con sorpresa di esserne capaci, di avere in tre righe un piccolo, volendo folle, spazio di libertà di parola.

senza-ricetta
Questo spirito dissacrante è confluito in Senza ricetta. Nella cucina di Marta. Devo all’editrice l’efficace idea di inanellare i cinquantaquattro haiku in un sottile filo narrativo, rendendo il libro adatto anche ai più piccoli. E ringrazio moltissimo Giuseppe Braghiroli per aver creato il personaggio di Marta, talmente vivido da essere mio complice in ogni situazione: in classe, in libreria e persino in caotiche fiere.
Mentre procedo con il mio lavoro insieme ai bambini (e agli adulti giocosi!), cerco di studiare gli autori classici giapponesi, con umiltà e il fortissimo sospetto che tra il testo a fronte in lingua originale e la traduzione svolazzino significati, simboli e riferimenti culturali a me lontanissimi e forse irrecuperabili.
Ottima scusa, questa, per riscoprire a mio conforto il filone della poesia giocosa: i limerick di Lear, le rime di McGough e, in Italia, i bellissimi nonsense di Toti Scialoja.
Recentemente è stato un piacere parlare di questo mio percorso di ricerca trasversale tra vari generi in occasione di un incontro organizzato dalla Biblioteca dell’Università Cattolica di Piacenza. Pare ci sarà un secondo incontro in autunno e ne sono molto felice, credo ci sia da fare molto lavoro per avvicinare il mondo della scuola e quello della letteratura contemporanea per l’infanzia e mi fa piacere dare un piccolo contributo.

Proseguiamo con il progetto Measachair, insolito e particolare: «Non indicherò la sedia che sono (ne cambio molte nel corso della giornata) ma la sedia che vorrei essere. Scelgo la sedia Broadway di Gaetano Pesce. Leggera, non particolarmente comoda, pronta a salire sulle molle. Ogni pezzo è un pezzo unico, creato in maniera sintetica e dall’effetto magmatico, una mescolanza di tinte accese e contrastanti. Una sedia femminile e colorata, risultato di una ricerca interessante in bilico tra artigianato industriale e pop. È sedia ma si muove, sa fermarsi ma può darsi alla fuga in qualsiasi momento». Ci racconti cos’è Measachair, “io come una sedia”?
Measachair rappresenta il momento in cui ho avuto consapevolezza del piacere di raccontare partendo da ciò che osservo e dalle relazioni che creo. Per lungo tempo ha soddisfatto il mio bisogno di comunicare, che attualmente ha preso altre forme, altre vie.
Nasce inizialmente come progetto a quattro mani insieme a Camilla Catarzi, poi l’ho proseguito da sola. L’idea è quella di utilizzare la sedia e più in generale ogni tipo di seduta, come simbolo o metafora. Identificarsi in una sedia, una poltrona o un divano è più semplice di quanto si creda. Ci sono gambe, schiena, talvolta braccia. Una sedia vuota aspetta. Due sedie, una di fronte all’altra, sono in dialogo. E se si danno le spalle? Hanno litigato! Si potrebbe continuare all’infinito, alimentando il gioco basandosi su forme, contesti, ricordi. Il blog raccoglie piccole narrazioni, citazioni letterarie e interviste, il tutto corredato da iconografia a tema.

Illustrazione di Roberta Cadorin

Illustrazione di Roberta Cadorin

Le interviste, in particolare, sono la parte più corposa e significativa nella mia esperienza. C’è stato un tempo in cui scrivevo a perfetti sconosciuti, selezionati secondo criteri del tutto umorali e in ogni settore, proponendo uno strano questionario. Chi sei e cosa fai? Che sedia sei? Mi regali una sedia della tua vita? Certamente sono stata creduta stramba, ma chi ha risposto si è spesso sorpreso a comporre insieme a me un racconto di sé inconsueto, divertente e persino profondo. L’intervista è relazione, tu lo sai bene, e ogni volta è occasione di crescita. Anche quando l’empatia non scatta o quando l’intervista viene negata. Tuttora ho contatti, anche professionali, con alcune delle persone con cui ho chiacchierato.
Oggi però fatico a mantenere la freschezza e lo spirito spericolato con cui ho iniziato il progetto, ecco perché al momento è in pausa. Dovrei appenderci un cartello “Torno subito”, perché ne sto studiando l’evoluzione ma non conosco, al momento, i tempi.

Il terzo blog All’ombra è quello personale. Perché il dominio stimadidanno? Eccoci, nuovamente, a un nome bizzarro. Perché questo nome e quali sono i contenuti del blog?
Capisco la tua confusione! Stima di Danno è stato a lungo il mio nickname su facebook, quando ero ancora terrorizzata dalle questioni legate alla privacy, ed era stato scelto abbastanza casualmente ispirandomi al mio lavoro d’ufficio in uno studio peritale. Come fossi finita lì è storia lunga e noiosa, sono felice di risparmiartela. Ci è voluto un po’ di lavoro sull’autostima per scrivere firmandomi con nome e cognome, e ora direi di aver superato abbondantemente ogni timore di espormi! Ma il dominio ormai era quello ed è parte della mia storia.
I contenuti? All’ombra è il posto dove parlo di me. Progetti, pubblicazioni, recensioni, descrizione e calendario dei laboratori, ogni tanto qualche narrazione della realtà che mi circonda. È un blog molto milanese e lo dico con tutto l’affetto possibile verso una città che mi permette, ogni tanto, di rinascere in forma nuova.

Spenderesti qualche parola per i verbi con i quali ti contraddistingui? Tralasciando l’essere curiosa, visto che l’elemento della curiosità sottende tutta la nostra chiacchierata.
Raccogliere immagini. Il mio primo lavoro è stato in agenzie di graphic design. Anche se avevo un ruolo commerciale e non creativo, ho sempre posto molta attenzione a tutto ciò che concerne il linguaggio visivo, la grafica, l’arte. Penso per immagini, curo per me stessa raccolte iconografiche su temi specifici utilizzando la piattaforma tumblr, la stessa forma dell’haiku è definibile come “fotografia in parole”. E considero la collaborazione con gli illustratori una delle parti più interessanti e divertenti del mio lavoro.

 The Daily Muse: Cordula Kagemann, Mixed Media / Collage Artist - elusivemu.se)

The Daily Muse: Cordula Kagemann, Mixed Media / Collage Artist – elusivemu.se

Diramare. Avrai capito che il mio curriculum professionale non è lineare. Ciò comporta due aspetti. Primo, non mi sento mai totalmente preparata su un argomento. In passato questo fatto ha generato in me molta insicurezza e quasi un’afasia emotiva. Secondo, ho la tendenza a sviluppare progetti correlando temi, punti di vista e tecniche espressive apparentemente distanti. Non è semplicissimo comunicare certe mie “visioni”. Bene, ho deciso di rassegnarmi alla superficialità (ma studio di nascosto) ed enfatizzare le caratteristiche più sperimentali. Come? Accogliendo gli altri nei miei percorsi, siano essi illustratori, classi di terza elementare, insegnanti bilingui o adulti che hanno voglia di provare. Tutto questo, oggi e con una certa incertezza a cui ho imparato a voler bene, lo chiamo lavoro.
Domandare. L’esperienza delle interviste di Measachair è stata epifanica. Prima di allora, e senza il filtro del web, non avevo mai avuto il coraggio di far domande significative. Domande vere, quelle che muovono idee e contatti. Non avevo mai avuto la spensieratezza per avvicinare persone e temi che mi interessavano davvero, non avevo chiesto consigli autorevoli o proposto uno dei miei progetti bizzarri. È stato un percorso lungo, che mi ha regalato motivi di riflessione e relazioni umane, mi ha fatto incassare insuccessi senza che crollasse il mondo e mi ha insegnato a propormi meglio. Evviva il web!
Giocare. To play: mettere in scena. Giocare implica il confine non sempre esplicito che delimita uno spazio di libertà. Il buon gioco comporta equilibrio tra leggerezza e controllo: bisogna allenarsi. Faccio parte di quella metà del mondo che pensa che un bel (buon) lavoro si manifesti con grazia proprio tra questi due poli: istinto e consapevolezza. A questo tendo, scegliendo e vivendo, e non attribuisco nessun valore formativo alla sofferenza.

Di quali libri hanno bisogno i bambini e i ragazzi di oggi?
Hanno bisogno di buone parole e buone immagini intorno a loro. Proposte sfaccettate, varie, curate, accessibili. Hanno bisogno di adulti per i quali i libri siano oggetti normali, normali quanto respirare, e non manufatti sacri e nobilitanti. Hanno bisogno di biblioteche scolastiche. Di classici e di contemporanei, di storie e di poesia, di Geronimi e testi controversi. Hanno bisogno di sapere che gli scrittori vivono in mezzo a loro (e non mordono).

silvia geroldi

Qual è l’ultimo libro acquistato che ti ha piacevolmente colpita?
Non compro quasi mai libri appena usciti. L’iperproduzione dell’industria editoriale mi terrorizza e sono uscita traumatizzata dalla libreria Acqua Alta di Venezia. Per questo in libreria seguo percorsi tutti miei, vagando come una rabdomante al grido di “io ti salverò”. Detto questo, rispondo: Nico Orengo, Il salto dell’acciuga, Einaudi.

Quali libri ci sono sul tuo comodino, di qualsiasi genere, per grandi e piccini?
C’è ressa. I libri sono molti e sgomitano per ottenere attenzione: Daniel Pennac, Abbaiare stanca (acquistato usato, come spesso mi capita). Lo sto leggendo ad alta voce a mia figlia (8 anni), che non ha ancora la pazienza per affrontare romanzi.
Sto leggendo in parallelo: Franco Lorenzoni, I bambini pensano grande (Sellerio). L’ho sospeso per qualche tempo perché ultimamente ho condotto diversi laboratori con i piccoli e, per contrasto, ho bisogno di staccare dall’argomento “infanzia”. Valerio Massimo Visintin, Cuochi sull’orlo di una crisi di nervi (Terre di Mezzo). Il punto della situazione sugli aspetti sociali, culturali, economici del mondo della ristorazione da parte di uno scrittore-giornalista del settore.
Tre letture da iniziare, suppongo che le condurrò contemporaneamente: Alessandra Racca, Consigli di volo per bipedi pensanti (Neo). Stefano Laffi, Crescere nonostante (Edizioni dell’Asino). Mark Twain, Wilson lo svitato e I gemelli straordinari (Mattioli).
In consultazione perenne: Guida illustrata agli alberi, Vallardi (usato). Tito Balestra, Se hai una montagna di neve tienila all’ombra, (Garzanti).