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San Francisco, dove i sogni non hanno limiti

di Emanuela D’Alessio 

Sono capitata a San Francisco due volte negli ultimi vent’anni, ma solo adesso,  dopo aver letto il bellissimo libro San Francisco, ritratto di una città di Elena Refraschini, uscito qualche mese fa per Odoya, ho finalmente conosciuto questa splendida città.
Elena Refraschini non ha scritto una guida turistica ma un intenso libro di viaggio, di quelli da tenere sempre aperti mentre ci si incammina alla scoperta di un luogo magico e misterioso come può essere San Francisco.
È un racconto in dieci capitoli di una città che può essere svelata attraverso numerose lenti di ingrandimento: dalla letteratura alla musica, dalla demografia alla criminalità, dall’architettura al cinema, passando per le proteste giovanili e i movimenti per i diritti. Insomma ce n’è per tutti i gusti ed esigenze.
Un racconto di San Francisco ma anche un caleidoscopio attraverso cui osservare la storia e le trasformazioni sociali di una collettività e dei suoi valori.
Un libro che trasmette amore e passione per il viaggio e la scrittura, lieve e rigoroso, fluido e avvincente. Un libro che riesce a restituire al lettore il senso più intimo e variegato di un luogo. Un libro prezioso.

Ne abbiamo parlato direttamente con l’autrice.

Leggendo il tuo ritratto di San Francisco l’idea che mi ero fatta della città, dopo un paio di visite negli ultimi vent’anni, si è rivelata assai parziale e inadeguata. Quanto tempo hai impiegato per costruire la tua consapevolezza e restituirci questa intensa e accurata rappresentazione?
Direi che il “mosaico” di San Francisco ha iniziato a prendere forma, per me, nel momento in cui ho incominciato a esplorarne la letteratura, verso i tredici anni. Sì, sono una delle tante ex adolescenti stregate da Sulla strada di Kerouac! Ogni viaggio, ogni esperienza in terra californiana negli ultimi quindici anni mi ha poi permesso di addentrarmi nelle storie della città. Ho iniziato a lavorare al libro tre anni fa, e ora eccoci qui.

Tra le moltissime citazioni che hai utilizzato per introdurre i dieci capitoli che raccontano San Francisco, mi piace partire da quella di Joan Didion in premessa: «Un luogo appartiene per sempre a chi lo reclama con più forza, lo ricorda più ossessivamente, lo strappa da se stesso, gli dà forma, lo interpreta, lo ama in modo così radicale da ricrearlo a sua immagine». Qual è la San Francisco che hai ricreato tu?
Amo particolarmente quella citazione perché descrive il rapporto che ho con i luoghi che sento più miei, San Francisco su tutti. Spero di aver ricreato la San Francisco eccentrica che è stata terreno fertile per tante delle cose che amo, dalla letteratura più raffinata agli eventi più assurdi che si possano immaginare. Per dirne una, giusto a Pasqua alcune drag queen vestite da suore (sono una vera istituzione a San Francisco, si chiamano Sisters of Perpetual Indulgence) hanno eletto il “Gesù muscoloso” dell’anno, ed è solo l’esempio più recente.

San Francisco ha 800.000 abitanti e solo 300 anni di storia. Eppure è la città dove i sogni non hanno limiti. Come è possibile?
Io credo che la percezione del paesaggio dia forma alle vite di chi lo abita. Così come l’America è stata percepita come una tela bianca da riempire per gli europei, così è stata la West Coast per gli americani. E nel contesto della West Coast, nessun luogo incarna quanto San Francisco quell’idea del reinventarsi, del mettersi in gioco, del rischiare il tutto per tutto. Una volta che ti sei lasciato alle spalle tutto il mondo conosciuto e sei arrivato sul bordo del continente, davanti a te soltanto l’oceano pacifico, io credo che questo influenzi la tua bussola interna.

Hai percorso per lungo e largo la città tracciando innumerevoli “mappe” tematiche, ma iniziamo da quelli che hai chiamato i primi “vagiti” di San Francisco. Ce ne parli brevemente?
Credo che San Francisco non abbia bisogno di miti di fondazione, perché la sua nascita sembra davvero materia leggendaria. Prima del 1848, San Francisco era solo un villaggio di casupole dove viveva qualche famiglia. Poi nel letto dell’American river vennero trovate delle pepite d’oro. All’inizio i responsabili volevano tenere la cosa segreta, ma non dovevano essere stati troppo bravi. Da quel momento, migliaia di sognatori – americani prima, poi da tutto il mondo – accorsero a San Francisco con sogni di ricchezza, fondando una città che aveva più bordelli e ristoranti che luoghi di culto. Non è meraviglioso?

Con il tuo libro si può scegliere il percorso più congeniale per scoprire la città, con un occhio di riguardo alla storia e il costante confronto con il presente. Si può scegliere la mappa criminale o quella demografica delle innumerevoli nazionalità, il percorso delle “rivoluzioni” e delle proteste giovanili o quello dell’architettura, per non parlare della lente letteraria o musicale attraverso cui ingrandire luoghi e atmosfere. Qual è la tua mappa preferita, quella con cui ami scoprire o riscoprire San Francisco?
La mappa che è più nelle mie corde e che percorro sempre in città è quella letteraria. Ho sempre amato la letteratura di viaggio e in generale gli scrittori in grado di restituirmi un senso del luogo, quindi sfioro tutti quegli angoli di San Francisco come se fossero parti di casa mia.
Ma una città va vista attraverso diverse lenti per essere apprezzata nella sua complessità, e credo che il libro offra idee in abbondanza per chi decidesse di visitarla. Ci si può lasciar guidare dall’amore per il cinema, dalla voglia di scoprire gli specchi d’acqua più nascosti e, perché no, dalla passione per il cibo!

Dici, giustamente, che il crimine di una città ci mostra la sua pancia (underbelly), la sua parte più sordida ma anche la più vulnerabile. Ebbene, qual è l’underbelly di San Francisco oggi?
Il Tenderloin. Si tratta di un quartiere bistrattato, fino a pochi anni fa nessun visitatore osava andarci. Io ci ho passato un’estate lavorando presso un’associazione no profit che si occupava dei senzatetto, e me ne sono innamorata. Si tratta sicuramente di un quartiere duro: la violenza e la povertà sono davanti agli occhi, gli spacciatori non si nascondono nemmeno. Contiene però alcune storie davvero speciali, e negli ultimi anni si sta investendo tanto per renderlo un quartiere più sicuro anche per le famiglie che ci vivono.

Invece hai individuato in Telegraph Hill il centro poetico della città. Ci spieghi che cos’è e perché?
Telegraph Hill è il mio posto nel mondo. Si tratta di una collinetta vicino alla costa, non è nemmeno la più alta ma è sicuramente la più bella. Si chiama così perché un tempo c’era un telegrafo sulla sua cima, oggi invece c’è la Coit tower che avrete visto in centinaia di foto. Mi piace andarci la mattina presto, prima che arrivino i turisti, e semplicemente sedermi e leggere un libro, cullata dal suono del vento che smuove le fronde dei cipressi. A volte si vedono ancora i piccoli pappagalli verdi che una volta vivevano solo qui. Davvero un posto magico.

Macondray Lane

Volendo soffermarci sulla mappa letteraria di San Francisco, ci sono almeno tre percorsi da seguire, che finiscono anche per confondersi: i luoghi (penso alla storica libreria City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti, tempio della poesia e della beat generation), i libri che parlano della città e gli scrittori, poeti e intellettuali che sono vissuti a San Francisco. A quale di questi vuoi dedicare un cenno particolare?
Non sono in grado di scegliere, sono tutti e tre così essenziali per cogliere lo spirito della città! Se parliamo però di librerie, suggerirei ai “viaggialettori” in visita a San Francisco di dare un’occhiata anche alla Book Passage, alla Green Apple Books e alla Dog Eared Books, che sono le mie librerie preferite in città. Nella prima che ho citato, la Book Passage nel Ferry Building, troverete anche il mio libro.

Hai usato anche una mappa emotiva per parlare della città. Seguendola dove si arriva?
Seguendo la mia mappa emotiva di San Francisco (che include però anche vari luoghi attorno alla baia) credo si possa raggiungere una consapevolezza del luogo che va oltre ai leoni marini del Pier39 e ai cable car, abbracciando anche i lati meno conosciuti della città.

Che cosa vuole diventare o è già diventata San Francisco?
San Francisco è già diventata una città per miliardari, soprattutto a causa dell’influsso della vicina Silicon Valley. E se da una parte sta perdendo quello spirito eccentrico e anarchico di cui ho parlato, dall’altra credo sia importante riconoscere tutta una serie di istituzioni e persone che stanno lavorando per mantenerlo in vita. In fondo, credo di aver scritto questo libro per far conoscere i loro sforzi.

Ci saranno altri “ritratti” dopo San Francisco?
Non ho in programma altri ritratti di città, ma continuo a parlare di San Francisco nel mio blog Storie di San Francisco (link: storiedisanfrancisco.it). All’orizzonte, poi, ci sono altri progetti legati sia a San Francisco che ai viaggi in generale. Ma sono un po’ scaramantica, quindi aspetterò a parlarne.

Domanda d’obbligo per i Serpenti: che cosa c’è in questo momento sul tuo comodino?
Il recente Bookpride ha dato nuova linfa al mio scaffale dei libri per sognare luoghi lontani: oltre alla rivista Freeman’s, che ho sempre letto in inglese ma che finalmente è uscita in Italia grazie ai ragazzi di Black Coffee, sto leggendo le “Storie di Parigi” di Franco Ricciardiello (Odoya), “Milano di carta” di Michele Turazzi (il Palindromo), e “Artico Nero” di Matteo Meschiari (Exorma). Sto poi rivisitando tutto Bill Bryson in preparazione di un prossimo viaggio. Insomma, non so come il mio povero comodino sovraccarico possa non avermi ancora disertata!

Le prossime presentazioni di San Francisco. Ritratto di una città

10 maggio: Legnano, contrada San Bernardino
15 maggio: Busto Arsizio, Libreria Boragno
24 maggio: Catania, Libreria Il Vicolo Stretto
31 maggio: Bologna, Festival Itaca sul turismo sostenibile

Altri aggiornamenti sulle presentazioni sono anche sulla pagina facebook di Storie di San Francisco.