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Cosa leggiamo a Natale 2017. I consigli dei Serpenti

Emanuela D’Alessio

Dopo la recente lettura di Il paradiso degli animali di David James Poissant (traduzione di Gioia Guerzoni), la straordinaria raccolta di racconti che NN ha pubblicato nel 2015, proseguo con Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman (traduzione di Gioia Guerzoni), sempre per NN editore.
Molte le analogie tra i due libri: sono simili i titoli e le copertine (entrambe verdi e con due illustrazioni di uccelli variopinti), sono raccolte di racconti.
C’è, infine, il virgolettato di David James Poissant in quarta di copertina: «Le storie di Megan Mayhew Bergman sono riflessioni delicate e piene di forza sul significato dell’essere soli e dell’essere innamorati, spesso allo stesso tempo. Paradisi minori tocca le mie corde più profonde ed è la più bella raccolta di racconti dell’ultimo decennio».
Non dò mai molta importanza agli endorsement fra scrittori, ma ogni tanto si può fare un’eccezione.

Rossella Gaudenzi

Non ho resistito al richiamo di Paolo Cognetti e alla tradizionale Fiera romana Più libri più liberi ho acquistato Il ragazzo selvatico in una nuova edizione di Terre di Mezzo impreziosita dalle suggestive illustrazioni di Alessandro Sanna. La suddivisione in stagioni e capitoli dal titolo essenziale e quasi tangibile, come Neve, Orto, Notte, Fieni, Capre, hanno fatto presa su di me più dell’idea della storia, che segue il filo della ricerca di sé.

Incuriosita dalla nuova collana di Edizioni Clichy Rive Gauche – Fiction e non-fiction americana, a cura di Tiziana Lo Porto, proseguirò con la lettura del primo titolo della collana Figlie di Brooklyn di Jacqueline Woodson (traduzione di Tiziana Lo Porto): una storia al femminile nella New York dei primi anni Settanta.

Continua la lettura appassionata e illuminante dei classici per ragazzi della BUR, a cura di Antonio Faeti, rigorosamente in edizione integrale. È una lettura sorprendente diventata per me un vero nutrimento, non dimenticando Italo Calvino: «Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani».

Dopo la lettura recente di Il giardino segreto, L’isola del tesoro, La guerra dei bottoni, Pattini d’argento, mi attendono per Natale Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery e Il mago di Oz di L. Frank Baum.

Pierluigi Lucadei

Sognando la luna di Michael Chabon (traduzione di Luciana e Margherita Crepax, Rizzoli)
Un uomo anziano, alla fine dei suoi giorni, racconta la propria vita al nipote. Si tratta di una vita straordinaria, piena di amore, violenza, inganni e grandi sogni, come quello di conquistare la Luna; la vita di un piccolo grande uomo del Novecento, che difficilmente sarebbe stata ricordata se il nipote non si fosse chiamato Michael Chabon. Allora la storia di un nonno diventa un romanzo picaresco, uno dei migliori dello scrittore americano, e come sempre tra la verità e la finzione a vincere è la letteratura.

4 3 2 1 di Paul Auster  (traduzione di C. Mennella, Einaudi)
Dopo un lungo periodo di assenza dal romanzo, Paul Auster torna con un’ambiziosa opera di quasi mille pagine in cui alla storia di Archie Ferguson, ragazzino della provincia americana innamorato di New York, vengono concessi quattro diversi e plausibili percorsi, che partono dall’anno di nascita (il 1947, lo stesso dell’autore) per toccare l’assassinio di Kennedy, la guerra in Vietnam, l’idealismo e la ribellione degli anni Sessanta. 4 3 2 1 affronta il tema preferito di Auster, quello dell’identità, con una scrittura limpida e insieme vertiginosa.

Il modo di dire addio  di Leonard Cohen  (Il Saggiatore)
Ogni occasione è buona per tornare a Cohen, che dopo la sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti gli amanti della canzone d’autore. Non si può non accogliere commossi, dunque, il nuovo volume pubblicato da Il Saggiatore che mette insieme conversazioni e interviste inedite che toccano tutto lo scibile coheniano e svelano un mondo interiore fragile e composito, dolorosamente dedito alla ricerca della bellezza. Curato dal giornalista americano Jeff Burger, con una scritto di Francesco Bianconi dei Baustelle.

Mont Plaisant di Patrice Nganang (traduzione di Maurizia Balmelli, 66thand2nd)
Nei giorni scorsi Nganang è stato arrestato per essersi espresso in modo critico nei confronti del presidente del Camerun Paul Biya e delle sue politiche nei confronti della minoranza anglofona camerunense. Evidentemente la voce di uno scrittore fa particolarmente male a un politico al potere da trentacinque anni, già accusato da Amnesty International per le ripetute violazioni dei diritti umani. Il romanzo Mont Plaisant, recentemente pubblicato in Italia da 66thand2nd, racconta di una giovane donna che studia negli Stati Uniti ma torna nel suo Paese per indagare le origini del nazionalismo camerunense.

Un libro di storie sospese

di Elena Refraschini

Esce oggi per Rizzoli  La libreria delle storie sospese, il primo romanzo di Cristina Di Canio, la vulcanica libraia di Il Mio Libro, in Via Sannio 18, a Milano.  

Alle 10:30 tutti alla “scatola lilla” di Cristina per festeggiare.

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Conobbi Cristina Di Canio una mattina soleggiata di qualche anno fa, spinta dalla curiosità verso quella piccola libreria vicino Porta Romana che aveva lanciato l’iniziativa di cui tutti parlavano, il “libro sospeso”.
Mi trovai davanti un piccolo vulcano, una giovane donna piena di entusiasmo e di amore genuino per i libri, con lo sguardo luminoso proprio di chi sta gestendo venti attività e ne sta già pensando altre quaranta.
Innumerevoli eventi (tra i quali anche il primo ciclo milanese di Cosa si fa con un libro?) e oltre seicento libri sospesi dopo, eccoci qui: l’entusiasmo di Cristina sembra triplicato, ora che è uscito per Rizzoli il suo primo libro, La libreria delle storie sospese.
A essere sincera, prima di iniziare la lettura non sapevo bene cosa aspettarmi. Le librerie sono invase da prodotti di bassa qualità, scritti da autori improvvisati che non sono nemmeno stati aiutati da un editing decente. Certo, fare la libraia non è come fare la cuoca o l’attore o – rullo di tamburi – lo youtuber, su questo non ci piove: ad ogni modo, lo scrittore ha un mestiere diverso.
Già con due pagine alle spalle, posso tirare un sospiro di sollievo: il libro è ben scritto, e viene naturale lasciarsi trasportare in quel magico Paese delle Meraviglie – come l’ha definita Marco Missiroli in quarta di copertina – che è la “scatola lilla” di Cristina.
La storia, per la maggior parte, è proprio quella della libraia: Nina, così si chiama, è proprietaria della libreria di quartiere, è vegana, ha una nipotina di nome Asia, non ama i numeri. Vi troviamo anche il libro sospeso: due clienti della scatola lilla iniziano a scambiarsi libri in regalo come messaggi segreti, violando per una volta la regola che prevede la totale anonimità di mittente e destinatario. Gli episodi più assurdi (la madre che abbandona il figlio di cinque anni in libreria, il pazzo che parla con Dio…) sono troppo assurdi per essere inventati, e infatti non lo sono.
libreria_coverLa libreria delle storie sospese, però, non è affatto un diario. Non solo perché la voce narrante non è quella della stessa Nina ma di Adele, un’anziana signora che ha preso la libreria come il suo “ospedale dell’anima”. Ma soprattutto perché sarebbe riduttivo parlare di questo libro come della storia di una libraia: certo, è la storia di una giovane che ha realizzato il proprio sogno, ma è anche la storia di chi c’era prima di lei, la storia dei giovani immigrati dal sud Italia, delle canzoni del fermento operaio, delle case di ringhiera; la storia di un quartiere che cambia, che poi è quella di tanti quartieri a Milano così come in tutta Italia. Chi conosce Cristina non faticherà a trovare le somiglianze tra il racconto e la vita reale, ma questa è una storia che nella sua semplicità aspira a essere universale.

Partiamo dall’inizio: com’è nata l’idea di scrivere La libreria delle storie sospese?
Non avevo assolutamente, come si dice, un libro nel cassetto. Galeotta fu una cena a cui partecipai un anno fa: in quell’occasione si chiacchierava del libro sospeso e iniziai a raccontare di questi due clienti che, per un periodo, si sono scambiati libri. La storia è piaciuta, e da quella siamo partiti. L’idea originale, poi, è cambiata: lavorando con Stefano Izzo e Benedetta Bolis, sono arrivata dove non sarei riuscita da sola. Per esempio, all’inizio era Nina a raccontare la storia, ma ci siamo resi conto che avremmo avuto l’opportunità di raccontare una storia più grande se fosse stata l’ottantenne Adele a parlare. La storia di Adele, che era davvero un’amica della libreria, è quella dei miei genitori e dei miei nonni.

Infatti, questa non è solo la storia di Nina e della sua libreria, ma è anche quella di un intero quartiere.
Io sono nata e cresciuta qui, in una casa di ringhiera. Erano i miei genitori, venuti dal Sud, a leggere i cartelli “non si fitta ai meridionali” di cui racconta Adele nel libro, e sempre loro si sono conosciuti praticamente litigando quando erano vicini. Quella della casa di ringhiera è una vita fatta di storie: ho sempre amato le storie, sin da quando mi addormentavo sulle ginocchia di mia madre mentre chiacchierava con le amiche nell’androne. Soprattutto sono affascinata da come erano le cose una volta, com’è cambiata nel tempo qualcosa che vivi nella tua quotidianità pensando che sia sempre stata così. Penso allo scalo di Porta Romana, per esempio, ma è così per così tanti luoghi in Italia.

Nel tuo lavoro di libraia avrai conosciuto centinaia di scrittori. Ti sei ispirata a qualcuno nel tuo stile?
Non ho preso modelli particolari durante la stesura del libro, però ho cercato di giudicarlo come i libri che vendo: quelli che mi piacciono di più sono i libri che raccontano una bella storia, e che sono autentici. Ho cercato quindi di scrivere nel modo che sentivo più vicino a me, e ho fatto molta attenzione ai dialoghi, perché non risultassero finti.

Ora che sei anche un’autrice, vedi il tuo lavoro come libraia e i libri in modo diverso?
Assolutamente sì. Ho sempre amato e rispettato i libri perché sono il mio lavoro e perché dietro c’è il lavoro di tante altre persone. E sono sempre stata affascinata dal fatto che uno stesso libro, quando entra in contatto con persone diverse, diventa una storia diversa, più personale. Come Adele, che ha davvero letto Il giovane Holden mentre allattava in ospedale. Ma oggi, un libro esce ed è praticamente già un malato terminale. Deve fare il botto entro due mesi. Ma perché non posso permettere a qualcuno di scoprirlo sei mesi dopo l’uscita? Capita a volte che qualcuno entra in libreria chiedendomi dove siano le novità. Ma se tu non hai mai letto un libro, per te sarà sempre una novità! Almeno per quanto riguarda la narrativa. Questa esperienza mi ha fatto toccare con mano la fatica che sta dietro la produzione del libro, dall’autore, all’editor, alla revisione delle bozze, alla grafica di copertina. I librai hanno risposto molto positivamente, e sono felicissima e spaventata al tempo stesso.

Girerai per le librerie dei tuoi colleghi per promuovere La libreria delle storie sospese?
Sì, dal 20 maggio più o meno girerò l’Italia, e sono felice di conoscere nella vita reale tanti colleghi che conosco solo virtualmente. Sarà emozionante poter parlare di questa storia nelle loro librerie, a loro volta piene di altre storie.

Cosa leggiamo a Natale. I consigli dei Serpenti (3)

I consigli di Elena Refraschini

Quest’anno la mia non è una lista di “libri imperdibili” da leggere o regalare a Natale. Semplicemente, voglio condividere con voi alcuni libri che mi stanno facendo riflettere sul periodo natalizio alle porte.

Gesù il ribelle di Reza Aslan (traduzione di S. Galli, S. Reggiani, L. Taiuti, Rizzoli, 2013)
Il primo: Zealot di Reza Aslan, pubblicato in Italia da Rizzoli con titolo Gesù il ribelle. La genesi di questo libro è piuttosto curiosa: si tratta di uno studio approfondito della vita in Galilea ai tempi di Gesù, sulla sua vita secondo le fonti storiche in nostro possesso, su come si è potuti passare dal personaggio storico – figlio illegittimo, poi analfabeta lavoratore alla giornata – alla figura centrale di una delle religioni monoteistiche più importanti al mondo. Libro estremamente interessante, ma non certo materia da best seller. Eppure è stato per settimane nella classifica dei più venduti del New York Times, negli Stati Uniti. Perché? È presto detto: l’autore ha partecipato a un’intervista tanto terribile da risultare imbarazzante al canale conservatore Fox news. Il video, diventato virale, è stato visto un milione e mezzo di volte e ha fatto schizzare alle stelle le vendite del libro. Lasciando da parte il passaparola creato dai social, Reza Aslan conduce una ricerca rigorosa che ha il pregio di lasciarsi leggere come un romanzo. Ho acquistato questo volume in una delle più belle librerie di Gerusalemme, la Educational Bookshop, appena fuori dalle mura della città vecchia. Avevo chiesto al giovane libraio di consigliarmi un titolo che mi portasse alle radici di tutto il sangue versato nella sua millenaria città. Un’intera sezione della libreria è naturalmente dedicata al conflitto israelo-palestinese, ma questo gli è sembrato un buon titolo da cui partire, e non posso che dargli ragione.

canto_pianuraL’etnologia del Natale di Martyne Perrot (Elèuthera, 2012)
Il secondo titolo è un sempreverde che ripesco dalla mia biblioteca in questo periodo: L’etnologia del Natale di Martyne Perrot, pubblicato da Elèuthera nel 2012. Come suggerisce il titolo, si tratta di un’indagine appassionata e appassionante su questa festa, dalle origini pagane fino alla svolta consumistica del secolo scorso. Un rito che ha cambiato volto parecchie volte nel corso della sua storia e che non smette di affascinare.

Canto della pianura di Kent Harouf (traduzione di F. Ascari, NN editore, 2015)
Durante le vacanze, invece, cambierò decisamente genere, toni e collocazione geografica: tornerò a Holt, in Colorado, insieme a Kent Haruf. Mi sono innamorata della sua scrittura spoglia con Benedizione, e sono sicura che il nuovo Canto della pianura non deluderà le mie aspettative.

I consigli di Sabina Terziani

Le variazioni Reinach di Filippo Tuena (Nutrimenti, 2015)
Come raccontare la storia di una famiglia che ha percorso tutta la strada dalla Parigi di Proust fino al campo di sterminio di Auschwitz? Tuena sceglie di far parlare i frammenti, orchestrandoli per variazioni, rispetto a un nucleo che, nella successione delle tessere del mosaico, varia e si lascia afferrare sempre diverso. Sono molte le somiglianze con un altro romanzo familiare uscito qualche anno fa, Un’eredità di avorio e ambra di Edmund de Waal (Bollati Boringhieri, 2011, trad. Carlo Prosperi). Eredità, anche qui è la parola chiave, ma la struttura del racconto biografico è lineare, tradizionale, paragonata alla polifonia di Tuena, che fa esplodere la narrazione. I Reinach-De Camondo qui, gli Ephrussi nel romanzo di de Waal, Vienna, Parigi, famiglie-mondo.

Asterusher, autobiografia per feticci di Michele Mari e Francesco Pernigo (Corraini Edizioni, 2015)
E poi una storia con tante figure che fanno godere gli occhi.  Borges ci apre la porta delle case di Mari, Poe la chiude. Entri chi vuole, dice il primo; non vedete le crepe? dice il secondo, quando arriviamo alla fine dell’esplorazione. Oggetti, spazi domestici, atmosfere. La didascalia come risonanza dell’immagine. È necessario amare Mari per deliziarsi di questo libro? Sì. È indispensabile.

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IL COMODINO DEI SERPENTI –
Il comodino di Pierluigi Lucadei (ottobre 2015)

IL COMODINO DEI SERPENTI – Rubrica dedicata ai libri sul comodino

Il comodino di Pierluigi Lucadei

Pierluigi Lucadei (San Benedetto del Tronto, 1976) di mestiere fa il medico legale, ma scrive da molto tempo prima di diventare medico. Si occupa di musica e letteratura sul Mucchio Selvaggio, sul blog minima&moralia e sul quotidiano online Il Mascalzone. Nel 2014 ha pubblicato, per Galaad,  Ascolti d’autore, raccolta di venticinque interviste ad altrettanti scrittori, tra i quali Hanif Kureishi, Michael Chabon e Niccolò Ammaniti, sul tema della musica, con una postfazione di Nicola Lagioia.

Oltre al libro che sto leggendo, sul mio comodino trovano sempre posto dei libri già letti che, di tanto in tanto, torno ad aprire per una rilettura a salti, mirata o casuale che sia. Si tratta di raccolte di racconti, saggi musicali, biografie. Oppure dei miei romanzi preferiti.

Tutto potrebbe andare molto peggio, Richard Ford (Feltrinelli, 2015). È il libro che sto leggendo in questo momento, preso in prestito da mio padre, dopo averglielo regalato per il suo compleanno. Il Frank Bascombe di Richard Ford condivide con il lettore il suo sguardo di ghiaccio e tanto basta per immortalare un momento, quello del dopo uragano, che rischia di far crollare le certezze dell’uomo medio oltre che la sua abitazione. Pagina dopo pagina, sembra di essere lì, sulla costa del New Jersey spazzata da Sandy, a misurare il peso del superfluo, a inventariare lo sporco di una vita e a capire che rimorsi, lutti e sconfitte valgono lo scintillio di una gioia inespressa.
Frase sottolineata: «Di un bell’uragano che va per le spicce si può dire che rimette la vita in prospettiva. Vale sempre la pena di notarlo, quando non ci sentiamo precisamente come credevamo che ci saremmo sentiti. Facile a dirsi, naturalmente, dal momento che io non abito più qui».

I racconti, John Cheever (Feltrinelli, 2012). I sessantuno racconti che nel 1979 sono valsi il Premio Pulitzer allo scrittore del Massachusetts mettono in scena la tragicità di una middle-class intrisa di mondanità e da essa come immalinconita, abbandonata, deturpata. L’agognato sogno americano è la trama su cui si legano le esistenze virate in blu dei personaggi, persi in un senso di attesa che raramente si materializza, colti più spesso nell’attimo della lotta per non corrompere la propria anima. C’è nei racconti un circospetto pessimismo, una disperazione non urlata, apparentemente sotto controllo, ingabbiata negli ingranaggi della modernità e lì relegata al silenzio.
Frase sottolineata: «Cash cantò, pregò, e si mise in ginocchio, ma in chiesa non riusciva mai a sentire altro che la propria estraneità al regno dell’infinita misericordia di Dio, e, a dire il vero, non credeva nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo più di quanto ci creda il mio bull-terrier».

La fortezza della solitudine, Jonathan Lethem (Il Saggiatore, 2010). Jonathan Lethem è figlio di un artista e di un’attivista politica che negli anni Settanta fecero la scelta controcorrente di andare a vivere in un quartiere di Brooklyn a netta maggioranza afroamericana. Proprio come Dylan Ebdus, il protagonista de La fortezza della solitudine, romanzo con la rara capacità di contenere un mondo, magnificamente reale e allo stesso tempo fantastico. Superati i trent’anni, trovo sempre più difficile restare inchiodato a un romanzo così come mi succedeva quando di anni ne avevo diciotto. Con La fortezza della solitudine è successo: l’ho letto alcuni anni fa e l’onda della sua suggestione continua a cullarmi, tanto che da qualche settimana il libro è tornato sul mio comodino, pronto per essere riletto.
Frase sottolineata: «Sfuggendo alla mia ferita avevo affamato la mia vita, mi parve improvvisamente di capire. Mi perdevo in finte e schermaglie a cinquemila chilometri dal fronte interno».

Bardot Deneuve Fonda, Roger Vadim (Rizzoli, 1986). Una delle autobiografie più piacevoli che possa capitare di leggere. Roger Vadim aveva il dono della leggerezza, nel cinema, nella scrittura, nella vita. Anche quando raccontava fatti drammatici, lo faceva con la consapevolezza di poter cogliere l’irripetibilità di un attimo e tramutare il destino in stile. Scandaloso pigmalione, ha molto vissuto e molto amato, soprattutto donne bellissime, soprattutto bionde. Brigitte Bardot, Catherine Deneuve e Jane Fonda sono quelle che ha scelto per riassumere un’intera esistenza passata a sedurre donne e a orchestrare la loro ascesa a mito.
Frase sottolineata: «Non mi rendevo conto che le donne, ossessionate dall’amore eterno, temono molto le nuove relazioni. «Mi amerai sempre?» significa: «Ti prego di non lasciarmi innamorare di qualcun altro». Per la maggior parte degli uomini, queste parole dimostrano che essi hanno il dominio incontrastato del cuore di una donna. Ma è vero esattamente il contrario».

Badlands, Alessandro Portelli (Donzelli, 2015). Se è vero che buona parte dell’America continua ad avere un’idea di se stessa che non corrisponde al vero, le canzoni di Springsteen non si sono mai tirate indietro dallo smascherare questo equivoco. Alessandro Portelli, professore di Letteratura angloamericana alla Sapienza, mette in relazione versi e musica del Boss con il contesto storico, culturale e sociale, misurando con competenza e rigore la distanza tra il sogno americano e una realtà fatta di cecchini giovani ed impauriti mandati ad uccidere in guerre inspiegabili (“Devils & Dust”), di uomini alienati ed annientati dal lavoro in fabbrica (“Factory”) o di gente ammazzata solo per il colore della pelle (“41 Shots”).
Frase sottolineata: «Se c’è un punto in cui Bruce Springsteen rompe decisamente con la tradizione della letteratura e del cinema americano è qui: non si fugge via dalle donne e via dalla società; si fugge in due, uomo e donna insieme, gettando i semi utopici di un mondo altro di cui la coppia è l’embrione».

Qui gli altri comodini.

Il comodino di Pierluigi Lucadei

Il comodino di Pierluigi Lucadei