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Le parole chiave di effe – Intervista a Carlotta Colarieti

di Emanuela D’Alessio

Con Carlotta Colarieti, editor e curatrice di effe – Periodico di Altre Narratività, abbiamo fatto il punto su un progetto editoriale che in cinque anni si è inserito a pieno titolo nel mondo delle riviste letterarie. Le parole chiave sono: la ricerca di voci inedite da affiancare  a voci già note, l’abbinamento tra racconto e illustrazione, la pubblicazione cartacea senza ristampe, la distribuzione diretta, il rapporto personale con i librai.
effe è un progetto auto-sussistente che riesce a finanziare ogni nuova uscita con le vendite del numero precedente.

Tra gli autori comparsi nei sette numeri di effe ci sono: Paolo Cognetti, Luca Ricci, Enrico Macioci, Athos Zontini, Riccardo Gazzaniga, Paolo Zardi, Vins Gallico, Demetrio Paolin.
Tra quelli che invece hanno scritto su effe da esordienti e poi sono arrivati alla pubblicazione ci sono: Luciano Funetta, Elisa Casseri, Gianni Agostinelli, Elvis Malaj e Alessandra Minervini.

Il numero #effe8 è in preparazione. Il tema scelto è Disobbedienza.

Illustrazione di Alessandra De Cristofaro

Nel viaggio tra le riviste letterarie indipendenti, compiuto da Il Libraio nei mesi scorsi, una tappa è dedicata anche a effe, il semestrale di narrativa inedita illustrata di cui sei editor e curatrice. Proviamo a definire rivista letteraria? E qual è lo stato di salute di cui godono attualmente le riviste letterarie in generale?
Il compito di una rivista letteraria dovrebbe essere quello di sondare gli umori della scena narrativa contemporanea garantendo contenuti inediti – racconti di autori emergenti affiancati da nomi noti, nel caso specifico di effe – a cui i lettori, e talvolta anche gli addetti ai lavori, non sono ancora giunti.
A rendere unico il ruolo delle riviste letterarie che danno spazio agli esordienti è proprio la loro funzione di primo filtro e di raccordo tra le diverse figure che ruotano intorno alle storie: l’autore inedito, che ha la possibilità di confrontarsi con una redazione, con tutto ciò che questo comporta (sofferenza compresa); il lettore, che si ritrova tra le mani materiale narrativo impossibile da reperire altrove, perché in gran parte costituito da firme ancora non pubblicate; l’addetto ai lavori, che può interessarsi a una rosa di voci nuove e sempre diverse con la garanzia di una prima e durissima selezione.
Attualmente le riviste letterarie in Italia sembrano andare alla grande, godendo anche di una certa crescente considerazione tra gli editori. Il prezzo di questa condizione è il fatto che le riviste letterarie che hanno reali legami con il mondo editoriale sono relativamente poche, e che in passato, tra gli altri, anche progetti molto validi hanno ceduto al peso della fatica e dei costi, non sempre sostenibili.

effe, costola della storica rivista online Flanerí, è rigorosamente su carta. Perché questa scelta apparentemente in controtendenza?
Ora come ora gli aspiranti autori – e non solo loro – hanno la possibilità di accedere facilmente a un pubblico di lettori senza dover passare per la mediazione di qualcuno. Ovviamente si tratta di una condizione vantaggiosa solo in apparenza: quando tutti hanno visibilità, nessuno ce l’ha veramente.
La percezione della mancanza di un filtro che stabilisca la qualità di ciò che viene pubblicato online fa sì che anche quelle realtà che si occupano di scouting e di narrativa con uno sguardo professionale fatichino a conquistare l’attenzione dei lettori, persino di quelli più attenti, che ogni giorno si trovano di fronte a infinite possibilità di lettura, ma con lo stesso identico tempo da dedicargli.
Per noi la scelta della carta va di pari passo con i suoi limiti: pubblicare su carta significa affrontare un investimento in termini economici, dover programmare tutto con molto anticipo e occuparsi della distribuzione in libreria, tutte cose che impegnano tempo e persone a vari livelli. Ed è per questo che pubblicare autori esordienti su carta equivale a legittimarli: scommettere a ogni uscita su un numero ridotto di voci che nessuno conosce ma che devono rispondere a un livello qualitativo alto, in grado di reggere il confronto con gli autori noti che pubblicano su effe i loro racconti inediti.

A cinque anni dalla prima uscita, con sette numeri all’attivo e un altro in preparazione, possiamo trarre un bilancio e fornire qualche numero. Ad esempio, quanti racconti sono stati pubblicati, quante copie della rivista sono state vendute, quanti librai hanno recepito la rivista mettendola in vendita nella loro libreria, quanto costa tutta l’operazione?
Su effe sono passati 62 racconti e altrettanti autori, molti di più – circa un centinaio – gli autori provenienti dallo scouting della redazione che poi hanno pubblicato i loro racconti nella sezione di narrativa inedita di Flanerí. Abbiamo quasi terminato le copie degli scorsi numeri, molte sono state vendute tramite lo shop online di 42Linee, lo studio editoriale che si occupa della redazione del volume e per il quale molti di noi lavorano, moltissime altre tramite le circa quaranta librerie indipendenti nelle quali siamo distribuiti. Fare un preventivo sarebbe impossibile: i costi variano a seconda della foliazione di ogni singolo numero. Dopo cinque anni
però, possiamo affermare che effe è un progetto auto-sussistente che riesce a finanziare ogni nuova uscita con le vendite del numero precedente.

Illustrazione di Daniela Tieni, effe #3

Le caratteristiche più evidenti di questo originale progetto editoriale sono l’abbinamento racconto-illustrazione (che fa venire in mente la rivista WATT, ideata da Leonardo Luccone e Maurizio Ceccato), l’individuazione di un tema per ogni numero, l’accostamento tra esordienti sconosciuti e scrittori già affermati. Se ce ne sono altre ti prego di aggiungerle, provando anche a spiegarne il perché.
Un altro aspetto al quale teniamo moltissimo è il rapporto con i librai, ogni uscita è a tiratura limitata, non sono previste ristampe e le copie, dal quarto numero in poi, sono tutte numerate. Inutile dire che il nostro lavoro non servirebbe a nulla se non avessimo librerie di qualità alle quali appoggiarci. Ci avvaliamo di una distribuzione diretta, il che significa che siamo noi stessi a gestire i rapporti con i librai e le libraie. Non è solo una questione di praticità: parlare con chi ha un contatto diretto con i lettori, ascoltare quello che hanno da dire, scegliersi a vicenda, muoversi con gli autori in giro per l’Italia, sono iniziative fondamentali per l’identità del progetto, la cui indipendenza passa anche da queste scelte.

Soffermiamoci sugli aspetti organizzativi e operativi. Quante persone sono coinvolte nel progetto e quali sono i ruoli identificati.
Oltre a me, la redazione è composta da Dario De Cristofaro, direttore editoriale e editor, Francesco Scarcella, editor, Alessandra De Cristofaro, art editor, Giulia Zavagna, redattrice e traduttrice per effe #7 e la nostra new entry Silvia Bellucci, ufficio stampa.

Quali sono i criteri di selezione dei racconti che decidete di pubblicare?
Di un autore ci interessa prima di tutto la cifra, non deve rispondere a caratteristiche prestabilite ma deve possedere un tono deciso e personale. Ovviamente in una rivista che si occupa di short stories anche la costruzione del racconto è fondamentale ma tutti gli autori sono seguiti da un editor prima della pubblicazione e tutti i racconti vengono editati. In generale posso dire che discutiamo molto prima di arrivare alla formazione definitiva di ogni singolo numero.

Illustrazione di Irene Rinaldi del racconto di Gianni Agostinelli, effe #2

La rivista pubblica racconti italiani ma anche di scrittori esteri. Come funziona lo scouting a livello internazionale?
effe si occupa narrativa italiana e così continuerà a fare in futuro. In occasione dello scorso numero, effe #7, abbiamo deciso di sperimentare guardando all’estero, per farlo ci siamo rivolti a otto traduttori, grazie all’aiuto di Giulia Zavagna – editor e traduttrice per Edizioni Sur e membro della redazione – li abbiamo interrogati riguardo alla loro personale visione di ciò che manca, eppure meriterebbe di essere letto anche qui. Il risultato sono otto racconti di autori assolutamente inediti in Italia da Brasile, Francia, Islanda, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Sudafrica, Turchia e Uruguay. Tutti illustrati da artisti dei rispettivi paesi.

La considerazione che la forma racconto in Italia goda di pessima salute sembra esser sempre più contraddetta dai fatti. Registriamo un vivace fermento di progetti editoriali incentrati esclusivamente sul racconto. Penso al caso più eclatante della casa editrice Racconti edizioni che, tra l’altro, ha appena pubblicato il suo primo autore italiano Elvis Malaj (un suo racconto è uscito proprio su effe). Che cosa ne pensi e che cosa puoi dirci di Elvis Malaj?
I ragazzi di Racconti edizioni hanno capito che la forma racconto può incontrare il favore del pubblico, soprattutto se svincolata dall’eterna competizione con il romanzo, e noi non possiamo che essere d’accordo con loro. Siamo orgogliosi ogni volta che un autore arriva alla pubblicazione dopo essere stato letto per la prima volta su effe, è capitato in passato e speriamo che continui a capitare in futuro.

Che cosa c’è da leggere sui comodini di effe in questo momento, cominciando dal tuo e da quelli degli altri redattori che vorranno rispondere?
Sul mio comodino c’è Teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura (minimumfax), su quello di Dario De Cristofaro c’è Walter Siti con Bruciare Tutto (Rizzoli). Giulia Zavagna sta leggendo Lincoln nel Bardo di George Saunders (Feltrinelli), Francesco Scarcella L’ombra dell’ombra di Paco Ignacio Taibo II (la Nuova frontiera) e Silvia Bellucci Mio padre la rivoluzione di Davide Orecchio (minimum fax). Sul comodino di Alessandra De Cristofaro c’è Il mestiere di scrivere di Raymond Carver (Einaudi).

Carlotta Colarieti è nata a Roma, dove vive e lavora. È redattrice editoriale e editor dello studio editoriale 42Linee e curatrice dell’antologia periodica effe – Periodico di Altre Narratività.

 

Qualcunoconcuicorrere: giovanissimi in blog!

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi 

di Rossella Gaudenzi

Ho conosciuto Matteo Biagi, professore di italiano di scuola media e fiorentino di adozione, lo scorso gennaio. L’occasione: Pezzettini. La festa della lettura a Torpignattara; il tema della chiacchierata e dell’incontro: raccontare con tutti i mezzi.  Matteo, appassionato ed entusiasta, ha raccontato la bellissima esperienza del blog qualcunoconcuicorrere.org. che ha fondato nel 2012, Nel 2015, invece, ha dato vita insieme ad altre quattordici persone alla rivista Libri Calzelunghe, dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

Matteo Bianchi

Matteo Bianchi

Approfondiamo queste esperienze a partire dalla tua vocazione, l’insegnamento dell’Italiano a ragazzi tra gli 11 e i 14 anni e la promozione della lettura. Che cosa occorre oggi per essere un buon insegnante, al passo con i tempi? Che cosa alimenta la tua passione per l’insegnamento in questi anni difficili, soprattutto per il mondo della scuola?
Credo davvero che la risposta rischi di apparire banale: innanzitutto bisogna amare questo mestiere, ritenerlo uno dei più gratificanti, e ricordarsi ogni giorno, in mezzo a tutte le difficoltà, che il nostro primo obiettivo è quello di trasmettere ai nostri alunni un po’ della nostra passione. Poi c’è la questione dell’innovazione: occorre conoscere bene le Indicazioni Nazionali,  un documento che lascia spazio a una didattica nuova, e aver voglia di sperimentare.

Che cos’è qualcunoconcuicorrere.org?
È un blog gestito da una redazione di circa venti ragazzi, tra i 12 e i 19 anni. Il lavoro è organizzato e pianificato in questo modo: le uscite settimanali garantite devono essere due, una recensione e un incipit. Gli incipit li cura chi può, spesso io, anche perché è un modo per segnalare le novità editoriali che ci sembrano più interessanti. Le recensioni invece seguono un calendario ben preciso. I ragazzi hanno la totale libertà di scelta dei testi da recensire. In più, quando abbiamo tempo, integriamo con articoli diversi, bibliografie, segnalazioni di film.
Ho chiesto ai redattori di spiegare quale sia, per loro, il valore della partecipazione a questa esperienza. Afferma Vittoria: «Leggere è sempre stata un’azione fondamentale nella mia vita e fin da piccola la vedevo come un qualcosa da fare nella propria intimità. Grazie al blog e al gruppo ho imparato, però, una nuova parola: la condivisione».
Aggiunge Giulia: «Sarò strana, perché se devo essere sincera non conosco quasi nessuno degli altri, ma non credo esista nulla di meglio se non un “luogo” dove ognuno può esprimersi ed essere capito da persone che magari non ti hanno mai visto ma, in un certo senso, sono simili a te in maniera strabiliante. Io il mio posto l’ho trovato in qualcunoconcuicorrere. Mi sento a casa, e non penso esistano sensazioni più belle di questa».

Qual è il riscontro ricevuto dal blog?
Un riscontro davvero inaspettato: in cinque anni di vita ci arrivano testimonianze del fatto che è conosciuto da molti insegnanti che lo leggono nelle classi, da tutti i principali autori per ragazzi, dalle case editrici, alcune delle quali ci inviano i loro testi in anteprima per conoscere il pensiero dei ragazzi. Collaboriamo con diversi festival e abbiamo addirittura pubblicato alcune recensioni su un’antologia scolastica, Controvento di Loescher-D’Anna.

Quali sono state le sorprese più inaspettate e piacevoli ricevute dai ragazzi?
Li ho visti acquisire una sorta di sorprendente professionalità senza che abbiano perso alcunché della spontaneità originaria.

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A far impallidire l’ormai cronica crisi del libro e della lettura c’è l’editoria per bambini e ragazzi, in netta controtendenza. I lettori tra i 6 e i 16 anni sono in crescita. Quali sono secondo te le ragioni di questo fenomeno e perché i giovani lettori, una volta adulti, smetterebbero di leggere?
Mi fa piacere che questa domanda parta da un’analisi veritiera dei dati, almeno facciamo piazza pulita del luogo comune secondo cui i ragazzi non leggono. Se i ragazzi non leggono, figuriamoci gli adulti! Indagare le cause nello spazio di una breve risposta temo non sia semplice, se non al costo di banalizzare, cosa che vorrei evitare. Ma non c’è dubbio che, passata la fase della vita in cui si ha più tempo libero, gli adulti facciano fatica. Il panorama si polarizza tra una nicchia di fortissimi lettori e la maggioranza dei lettori, che legge un libro o due d’estate. Quali ne siano i motivi è difficile dirlo, ma in parte credo c’entri la scuola, che comunque indirizza e stimola curiosità; in secondo luogo, le biblioteche sono divenute luoghi di ritrovo significativi. Musica, tv e cinema, poi, possono essere “ponti” verso la lettura.

Cosa ha aggiunto la paternità al tuo mondo già fatto di libri per bambini e ragazzi?
L’interesse – mai sperimentato prima – per i libri per la fascia zero – tre, che riserva davvero delle sorprese. Con la crescita di Tommaso, poi, arriverò a tutte le tappe successive. Da un altro lato, però, la consapevolezza del fatto che dovrò stare molto attento ad accompagnarlo nella sua formazione di lettore senza essere una figura ingombrante.

libricalzelungheCosa leggevi, tra i dieci e i quattordici anni?
Vuoi la verità? Non molto. La mia formazione di lettore forte è arrivata dopo, al liceo. Dell’età che hai citato tu ricordo qualche classico di avventura: Salgari, Verne, London, I ragazzi della via Pal, Capitani coraggiosi, insomma, niente di diverso da tutti i preadolescenti degli anni ’80.

Volendo dare uno sguardo al futuro, che cosa vedi?
Ci piacerebbe trasformare qualcunoconcuicorrere.org in un’associazione culturale, in modo da radicarci ancora di più e creare per alcuni dei ragazzi la possibilità di trasformare questa esperienza in una professione. Nell’immediato abbiamo un progetto nel cassetto la cui riuscita non dipende da noi, e che per scaramanzia non riveliamo ancora. Diciamo che se si dovesse concretizzare sarete i primi a saperlo.

Hai citato in pratica soltanto ragazze. Nel gruppo ci sono anche ragazzi? E qual è il loro rapporto con smartphone e videogiochi?
Impossibile negare che il gruppo sia in gran parte femminile. Francesco, l’unico citato nella risposta, non è propriamente l’unico: ci sono anche Sebastiano, il nostro critico cinematografico, Enzo e Andrea. In generale posso dire che il loro rapporto con la tecnologia è quello della maggioranza dei coetanei: i redattori del blog oltre a leggere, ascoltano musica, divorano film e serie TV, usano lo smartphone. Credo che la competizione lettura – tecnologia sia un fenomeno da studiare attentamente: non necessariamente si escludono. Spesso gli appassionati di storie le cercano in forme diversificate.

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Cosa c’è da leggere sul tuo comodino e sul comodino dei ragazzi della tua redazione ?
Io sto leggendo L’universo nei tuoi occhi di Jennifer Niven; Federica e Carlotta, due giurate del premio letterario Mare di Libri (www.maredilibri.it), sono impegnate nella lettura dei cinque romanzi in concorso, Emma si divide tra i romanzi in finale allo Strega Ragazzi (parteciperemo alla premiazione) e L’interpretazione dei sogni di Freud. Aurora sta leggendo in anteprima il prossimo volume di Hotspot, Prima che te ne vai e I nostri cuori chimici di Krysthal Sutherland. Margherita è alle prese con Il rosso e il nero, Sarah con Caduto fuori dal tempo di Grossman, l’altra Carlotta con L’arte di essere fragili di Alessandro D’Avenia. Francesco, invece, sta leggendo Tutto ciò che resta di Richmond. Credo che questi esempi (parziali, ne mancano altri) diano il senso della varietà delle loro letture.

ideafelix, compri un libro e finanzi un progetto

di Emanuela D’Alessio

Con ideafelix, la nuova piattaforma editoriale fondata da Felice Di Basilio e Pierfrancesco Pivato, acquistare un libro diventa un’occasione per finanziare un progetto culturale o un laboratorio didattico nelle scuole. Siamo di fronte a un originale invito alla lettura. «È come allungare la vita al libro. La cultura che finanzia la cultura».
Abbiamo chiesto a Felice di Basilio di spiegarci meglio di che cosa si tratta.

Chi sono i fondatori di ideafelix, oltre a Felice Di Basilio? Che cosa li accomuna o li distingue?
Ho fondato ideafelix con Pierfrancesco Pivato, uno straordinario web maker ed esperto di comunicazione. Ci siamo conosciuti il primo giorno di scuola al liceo… ma non siamo soli, insieme a noi c’è anche un gruppo di persone che collaborano, suggeriscono, ci aiutano a capire meglio dove vogliamo andare.

Leggo sul sito: «ideafelix è una piattaforma editoriale che finanzia progetti culturali e laboratori didattici nelle scuole attraverso la vendita delle sue pubblicazioni». Si scelgono prima i libri da pubblicare o i progetti da finanziare?
Arrivano prima i libri, il lungo e paziente lavoro di ricerca di testi che meritano di essere pubblicati o riscoperti. Non c’è niente di più bello che riportare alla luce un testo straordinario, ma completamente dimenticato e associarlo a un progetto culturale. Dare una seconda vita a un testo che a sua volta permette a un progetto di nascere. È come allungare la vita al libro. La cultura che finanzia la cultura. Ma non solo testi dimenticati, anche le novità editoriali sono sotto controllo.

Come avviene l’abbinamento libro-progetto da finanziare?
Non esiste nessun collegamento tematico. Il nostro primo libro Studs Lonigan racconta le avventure di un giovane ragazzo che cerca la sua strada nella vita, tra sogni, amori inespressi e scazzottate in strada. E il primo progetto L’alba della meraviglia è un laboratorio didattico di filosofia nelle scuole elementari. L’associazione arriva nel modo più naturale possibile: il libro scelto si avvicina al progetto che ci ha convinto. Niente di più.

ideafelix non è una casa editrice tradizionale, si mescolano e si sperimentano modalità diverse, ma l’obiettivo finale sembra essere sempre lo stesso: creare un circolo virtuoso tra letteratura, cultura e lettura. Però da questo circolo virtuoso sembrano restare esclusi i librai, anello sempre più debole (soprattutto se parliamo di librai indipendenti) della filiera libro. Esclusione voluta o inevitabile?
No, nessuna esclusione dei librai. Non è nostra intenzione costruire un manifesto ideologico contro il mercato e non è nostra intenzione offrirci come modello alternativo alle librerie. Siamo appena nati e dobbiamo farci conoscere. Spero di trovare presto librerie disposte ad accogliere i nostri libri e il messaggio che rappresentano. Spero di trovare presto librai disposti a condividere con i loro lettori la novità ideafelix – compra questo libro e non stai solo scegliendo una storia, ma finanziando un laboratorio in una scuola elementare. E tutti coloro che sceglieranno di ospitare i nostri libri saranno per forza di cose alleati preziosissimi. Saranno insieme a noi anche presenti sulla nostra piattaforma. La loro scelta sarà una vera partnership.

Il progetto editoriale annunciato prevede la pubblicazione di sei libri l’anno. Il numero è fisso o solo un punto di partenza? Quali sono i criteri di selezione?
Il numero è al momento frutto di equilibri finanziari molto delicati. Possiamo permetterci sei libri e soprattutto a ogni libro dobbiamo dare almeno due mesi di tempo per raccogliere i finanziamenti necessari. È molto simile alla struttura di una piattaforma di crowfunding: la raccolta dura 60 giorni, ma non siamo neanche così rigidi. Se necessario, soprattutto all’inizio, si può allungare. E a differenza di un classico crowfunding non prendiamo commissioni dal progetto finanziato e qualunque cifra raccolta viene devoluta al progettista. La selezione dei libri? Una perfetta commistione di fortuna e gusto.

Il primo titolo disponibile è il romanzo di formazione Studs Lonigan dell’americano James T. Farrell, pubblicato per la prima volta nel 1932. Acquistando il libro si contribuirà a finanziare anche il progetto L’alba della meraviglia, un laboratorio di filosofia per bambini in una scuola elementare romana. Insomma, con ideafelix si affida al libro una duplice funzione culturale, immediata per chi soddisfa il desiderio di lettura, indiretta per chi, attraverso l’acquisto altrui di un libro, soddisfa un altro bisogno culturale. Acquistare un libro su ideafelix, quindi, ci rende “migliori” due volte?
Non so se ci rende migliori, ma senz’altro partecipi. Chi legge, e legge spesso, ha già migliorato molto la sua percezione della realtà. E tra questi chi decide di portare la sua attenzione su proposte editoriali che se acquistate contribuiscono alla realizzazione di progetti culturali, beh siamo davanti a un mondo ideale bellissimo. Mi piacerebbe che ideafelix diventasse un luogo in cui le persone creano profili alle loro idee e tutti insieme si partecipa alla loro realizzazione. Sarebbe un grande gesto di emancipazione, un gesto attraverso il quale la comunità elabora e realizza senza dover ricorrere a prestiti bancari, istituzionali etc., una comunità che attraverso la sponsorizzazione di un testo – comprate e finanzierete – lancia anche un nuovo e originale invito alla lettura.

studs_lonigan

ideafelix ha anche un magazine online, dedicato al fumetto e ai racconti. Quali sono i criteri di scelta?
Ho lavorato molti anni nel mondo editoriale: ho fondato riviste, case editrici, ho diretto e rilanciato progetti editoriali. E nel corso degli anni ho scoperto autori che non avevano un pubblico in Italia, e purtroppo per le leggi del mercato, non lo avrebbero mai avuto. Perché scrivevano solo racconti, perché i loro libri illustrati costano troppo, etc. La forma breve non trova spazio, soprattutto non trova il contenitore editoriale capace di concorrere con altri prodotti più classici. È un bacino vastissimo. Quindi il nostro magazine avrà questo scopo: presentare tutti coloro che non hanno uno spazio. Ci saranno racconti, saggi brevi, fumetti, illustrazioni, fotografie, video, assolutamente inediti e gratuiti per i nostri lettori. Al momento lavoriamo su materiali stranieri, ma è aperta la possibilità anche ad autori italiani che vogliono proporre il loro primo racconto. Gli articoli sul nostro magazine sono anche un modo indiretto di finanziare il progetto culturale: portano traffico e lettori e magari con il tempo, acquirenti.

Quante persone lavorano per ideafelix, come siete organizzati?
Siamo una struttura piccola e “leggera”. La tecnologia porta questo grande vantaggio. Ma i reparti sono gli stessi che si trovano in una casa editrice. Diciamo che tra noi ci sono persone che si occupano di più cose, che hanno una professionalità completa e quindi possono seguire più reparti. Il resto è determinato dalla dimensione della nostra produzione. Al momento siamo in sette.

Si legge che ideafelix è autofinanziata. Eppure di professionalità in campo ne sono state messe parecchie, dal grafico all’esperto web, dal traduttore all’editor, dall’addetto stampa all’esperto di diritti, fino al tipografo. Lavorano tutti gratuitamente?
No, lavorano gratuitamente i soci. Il resto – ufficio stampa, traduttore, social media manager – ricevono il compenso per il loro lavoro. E poi si pagano i diritti di traduzione e ovviamente il tipografo. I soci aspettano. Se l’idea funziona… (ideafelix=ideafortunata).

È ancora troppo presto per fare un primo bilancio dei risultati. Possiamo però parlare di previsioni e aspettative?
Prestissimo per fare previsioni e bilanci. Siamo una piccola start up e come tale consapevoli che tutto possa fermarsi da un momento all’altro. Le previsioni sono misurate sulle agende quotidiane o settimanali. Obiettivi di medio temine ci sono, ma misuriamo solo il lavoro di una singola giornata. Crediamo nella nostra idea, misuriamo la pazienza e la forza di volontà necessaria, e soprattutto la capacità di resistere nei giorni difficili.

Qual è la tua opinione sull’attuale querelle tra Milano e Torino per il prossimo Salone del Libro?
Ma perché c’è qualcuno interessato? Sono dettagli economici e politici, niente di questo è legato alla prospettiva culturale del nostro Paese, o ai desideri dei lettori. Per me il Salone è a Torino, è Il Lingotto. Se lo trasferiscono a Milano lo chiameranno in un altro modo, magari Il magazzino del libro, avrà successo, ma Il Salone è a Torino.

Che cosa c’è da leggere in questo momento sul tuo comodino?
Una confusione di libri. Sfoglio a caso e confesso tutto. I segreti di Roma di Corrado Augias per trovare nuovi itinerari da fare insieme ai miei figli; A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia appena finito di leggere; La pentola dell’oro di James Stephens e La mia vita di uomo di Philip Roth. Non vado oltre, troppa confusione.

Grafias: progetto di informazione editoriale internazionale

di Lorena Bruno e Emanuela D’Alessio

Grafias è un progetto di informazione editoriale internazionale realizzato da Roberta De Marchis, Marisa Di Donato, Pasquale Donnarumma, Francesca Lenti, Federica Perozziello, Cecilia Raneri e Serena Talento. Tutti giovani e talentuosi, con formazione umanistica ed esperienze editoriali, che traducono e pubblicano articoli inediti delle riviste letterarie di tutto il mondo. Scovano voci letterarie sconosciute in Italia, danno evidenza editori e librerie indipendenti di cui non si parla. Grafias è online dal gennaio 2015.

«Grafias è una giovane costellazione in forma di origami», si legge sul vostro sito. Definizione suggestiva. Partiamo da qui per spiegare meglio che cosa è Grafias e il significato del logo. Perché decidere di chiamarsi Grafias? Che cosa significa?
Grafias ha per noi diversi significati: letteralmente richiama le diverse “scritture” di cui andiamo alla ricerca in giro per il mondo e poi (nella forma di Graffias) è una stella della costellazione dello Scorpione il cui nome viene fatto risalire, secondo una ricostruzione etimologica un po’ dubbia, al termine greco “grapsaios”, che significa appunto “granchio”. Di qui l’idea per il nostro logo: un granchio che percorre terre e mari anche lontani, disegnando una ideale costellazione di carta (che è l’unica materia di cui sono fatti i libri) in forma di origami.

logo_grafias

Torniamo al progetto editoriale, che ci sembra più ispirato dall’intenzione di offrire un servizio, piuttosto che dal desiderio di aggiungere “voci” all’affollato mondo culturale italiano. Come è nata l’idea che, fino a prova contraria, sembra essere assolutamente originale?
Grafias vuole rispondere alle esigenze di chi è divorato in ambito letterario, culturale, editoriale da una insaziabile fame di stimoli. E noi pensiamo che non ci sia cosa più stimolante che andare a scoprire come le stesse cose che si fanno da noi in Italia vengano fatte altrove nel mondo. Sapere su cosa si ragiona oggi non solo sulle riviste letterarie internazionali più popolari e conosciute, ma soprattutto su quelle più decentrate e per questo spesso specializzate in un determinato ambito. Comprendere come un genere letterario, una questione editoriale sono oggi trattati in un certo paese. E abbiamo deciso di fare di questo la nostra specializzazione. Per il resto, pubblichiamo solo articoli che noi per primi vorremmo leggere, andiamo alla ricerca negli altri paesi degli operatori culturali che possono mostrarci qualcosa di nuovo, cerchiamo di intercettare voci del tutto inedite in Italia: come abbiamo fatto con lo scrittore svizzero Ralph Dutli, la scrittrice giapponese Minae Mizumura, il poeta talmudico newyorchese David Antin e la scrittrice cilena Yosa Vidal. Con tutti questi professionisti, scrittori, studiosi cerchiamo di creare una rete accogliente e virtuosa, fondata sullo scambio di idee, visioni e competenze, sull’amore per la ricerca e il nostro lavoro.

Prima di proseguire parliamo della redazione. Chi sono i redattori di Grafias? Come sono organizzati?
I redattori di Grafias sono un gruppo di sette persone, perlopiù con formazione umanistica, specializzazione ed esperienza in campo editoriale. Al proprio interno, la redazione si occupa di coprire tutte le fasi di lavorazione di ogni singolo contenuto pubblicato: dallo scouting alla traduzione da diverse lingue, dalla revisione dei testi alla correzione di bozze, dalla comunicazione sui diversi media alla cura grafica e web. Ma oltre al gruppo di persone che lavora internamente alla redazione, Grafias dispone di una straordinaria e indispensabile redazione virtuale composta da tutti i traduttori che, sparsi un po’ in tutta Italia, sin dall’inizio hanno contribuito alla vita della nostra rivista.

David Antin

David Antin

Come avviene la selezione degli articoli da tradurre? E come viene gestita la questione dei diritti?
La selezione è di competenza di chi ricopre il ruolo di scouter all’interno della nostra redazione e avviene anzitutto per istinto, per quella forma di istinto che costituisce un vero e proprio metodo secondo l’idea di Naveen Kishore, il geniale editore indiano di Seagull Books che pubblica libri provenienti da tutto il mondo.
Fiutiamo le tematiche e gli argomenti che in Italia non sono ancora arrivati, come quando ci siamo imbattuti nei talk poem di David Antin. A volte guardiamo alla rivista, altre volte all’autore dell’articolo, altre volte all’argomento. Sicuramente, durante le ricerche, una componente forte che rende immediatamente appetibile un pezzo si presenta quando non sappiamo niente del suo autore o della rivista che lo ospita e quando questi sono del tutto sconosciuti in Italia.
Per quanto riguarda le autorizzazioni, individuato il pezzo, contattiamo i possibili detentori dei diritti, in genere lo stesso autore o il direttore della rivista che l’ha pubblicato, gli esponiamo il nostro progetto e manifestiamo l’interesse alla pubblicazione e nella stragrande maggioranza dei casi (cosa straordinaria) accade che ci autorizzino entusiasti alla traduzione, persino nei casi più complicati o che coinvolgono grandi testate. Certo a volte è dura, soprattutto quando si tratta di scrittori e i referenti con cui bisogna confrontarsi sono molti e sparsi per il mondo, ma anche nei casi più faticosi si tratta sempre di un lavoro esaltante. Dal quale nasce quella rete di cui parlavamo prima, una rete di riviste, autori, voci in continuo scambio fra di loro.

La vocazione internazionale di Grafias è globale o circoscritta ad aree geografiche precise? Quali sono i criteri di scelta dei Paesi da seguire?
Non abbiamo nessuno tipo di limitazione geografica e anzi il nostro obiettivo è quello di superare continuamente i (nostri) confini. E ci stiamo “attrezzando” anche per lingue (e quindi paesi) un po’ più “impervi” e “avventurosi”.

Grafias ha una sezione dedicata alle librerie. Anche in questo caso, quali sono i criteri di selezione delle librerie da intervistare?
Cerchiamo – attraverso ricerche sul posto quando possibile oppure usando il web e la nostra rete di conoscenze – librerie indipendenti che svolgano un ruolo importante di aggregazione o di “resistenza culturale” per la comunità che si trovano a servire. Librerie che riempiano un vuoto, che non si limitino a vendere libri ma che rappresentino dei veri e propri presidi culturali, punti di riferimento per la gente. È in questo modo che abbiamo scovato la Librairie-Galerie Congo di Brazzaville, la libreria solidaria AIDA Books & More di Valencia o la libreria femminista francese Violette and Co.

grafias_congo

Molti degli articoli che pubblicate sono il risultato di un viaggio nel Paese di interesse. Come funziona il regime “trasferte” della redazione? In altre parole, avete fonti di finanziamento, qualche sponsor?
Al momento il nostro progetto è totalmente autofinanziato, privo di sponsor o di sostegno economico esterno e si fonda sulla collaborazione di tutte le componenti che vi prendono parte. La redazione interna tenta di gestire ogni cosa secondo gli incarichi dei diversi membri. Poi c’è il sostegno, la partecipazione, il contributo impareggiabili di tutti i traduttori professionisti che scelgono di prendere parte al nostro lavoro, perché sono stati contagiati dall’idea di Grafias, perché hanno l’occasione di fare qualcosa di nuovo o semplicemente perché sono pazzi almeno quanto noi. E questo sostegno e questo contributo fondamentali ci vengono da tutta Italia e sin dall’inizio delle nostre pubblicazioni.
Quanto alle trasferte, non abbiamo per questo una vera e propria organizzazione, ma dato che abbiamo diversi legami con il mondo editoriale, ci capita spesso di recarci autonomamente a fiere o eventi letterari fuori dall’Italia. E ogni volta che ciò accade, sfruttiamo al massimo l’occasione per esplorare mondi culturali, editoriali e librari che non conosciamo, come abbiamo fatto durante il nostro ultimo viaggio per immagini fra le librerie di Copenaghen e al tempo di una delle nostre primissime esplorazioni quando abbiamo incontrato la cooperativa editoriale Eloisa Cartonera di Buenos Aires.

Grafias è un progetto dal respiro internazionale, la conoscenza delle lingue è evidentemente il prerequisito fondamentale, la traduzione il mestiere quotidiano. Avete una formazione di traduttori? A occhio tradurre un articolo o un’intervista sembrerebbe più agevole rispetto alla traduzione di un libro. Qual è il vostro rapporto con la traduzione?
Il lavoro di traduzione è centrale per Grafias, ma non meno del resto delle attività di quella che possiamo definire la filiera che seguiamo per pubblicare ogni nostro contenuto. Nel numero speciale per i venticinque anni di “Testo a fronte”, una delle più importanti riviste italiane di teoria e pratica della traduzione letteraria, il direttore Franco Buffoni, poeta, scrittore e traduttore, ha concluso il proprio intervento di apertura scrivendo che il testo tradotto ideale è quello “provvisto di dignità estetica autonoma”.
E questa è una delle esigenze più stringenti che abbiamo sentito sin dalla nostra fondazione, tanto più per il fatto che siamo una rivista di traduzioni letterarie o comunque di argomento letterario. Fare tutto quello che è in nostro potere affinché il lettore possa leggere non solo un testo che tratti tematiche inedite o esplorate in forme nuove per l’Italia, ma che quel testo sia allo stesso tempo godibile, che non risenta degli automatismi, dei possibili calchi o delle riproduzioni di espressioni o forme che esistono e sono comuni nella lingua di partenza ma non trovano corrispettivo in italiano.
Sulla base di ciò, a parte la diversa quantità di tempo necessaria, per una traduzione di qualità non fa molta differenza che si tratti di un articolo o un libro. Tanto più tenendo conto del fatto che spesso ci impegniamo nella traduzione di autori creativi.
Per queste ragioni, noi non ci limitiamo mai soltanto ad affidare in traduzione un pezzo, ma dialoghiamo attivamente con il traduttore, ragionando con lui sulle scelte intraprese fino al momento della messa online. Secondo la regola per la quale nulla è scontato e finendo così sempre con l’imparare, insieme, un sacco di cose nuove.

Grafias è un punto di osservazione privilegiato sul mondo editoriale, letterario e culturale internazionale. La crisi strutturale del mercato editoriale riguarda solo l’Italia o è un fenomeno europeo se non mondiale?
La crisi impera a livello globale ma non è presente in tutti i paesi allo stesso modo. Ci sono in questo momento paesi o aree geografiche che stanno registrando un’espansione inaudita del loro mercato editoriale, come sta avvenendo e in parte è già avvenuto in India ad esempio, dove il mercato dei libri ha toccato tassi di crescita anche del 30%, con fatturati annui di 15 milioni di euro, posizionandosi su scala mondiale al terzo posto per numero di pubblicazioni in lingua inglese e al settimo per pubblicazioni in lingue diverse dall’inglese.
Ma a parte casi del genere, la crisi è abbastanza generalizzata e radicata anche in paesi dove i tassi di lettura sono più alti che nel nostro, come in Francia, dove l’editore Olivier Gadet ci ha detto persino che preferirebbe “essere editore in Italia piuttosto che in Francia. Qui con la parola ‘mercato’ posso riferirmi al massimo a quello ortofrutticolo”.

Volendo provare a mettere a confronto le vostre esperienze, in che cosa l’editoria italiana si distingue, nel bene e nel male, dalle realtà editoriali internazionali? Dal punto di vista della legislazione, della politica culturale dei governi, delle risorse finanziarie disponibili, dell’associazionismo di filiera (editori, librai, traduttori), quali sono le esperienze più virtuose e quelle peggiori?

Libreria Solidaria AIDA Books & More di Valencia

Libreria Solidaria AIDA Books & More di Valencia

Cominciamo riportando una testimonianza diretta, di chi ha lavorato sia in Italia sia all’estero. Quando abbiamo intervistato Arianna Caruso che vive a Valencia e lavora per la Libreria Solidaria (che costituisce fra l’altro un’iniziativa del tutto fuori dal comune che vi invitiamo ad approfondire), lei ci ha detto: “Quello che forse manca da noi in Italia, l’unica cosa di cui mi sento di poter parlare, è l’entusiasmo. Non voglio ripetere un discorso sentito più e più volte, ma l’energia e la determinazione che ho trovato a Valencia non ho avuto la sorte di vederle nel nostro paese”.
Sicuramente non ha nessun senso generalizzare, ma le conclusioni di chi può confrontare dall’interno le realtà di due o più paesi diversi devono quantomeno far ragionare. In Italia continuano a esserci realtà di altissima qualità, che purtroppo il più delle volte possono contare solo sulla buona volontà e sulla passione dei loro editori, i quali sono costretti a ricercare in continuazione un giusto compromesso tra progetto editoriale e mercato editoriale. All’estero spesso l’editoria viene maggiormente tutelata dalle istituzioni (come avviene in Francia e Germania ad esempio), le quali prestano la massima attenzione anche alle esigenze economiche del comparto.
In Italia spesso ci si trova a operare in un regime di totale deregolamentazione, si guardi solo alla condizione di schiere e schiere di redattori schiacciati dal precariato, sfruttati a norma di contratto ma anche a tutti quei freelance che (quando sono realmente tali e non si trovano in realtà ad avere un unico committente) non operano in condizioni, anzitutto fiscali, migliori. Possiamo dire che i mali dell’editoria italiana sono i mali tipici dell’Italia e che sempre più nel panorama editoriale sembra poter lavorare solo chi può permettersi di percepire uno stipendio misero o quasi inesistente.

Cosa leggono i redattori di Grafias?
I redattori di Grafias leggono di tutto cercando di trovare sempre nuovi stimoli secondo quello stesso principio che regola la selezione dei nostri contenuti. Ovviamente, le tematiche della creazione e dell’attraversamento di altri mondi letterari e non solo ci interessano molto, così come quelle della dispersione e della persecuzione di coloro i quali non hanno voce, ma anche tutte quelle opere nelle quali l’invenzione letteraria è fonte germinale di nuova vita.
Tra i libri che circolano sulle nostre scrivanie, in cucina, sui comodini o nelle docce (caso di cui possiamo attestare un episodio documentato) ci piace citare: László Krasznahorkai, Antoine Volodine, Noam Chomsky, Jorge Luis Borges, Albert Camus, Bruce Chatwin, Georgi Gospodinov, Martin Amis, Allan Gurganus, Winfried Sebald, Juan Rodolfo Wilcock, Thomas Bernhard, Danilo Kiš, João Guimarães Rosa, Michail Bulgakov, Tommaso Landolfi, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giorgio Manganelli, Guido Morselli, Michele Mari.

WATT 3,14 in anteprima al Salone del Libro di Torino

Domani 16 maggio prenderà il via il 26esimo Salone Internazionale del Libro di  Torino.

Molti i motivi per non perdere l’occasione di visitarlo e tra questi anche la presentazione del nuovo numero di WATT, la rivista-libro ideata da Leonardo Luccone e Maurizio Ceccato nel 2011.

WATT 3,14 è il terzo volume della serie (leggete i nostri speciali WATTo e WATT 0,5). 132 pagine  e un poster 30×30(interne), copertina a due colori: nero e oro.

La citazione di Protagora ci riporta all’antica Grecia, sarà per questo che si chiama 3,14. Pi grèco: Numero (simbolo π) reale, irrazionale e trascendente, che esprime il rapporto tra la lunghezza di una qualunque circonferenza e il suo diametro (π=3,1415926535…). Sarà questo il tema che ha ispirato i 13 racconti inediti del nuovo WATT?

La riservatezza è massima!

Abbiamo potuto leggere in anteprima soltanto l’indice che elenca, tra gli autori, Davide Orecchio con il racconto Contro nessuno, illustrazioni di Riccardo Fabiani. Su Via dei Serpenti la recensione di Città distrutte (Gaffi, 2012) e l’intervista.
Francesco Targhetta con il racconto E poi è una danza sghemba, illustrazioni di Enrico D’Elia. Nella nostra rubrica Effetto Domino la recensione di E perciò veniamo bene nelle fotografie (Isbn, 2012).
Francesca Morelli con il racconto Prima c’erano gli ulivi, illustrazioni di Ilaria Demonti. La Morelli ha vinto l’edizione 2012 del concorso letterario 8×8 con il racconto Il vestito buono. Qui la nostra intervista.
Pier Franco Brandimarte con il racconto L’interno della Mercedes, illustrazioni di Signora K. Anche Brandimarte ha partecipato all’edizione 2012 di 8×8 arrivando in finale con il racconto Ristoranti all’Aquila. Qui la nostra recensione.

Tra gli illustratori segnaliamo in particolare Daniela Tieni, una delle protagoniste della nostra rubrica Fuori campo dedicata all’illustrazione e al fumetto. Qui l’intervista. Le sue illustrazioni commentano il racconto Il custode dei ricordi di Silvia Montemurro.

Per il resto dobbiamo attendere!

I racconti WATT 0,5: Intervista a Simona Dolce e Cristiano Baricelli

Intervista a Simona Dolce

Mentre scriveva il racconto ha pensato anche alle immagini che lo avrebbero potuto meglio rappresentare? Coincidono o si avvicinano a quelle effettivamente create dall’illustratore?
In effetti mentre scrivevo avevo in mente una certa ambientazione del racconto che poi ho un po’ modificato in fase di riscrittura, pur mantenendone alcuni tratti. Una volta consegnato il testo ho cercato di dimenticare i luoghi e volti dei personaggi così come li avevo immaginati io per lasciare alle illustrazioni il giusto spazio per sorprendermi. Le immagini create da Baricelli mi piacciono molto, ma oltre al mio gusto personale trovo che sia riuscito a individuare proprio l’atmosfera del racconto e che in più abbia saputo per così dire, asciugarla dal resto, renderla protagonista.

Nel racconto viene riportato il pensiero di due dei tre personaggi che compongono la famiglia protagonista: quello di Vincenzo e quello della figlia Maria. Quale è stato il pensiero di Caterina, moglie di Vincenzo e madre di Maria, sabato sera prima di addormentarsi?
Caterina vive in una specie di assuefazione alla vita e ai ruoli, ma nonostante questo per me è anche portatrice di un senso sacrale dei rapporti, di un equilibrio arcaico tra i componenti della famiglia, e naturalmente ne è del tutto inconsapevole perché si tratta della sua piena femminilità, del suo istinto, quello è il suo stesso modo di stare al mondo. Credo che abbia pensato con un po’ di amara rassegnazione, con pacificata serenità e persino con un po’ di gratitudine che alla fine le cose si possono ricomporre sempre.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con la scrittura?
Sto scrivendo un racconto al quale tengo molto, e naturalmente il mio secondo romanzo che, nonostante alcuni ostacoli e deviazioni personali, riesce sempre a esserci e dirmi cosa importa davvero.

Intervista a Cristiano Baricelli

Dove e come nascono le sue illustrazioni? È più facile o difficile commentare con le immagini un testo già scritto?
Non ho avuto difficoltà a descrivere con le immagini il testo di Simona Dolce, il testo scorre molto bene, lo trovo molto attuale. Ho voluto restituire con le immagini la malinconia, il grigiore, la solitudine, e la grande forza di una famiglia che cerca di sopravvivere in una città come tante altre.

Ha avuto modo di confrontarsi con lo scrittore?
Con Simona Dolce ci siamo sentiti via email subito dopo l’uscita di WATT, ci siamo complimentati a vicenda.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con l’illustrazione?
Per ora non ho ancora nessun lavoro pronto riguardo all’illustrazione, ma da settembre in poi avrò parecchi progetti in corso.

Qui la recensione di Ottantuno anni dall’America