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Strega OFF, la vera novità di quest’anno!

di Emanuela D’Alessio

Domani 6 luglio conosceremo il vincitore dello Strega 2017, edizione numero 71 del più prestigioso premio letterario italiano, sempre al centro di vivaci (ma nemmeno poi tanto!) dibattiti.
L’edizione 2017 presenta alcune novità rispetto alle precedenti, come ha ricordato recentemente Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci, che si traducono in una giuria con ben 660 aventi diritto di voto.  Ai tradizionali 400 Amici della Domenica e ai 40 lettori forti selezionati dalle librerie indipendenti italiane associate all’ALI, sono stati aggiunti, infatti, 20 voti collettivi espressi da scuole, università e biblioteche e, soprattutto, 200 voti espressi da studiosi, traduttori e intellettuali italiani e stranieri selezionati da 20 Istituti italiani di cultura all’estero. Insomma, una giuria ampliata e differenziata che dovrebbe garantire esiti sorprendenti, che tradotto vuol dire: scompaginare il risultato. Vedremo.

C’è però un’altra novità da segnalare che ci incuriosisce parecchio. Si chiama Strega OFF, prevede lo svolgimento di una serata “alternativa” a quella ufficiale, organizzata da Bacteria, Alinea e Citofonare interno 7, con il patrocinio della Fondazione Bellonci, nel giardino di MONK, il noto locale a Portonaccio.

All’atmosfera selezionata e un po’ ingessata del Ninfeo di Valle Giulia si potrà scegliere quella più rilassata e informale del locale di Portonaccio, dove saranno liberi ingresso, dress code e voto sulla cinquina. Sì, la vera novità di Strega OFF è proprio questa: offrire l’occasione a tutti coloro che lo vorranno di esprimere il proprio vincitore, magari diverso da quello che domani uscirà dal Ninfeo.

Come sarà articolata la serata, in particolare il momento della votazione, e anche altro, lo abbiamo chiesto direttamente ai promotori. Ha risposto per tutti Chiara Rea.

Prima di parlare di Strega OFF parliamo dei suoi ideatori dai nomi bizzarri: Bacteria, Citofonare Interno 7 e Alinea? Vogliamo dare un volto e un perché a queste etichette? E quantificare le persone convolte?
Bacteria
è un’agenzia di servizi editoriali che da anni si occupa di traduzione, editing, organizzazione di eventi culturali e altro, fondata da Marzia Grillo e Veronica La Peccerella. Ne fanno parte anche Giulia Caminito, Laura Fidaleo, Marianna Garofalo, Alessandra Pierro e la sottoscritta, che sono tra gli organizzatori di Strega OFF. Citofonare Interno 7 è un reading-mob che porta la cultura a domicilio: Rossano Astremo (tra i nostri organizzatori) e Girolamo Grammatico portano reading di testi inediti di scrittori in abitazioni messe a disposizione dalla collettività; quest’anno sono stati anche nel programma del Salone Off.  Infine Alinea, un collettivo femminile che si occupa di eventi artistici, culturali e sociali come festival di arte pubblica, mostre e progetti site-specific; di Alinea sono dei nostri Antonella Sciarra e la grafica Mara Becchetti. Ed eccoci qua!

Il perché dell’iniziativa è stato sufficientemente spiegato. Mi incuriosisce invece conoscere il come e il quando.
Il quando è semplice: 6 luglio nel giardino di Monk (via Giuseppe Mirri 35, Roma) dalle 18:30 fino a notte inoltrata! Per quanto riguarda il come, la serata prevede diversi momenti: un aperitivo con talk letterario a cura di Rossano Astremo, “L’Italia vista attraverso i libri dello Strega”, a cui parteciperanno Leonardo Luccone, Stefano Gallerani, Giulia Caminito, Paolo Nicoletti Altimari e Gianluigi Simonetti.
Verso le 20 ogni libro sarà presentato da uno “sponsor” che avrà il compito di convincere gli indecisi a votare:  Angela Rastelli per Le otto montagne di Paolo Cognetti, Giulia Villoresi per È giusto obbedire alla notte di Matteo Nucci, Daniele Di Gennaro per Un’educazione milanese di Alberto Rollo, Federica De Paolis per La più amata di Teresa Ciabatti e Fabrizio Patriarca per La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco.
Verso le 21:30 ci sarà il concerto di Giulia Ananìa, cantautrice romana, poetessa e paroliera per grandi artisti italiani.
Dalle 23 seguiremo la diretta Rai della finale dal Ninfeo con il commento di Christian Raimo,  e Simonetta Sciandivasci e le previsioni astrali sulla cinquina di Melissa Panarello. Contemporaneamente avverrà lo spoglio dei voti per il nostro Premio Strega OFF e poi brinderemo a entrambi i vincitori con le sonorizzazioni della dj Fouturista.

Il momento clou della serata sembrerebbe quello della votazione, ma forse non è così. Intanto però vorrei chiedere chi e come potrà votare domani sera?
Diciamo che il Premio Strega OFF è un gioco ma non troppo: abbiamo voluto dare diritto di voto ai lettori e agli interessati (tutti quelli che parteciperanno alla serata avranno diritto a un voto) ma anche a soggetti del mondo dell’editoria che non sempre ricevono l’attenzione che meritano, ovvero riviste e blog letterari. Oltre a Via dei Serpenti, voteranno per noi Colla, Finzioni, The FLR, Flanerì, Le parole e le cose, Achab, Critica Letteraria, Pastrengo, Radio Libri e Il Mucchio Selvaggio. Il voto sarà calcolato al 50% proporzionale tra pubblico e redazioni.

Se il vincitore di Strega OFF sarà diverso da quello ufficiale, ma anche se sarà lo stesso, che cosa succede?
Sarebbe molto interessante se il vincitore fosse lo stesso perché forse, per una volta, tutte le polemiche sul meccanismo di voto dello Strega avrebbero meno senso: avrebbe veramente vinto il libro preferito di tutti. Se invece avremo due vincitori sarà divertente capire le due diverse logiche di elezione. In ogni caso speriamo che entrambi i vincitori, dopo il Ninfeo, vogliano venire a festeggiare con noi al Monk!

Qual è, nel caso ci fosse, il filo invisibile che lega Strega OFF con Giulia Anania e Fouturista, ospiti musicali della serata?
Giulia Ananìa è una delle cantautrici più brave che ci sono in circolazione. È anche una poetessa e quindi il suo legame con la letteratura è molto forte.
Stessa cosa per Fouturista (Francesca Pignataro): è una dj bravissima e lavora da anni come grafica nell’editoria, quindi ci è sembrata perfetta per il nostro evento!

Lo so che non me lo direte mai, ma io ci provo lo stesso. Chi è il vincitore di Strega OFF per i promotori di Strega OFF?
Non lo diremo mai! Anzi no, lo diremo ma durante la serata, quando voteremo come tutti. Oltretutto abbiamo preferenze diverse tra di noi.

Alla fine sarà comunque una bellissima e inedita festa.  Possiamo già considerarlo il numero zero di una nuova serie di eventi?
Noi lo speriamo! Lavoriamo bene insieme, siamo un gruppo affiatato e ci piacerebbe combinare altre cose in futuro, che sia la seconda edizione di Strega OFF o anche altri progetti. Quindi teneteci d’occhio anche dopo l’evento!

Non posso concludere senza la consueta domanda di Via dei Serpenti. Ditemi almeno un libro che si trova sui comodini di Strega OFF.
Chiara  Rea
: pochissimo tempo per leggere ma in questo momento sul mio comodino si trova Memoria di ragazza di Annie Ernaux (traduzione di Lorenzo Flabbi, L’Orma Editore).
Alessandra Pierro: L’amante di Wittgenstein di David Markson (traduzione di Sara Reggiani, Edizioni Clichy).
Marzia Grillo: Voci fuori campo di Ali Smith (traduzione di Federica Aceto, Edizioni Sur). Ali Smith tra l’altro è candidata al Premio Strega Europeo con L’una e l’altra.
Veronica La Peccerella: Voci fuori campo di Ali Smith.
Antonella Sciarra: Icaro deve cadere di Elisa Muliere (GRRRZ Comic Art Books).
Rossano Astremo: Tabù di Giordano Tedoldi (Tunué).

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Quel che conta è giocare. Intervista a Vanni Santoni

di Emanuela D’Alessio

Vanni Santoni ci accompagna nella sua “stanza profonda” dove si gioca a Dungeons & Dragons, ci si ritrova e ci si perde, si costruiscono mondi immaginari, si prova a resistere con la fantasia all’omologazione della realtà.
Con La stanza profonda lo scrittore toscano e direttore editoriale di Tunuè ha messo sul tavolo un poker d’assi, tanto per restare in tema di gioco.
Innanzitutto entrare nella “dozzina” del Premio Strega, ingresso ancor più eclatante se si considera che per il suo editore, Laterza, si tratta di una prima assoluta.
Poi “sdoganare” l’universo dei Giochi di Ruolo, percepiti dai profani come una “roba da sfigati”, da cui stare alla larga o addirittura difendersi.
Quindi compiere un’ibridazione vincente tra saggio e romanzo, autobiografia e finzione, attraverso una scrittura asciutta e leggera senza intoppi retorici o nostalgici.
Infine svelare a tutti gli altri la “stanza profonda”, che diventa metafora dell’inesauribile lotta tra magia e realtà, dove si entra solo per giocare e per mettersi al riparo dal mondo reale, anche se «il gioco è più reale del fuori».

Vanni Santoni

Vanni Santoni

Ci riesce brillantemente Santoni a raccontare questo mondo dove c’è spazio solo per l’immaginazione, così come ci era riuscito con il rave nel suo precedente Muro di casse (sempre per Laterza).
E lo fa attraverso «un gruppo di sciamannati» che sono scesi nel seminterrato da adolescenti e ne sono usciti da adulti. Nel frattempo fuori tutto è cambiato, anche il modo di giocare, perché il dungeon master e i dadi colorati a venti facce, le mappe e il libro delle regole, le schede personaggio e i lapis Fila gommati, non servono più.
Nel frattempo sono arrivati i videogame e i giochi online e la scatola rossa di Dungeons & Dragons diventa un pezzo da collezione.
Non si tratta però di una disfatta o peggio di un annientamento, è questa la chiave di lettura alternativa di Santoni, ma di una evoluzione. I trenta milioni di giocatori di ruolo che per vent’anni (a partire dal 1974) sono scesi nelle “stanze profonde” in tutto il mondo, hanno rappresentato un’avanguardia dell’attuale miliardo di utenti di giochi online.
I GdR, insiste Santoni, sono stati controcultura, perché hanno dimostrato che rispetto alla competizione di una società afflitta e sfranta, ci si può divertire ed esaltare senza pagare nessuno e senza sottomettersi ad alcuna autorità, se non a quella di regole scelte insieme.
Quindi evviva i GdR, ma allo stesso tempo viene da chiedersi: l’attuale forsennata proliferazione dei giochi online rappresenta la nuova avanguardia culturale?
Forse troveremo la risposta nel prossimo libro di Santoni, cui nel frattempo abbiamo rivolto altre domande.

Vanni Santoni è di nuovo protagonista del Premio Strega, questa volta in qualità di scrittore con il suo “anomalo” La stanza profonda, pubblicato da Laterza. Per l’editore barese si tratta di una prima volta, non avendo mai partecipato allo Strega. Come mai ha deciso di iniziare proprio con il tuo libro?
Questo andrebbe chiesto a Anna Gialluca, direttrice editoriale di Laterza. Personalmente, posso solo essere onorato del fatto che una casa editrice con la storia della “Giuseppe Laterza & figli” abbia scelto me per partecipare al più importante premio letterario italiano. Da sempre in Laterza ho trovato grande fiducia nella mia scrittura, a partire da Se fossi fuoco arderei Firenze, del 2011 e continuando poi col successo di Muro di casse, uscito due anni fa – e tale fiducia è da me assolutamente ricambiata vista la qualità cristallina del loro lavoro a ogni livello, che sia di direzione, editing, bozze, grafica, segreteria, eventi, distribuzione o ufficio stampa.

Per te invece lo Strega è diventato una consuetudine: hai partecipato come editor dei fortunati Dalle rovine e Stalin+Bianca, due grandi successi di Tunuè, e ora come scrittore. Come ci si sente a svolgere molteplici ruoli contemporaneamente e in quale ti ritrovi più a tuo agio?
Non so se si possa parlare di consuetudine, per me lo Strega è qualcosa di mitologico – tra le foto-feticcio che ho affisse nella stanza in cui scrivo c’è quella di Elsa Morante (tra le tante cose l’unica scrittrice psichedelica italiana) che indica col bicchiere la leggendaria lavagna – e se è stata certamente positiva l’esperienza che ho avuto con la candidatura del libro di Barison e la “dozzina” con quello di Funetta, per me già solo esserci come autore è qualcosa di assolutamente emozionante.
Circa la mia attività di editor, è ancora qualcosa di relativamente nuovo rispetto a quella di scrittore, e la vivo molto bene, sia perché mi esalta l’attività di scouting, che si tratti di scoprire nuovi talenti o di recuperare autori magari non capiti appieno nel loro valore da un mondo editoriale a volte troppo frenetico, sia perché imparo sempre molto dai miei autori.

las_copertinaHo definito “anomalo” La stanza profonda perché sfugge a una facile catalogazione (un’ibridazione tra saggio e romanzo) e perché affronta un argomento, i giochi di ruolo, un po’ indigesto per i non addetti ai…giochi! Hai voluto rendere omaggio ai tuoi trascorsi ventennali di master e a tutti gli appassionati del genere?
La stanza profonda nasce per parlare anzitutto a chi non ha mai partecipato a un gioco di ruolo, esattamente come Muro di casse era destinato in primis a chi non aveva mai preso parte a un rave: lo spunto iniziale è proprio quello che deriva dalla volontà di storicizzare questi fenomeni e rendergli giustizia rispetto al peso culturale enorme che hanno avuto, e la scelta della forma-romanzo deriva proprio da tale volontà, visto che un dato tema può interessare a qualcuno sì e a qualcuno no, mentre a tutti piacciono le storie. Ovviamente, poi, c’è un secondo livello di lettura, legato alla mia esperienza diretta di raver e giocatore di ruolo, che si traduce nell’articolare un storia dei due fenomeni attraverso una narrazione romanzesca, con molti ammicchi a chi ne ha una conoscenza più profonda.

Un gioco di ruolo «non è una roba al computer, non è una roba di soldatini, non è una roba di carte, non è una roba in cui ti vesti da elfo». Ma allora che cos’è veramente? Resta il dubbio, fino alla fine, su chi siano i giocatori di ruolo: sfigati e autistici o un’avanguardia culturale che ha scelto di chiamarsi fuori dal sistema, facendo prevalere la fantasia sull’omologazione?
Credo sia interessante il fatto che molto spesso i GdR sono stati definiti per esclusione, come fa del resto il personaggio di Tiziano nel romanzo, nel passo che citi. Credo c’entri il fatto che sono facilissimi da sperimentare – ti siedi e giochi – mentre molto più complessi da spiegare. Tra le due definizioni che proponi, probabilmente mentre l’onda dei GdR era in corso, quella corretta è qualcosa a metà tra le due, mentre oggi che è finita prevale senz’altro la seconda: piaccia o no a chi buttava il suo tempo con gli sport, tanto i GdR come i rave erano cruciali avanguardie culturali… anche se non lo sembravano!

Perché il luogo ideale per giocare a Dungeons & Dragons è nascosto e sotterraneo, al riparo dalla luce e dalla vita di superficie, in una stanza segreta, profonda, appunto?
La spiegazione banale è che le altre stanze erano occupate dalle attività dei genitori. Ma è una spiegazione che nasconde altro. Mentre in salotto, la stanza in teoria più importante della casa, si svolgevano riti borghesi ormai vuoti, inutili, spogliati di ogni significato, nella cantina, la stanza in teoria meno importante, si progettava il futuro. Che si trattasse dei giochi di ruolo, delle prove del gruppo rock & roll o di quelle del futuro dj con la Korg o la TR-808, o ancora degli esperimenti dei giovani Jobs o Gates che realizzavano i prototipi dei loro “personal computer”, il garage è un vero e proprio topos della creatività rivoluzionaria dei nostri tempi.
Nel caso specifico dei GdR, per continuare il parallelismo con la free tekno, è interessante anche il fatto che si svolgessero in luoghi del genere, così come i rave si svolgevano in industrie abbandonate, per lo più fuori mano, esattamente come i culti perseguitati sceglievano le catacombe come luoghi del loro officiare: e infatti sia i rave che i giochi di ruolo sono, sociologicamente parlando, più manifestazioni rituali che di intrattenimento.

Appena si smette di giocare e si esce dalla “stanza profonda” incontriamo altro: una provincia depressa che ha perduto molti treni, un gruppo di adolescenti che nel passaggio all’età adulta sembra aver perduto un altro treno, quello dell’amicizia. È così?
Sicuramente è così per la provincia. Mentre scrivevo La stanza profonda, e ripercorrevo trent’anni di vita di provincia, mi rendevo conto di quanto il contesto di riferimento fosse cambiato; di quanto quella provincia, che negli anni della mia infanzia conservava ancora i tratti rurali di un tempo e quelli industriali che aveva acquisito nel frattempo, ora avesse perduto entrambi, senza sapersi reinventare, e anzi perseguitando in modo non meno che schizoide tutti i suoi giovani che provassero a inventarsi qualche alternativa – sono ben noti a tutti, perché si sono svolti ovunque, gli sgomberi e le denunce ai danni di qualunque ragazzo provasse a aiutare la propria comunità realizzando uno spazio autogestito per organizzarvi attività culturali, o anche solo una festa libera. Così ho finito per costruire il romanzo intorno a una sorta di dialettica inversa tra la creazione di mondi che avveniva nella stanza e la dissipazione del mondo che aveva luogo fuori.
Il discorso, invece, è diverso rispetto all’amicizia. Tutte le amicizie, non solo quelle cresciute intorno a una passione comune, cambiano dopo vent’anni, col sopraggiungere dell’età adulta, ed è quello che succede anche ai protagonisti della Stanza profonda, che finiscono per non riconoscersi più.

La narrazione procede con l’uso della seconda persona singolare. Chi legge si ritrova spettatore ininfluente di un dialogo tra lo scrittore e sé stesso. Perché questa scelta?
Ho cominciato a sperimentare col “tu” con Muro di casse, il cui prologo è scritto infatti alla seconda persona. L’idea nasceva dal fatto che quello rave era un movimento in cui era decisivo l’aspetto collettivo, tant’è che uno dei motti degli Spiral Tribe, capostipiti della free tekno, era “you are the party”, frase che – prima ancora di ogni discorso di rispetto del contesto e di chi lo vive – stava lì a sancire il decadimento della differenza sociale preordinata tra pubblico e performer: al rave tutti erano uguali. Così, lavorando sui giochi di ruolo, altra sottocultura caratterizzata da non competitività e eguaglianza radicale, mi è venuto spontaneo usare il “tu” fin dall’inizio; quando poi mi sono reso conto che la seconda persona, plurale o singolare, è quella che usa il dungeon master con i giocatori, ho capito che era la strada giusta e ho continuato così per tutto il romanzo.

Per concludere la consueta domanda: che cosa stai leggendo in questo momento?
Alcuni saggi di Roland Barthes sull’arte, per uno dei romanzi che sto scrivendo; La tavola del paradiso, il nuovo libro di Donald Ray Pollock appena uscito per Elliot; le poesie di Reverdy, consigliatemi da Andrea Breda Minello; tutta l’opera di Claudio Magris.

Recensione in progress – Anna Castellari sta leggendo XXI secolo di Paolo Zardi

di Anna Castellari

«Ho paura, papà».
«Di cosa?»
«Del buio. E dei rumori. Li senti?»
Dal soffitto, da sotto, da punti indefiniti, arrivavano gli scricchiolii che avevano accompagnato tutte le sue notti in quella casa. Il palazzo era in continuo assestamento, come un ragazzo nell’età della crescita, un vulcano sopito, come un vecchio decrepito che cerca disperatamente di rimanere in piedi.
Gli prese le mani. «È la voce di questa casa. Ma è un posto buono, io qui ci sono cresciuto. Hai visto come è diventato grande papà?»
Marco sorrise nel suo pellicciotto di topo. In quel lettino, in quella casa, sembrava ancora più piccolo e i suoi occhi ancora più grandi – quei fanali scintillanti e azzurri, spesso smarriti.
Da adulto, quelle iridi luminose l’avrebbero aiutato a trovare l’amore; ora, però, gli impedivano di nascondersi. Si fece pensieroso: «Quando mi ricresceranno i denti?»
«Secondo me quest’estate li avrai tutti. Sarai un piccolo criceto».
zardi-copertina-Rise. Gli tese la manina: «Hai visto l’orologio che mi ha regalato nonna?» Al polso aveva lo stesso pataccone che aveva ricevuto lui per la prima comunione, un Timex del pleistocene.
«Sono segnati anche i minuti, qui fuori» – e indicò la ghiera scolorita che circondava il quadrante. «Sono stati gentili, quelli che hanno messo i minuti» disse soddisfatto. Credeva che il mondo fosse fatto di persone che si prendevano cura degli altri.
Gli fece un po’ di solletico, e il piccolo, ridendo, scivolò presto nel sonno. Era sempre così: si spegneva di colpo, e la mattina riprendeva a vivere con la stessa velocità.
Miriam, nel letto accanto, era distesa su un lato e fissava il monitor di un lettore mp3; dalle cuffiette usciva un ronzio indecifrabile. Qualche mese prima, sua moglie gli aveva detto che la musica che uno sceglie non è questione di gusti: ogni età ha un suo ritmo interiore, e il corpo cerca qualcosa che lo faccia entrare in risonanza. Lei, ad esempio, ascoltava interi CD di campane tibetane. Quando tornava a casa, la sera tardi, dopo il lavoro, la trovava seduta sul letto, con le gambe incrociate, le mani sulle ginocchia, lo stereo acceso, interamente immersa in un’atmosfera di gong e riverberi, e gli pareva che quel corpo così esile avrebbe potuto lievitare, volare via, in un’altra dimensione. Si erano divisi gli elementi: lui pragmatico, terra e acqua; lei lunare, eterea come l’aria e volatile come il fuoco.
«Miriam…»
Lei si tolse le cuffie. Marco, intanto, aveva preso a russare come un orso raffreddato.
«Dimmi».
«Oggi ti sei spaventata?»
«Un po’».
Nonostante le tremasse la voce, non pianse. Parlarono per mezz’ora, sottovoce, della mamma, dei compiti, di quando lui era ragazzo e non andava bene a scuola – uno degli argomenti preferiti di Miriam. Un po’ alla volta si spensero i televisori dei vicini, e le voci, e i loro piatti e le pistole, lasciando che emergesse il rombo basso della città, il fruscio sottile della pioggia che la bagnava. Poi anche Miriam iniziò a cedere; quando la baciò sulla fronte aveva già il respiro pesante. Socchiudendo la porta, gli parve di sentire un soffio di vento, un alito d’aria che si muoveva, come se sua moglie, la piccola Eleonore dall’accento tedesco, fosse proprio lì, accanto a loro, a guardarli, ad accudirli, a proteggerli.

paolo-zardi-book-reviewPaolo Zardi, nato a Padova nel 1970, ingegnere, sposato, due figli, ha esordito nel 2008 con un racconto nell’antologia Giovani cosmetici (Sartorio). Successivamente ha pubblicato le raccolte di racconti Antropometria (2010, Neo Edizioni) e Il giorno che diventammo umani (2013, Neo Edizioni), il romanzo La felicità esiste (2012, Alet) e il romanzo breve Il Signor Bovary (2014, Intermezzi). Ha partecipato a diverse raccolte di racconti (Caratteri Mobili, Piano B, Ratio et Revelatio, Hacca, Psiconline, Galaad, Neo Edizioni) e suoi racconti sono stati pubblicati su Primo AmoreCattedraleRivista Inutile e nella rivista Nuovi Argomenti. È il primo autore italiano a essere stato tradotto e pubblicato sulla rivista Lunch Ticket dell’Università di Antioch (Los Angeles) con il racconto “Sei minuti” in Antropometria. Cura il blog grafemi.wordpress.com. Il romanzo XXI secolo è nella rosa dei candidati al Premio Strega 2015.

INDILIBR(A)I – Notte Prima Dello Strega alla libreria Scripta Manent

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

Libreria Scripta Manent
Via Pietro Fedele, 54 – Roma
tel. 06 97 99 33 19

Appuntamento da non perdere, mercoledì 15 aprile (a partire dalle 18:30) alla libreria Scripta Manent, per conoscere dal vivo i candidati al Premio Strega 2015.

Dal 16 aprile in poi, data in cui viene proclamata la “dozzina” che proseguirà la corsa al Premio Strega 2015, molte case editrici piccole e indipendenti “esauriscono” il sogno del premio più ambito della letteratura italiana.

Con un occhio di riguardo a questa fase preliminare, Lina Monaco e Maurizio Ceccato hanno deciso di dare voce ai protagonisti, anche a coloro che dopo il 16 aprile usciranno di scena, organizzando una maratona di letture delle opere candidate a entrare nella dozzina del Premio, ormai giunto alla LXIX edizione.

Hanno aderito all’iniziativa i seguenti autori:

Pietro Paolo Parrella, La Repubblica di Santa Sofia, Tullio Pironti Editore

Nicola Lagioia, La Ferocia, Einaudi

Francesco Caringella, Non sono un assassino, Newton Compton

Loredana Micati, Don Riccardo, Mursia

Elena Ferrante (interverranno Cecilia Tosi e Angelo Molica Franco), Storia della bambina perduta, e/o

Iacopo Barison (interverranno Claudia Papaleo e Marco Ruffo Bernardini), Stalin + Bianca, Tunuè edizioni

Laura Toffanello e Mario Pistacchio, L’estate del cane bambino, 66thand2nd

Giorgio Dell’Arti, I nuovi venuti, edizioni Clichy

Alberto Cavanna (interverrà Riccardo Trani), Il dolore del mare, Nutrimenti

Adriano Lo Monaco, La meteora di Luglio, La biblioteca dei Leoni

Federico Guerri, 24:00:00 , Il Foglio

Strega loc


Malacrianza

Malacrianza – Giovanni Greco

Malacrianza di Giovanni GrecoProseguiamo con Malacrianza di Giovanni Greco le recensioni dei libri editi da case editrici romane che sono rientrati nella rosa dei 12 candidati al Premio Strega. Nella cinquina dei finalisti, lo ricordiamo, è entrato il romanzo  La colpa di Lorenza Ghinelli (qui la nostra recensione).

Recensione di Manuela Di Vito

Malacrianza è un romanzo terribile, almeno quanto è inquietante l’immagine di Enrico Baj in copertina. Entrambi, le parole e il disegno, esprimono l’essenza ancestrale della violenza, della paura, dell’animalità umana che non è animalità appunto, che gli animali non farebbero mai come gli uomini, si dice sempre, e probabilmente è vero. Non c’è niente di più pericoloso di una persona che ha paura, fame, che si è sempre nutrita di paura e di fame e di insicurezze e di colla e di gatti morti, pure se è solo una creanza, criança in portoghese che significa bambino, creatura. Continua a leggere

Il corridoio di legno – Giorgio Manacorda

Giorgio Manacorda "Il corridoio di legno"Giorgio Manacorda esordisce in letteratura e al Premio Strega con Il corridoio di legno (Voland).

Recensione di Emanuela D’Alessio

«Lo Strega non è una mia idea però la casa editrice ci crede e va benissimo, sono contento» ha dichiarato Giorgio Manacorda all’Ansa, in occasione del suo tardivo esordio letterario. «Il corridoio di legno è breve ma ha avuto una gestazione lunghissima, di circa trent’anni. Scrivevo, non ero contento, lasciavo perdere, ci tornavo. Poi si è aperto qualcosa, mi sono avvicinato sempre di più a quello che volevo dire» spiega l’autore, esperto germanista, poeta e critico letterario.
«Non è un romanzo autobiografico, anche se ci sono delle cose vere. Forse per il tipo di sofferenze e problemi che affronta può essere considerato un romanzo generazionale. Nel libro immagino l’Italia di quegli anni con un regime sudamericano, una situazione come quella dei Colonnelli in Grecia. Ho sempre pensato che ci fosse uno scollamento perché per fare il terrorismo ci deve essere uno Stato autoritario mentre in Italia c’è sempre stata la democrazia. I comunicati delle Br sembravano deliranti perché parlavano di una realtà che non c’era, di uno Stato terribile che bisognava combattere con le armi. Io ho fatto il Sessantotto, conosciuto gente dell’ala estrema, e mi sono sempre sembrati scollati dalla realtà». Continua a leggere