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Stagioni – Mario Rigoni Stern

UNA STAGIONE DA LEGGERE Rubrica dedicata alle stagioni nei libri, perché ogni storia ha la sua stagione.

di Rossella Gaudenzi

StagioniPRIMAVERA – Stagioni di Mario Rigoni Stern

Amante e profondo conoscitore delle montagne, autore di Il sergente nella neve, reduce della ritirata di Russia del 1943, narratore delle storie di natura, Mario Rigoni Stern è nato alle soglie dell’inverno in montagna, il 1 novembre 1921, ed è morto in un giorno di primavera, il 16 giugno 2008, come avrebbe voluto.
I ricordi di una vita e quindi di tutte le stagioni di una vita sono raccolti nel libro Stagioni, scanditi da un ritmo universale e, letteralmente, della vita naturale dell’uomo, scollegato dalla città e di contro in simbiosi con il microcosmo di piante e animali. Non mancano dure memorie di guerra, non mancano delicati ritratti di flora e fauna in movimento o nella loro immobilità.

Riproponiamo qualche stralcio di primavera.

Se la prima neve che senti scendere in una notte di novembre è un invito a raccogliersi nei ricordi o nella lettura, la prima pioggia d’aprile che ascolti battere sul tetto ti dà ristoro e distensione, ritrovi un amabile sonno e poi, al mattino, il desiderio di andare, di uscire fuori a camminare in libertà e senza una meta perché la primavera non ha confini. Magari vorresti rincorrerla verso il Nord con quella coppia di cicogne che avevano sostato qualche giorno sugli stagni dei pascoli e sono volate via salutando noi che restiamo.

La partenza avveniva nel mese di marzo, quando il disgelo aveva liberato i passi che nelle nostre montagne erano come porte verso i paesi dell’Europa centrale. Andavano a piedi, con gli arnesi del mestiere dentro un sacco appeso alle spalle con due pezzi di corda, o sulla carriola che spingevano con l’indispensabile. Così i nostri montanari si avviavano verso la Prussia, l’Austria, la Boemia a lavorare in cambio di marchi o corone che davano poi la possibilità di svernare in famiglia.

A fine marzo, nelle ore più calde del mattino, la maestra Elisa invitava Matteo ad aprire le finestre e la primavera arrivava gonfiando le tende come vele di nave. Dentro l’aula giungevano l’odore della terra e del letame sui prati, il canto delle allodole, i passi di un cavallo, il rumore del carro.

Il Bosco di Mezzo, Mittelwald, era vasto e bello: un libro da leggere sulla vita vegetale e animale che si rinnova nei millenni. L’albero, anche se può vivere più di un secolo, è breve cosa nella vita della foresta: abeti densi di verde e d’argento, pecci alti come colonne con i rami rastremati lungo il tronco dal peso della neve di tanti inverni, larici feriti dal fulmine hanno vite personali, ma l’insieme è millenario.

Un anno, dopo il tempo degli amori, passò la guerra. Era di maggio. Già le femmine degli urogalli avevano deposto le uova nel sottobosco tra i mirtilli e i rododendri. I larici erano già fioriti e il polline del bosco, come polvere dorata, si adagiava sugli arbusti. Allora tre fortissimi bagliori seguiti da tre violentissime esplosioni fecero tremare la terra e squassare gli alberi.

Urogallo o gallo cedrone, foto David Palmer

Urogallo o gallo cedrone, foto David Palmer

Le femmine si acquattarono ancora di più sui nidi, quasi volessero penetrare nelle radici. Giunsero molte altre bombe, poi spari di fucile e di mitragliatrici, grida e vampate violarono quel bosco e i nidi furono abbandonati. Erano volati via tutti gli uccelli, fuggirono gli ultimi cervi e i caprioli. Anche le ultime poste di rifugio erano diventate pericolose e gli animali selvatici vagarono qua e là per altri luoghi disgraziati finché non trovarono un po’ di quiete sui versanti a nord delle montagne, impervi e freddi, dove la guerra non arrivava. Non arrivava nemmeno il sole e il cibo era duro e amaro.

Eravamo tutti, vecchi e ragazzi, donne e ragazze, dentro la primavera e non lo sapevamo. Dopo cena si usciva sulle strade a giocare ed erano tantissimi i giochi; alcuni esclusivi per noi, altri con le ragazze. Era divertente cacciare con il fazzoletto le bianche farfalle che a centinaia scendevano come neve dai due pioppi canadesi che mio nonno aveva fatto piantare nell’orto davanti la casa, dopo che questa era stata ricostruita sulle miserie della guerra.

Venne anche il tempo che i miei dissero che dopo avere raccolto i sassi dal prato della villa potevo dare una mano a spargere il letame. Era un lavoro più faticoso della fienagione perché con il tridente, dopo aver fatto dei mucchietti a giusta distanza, bisognava battere il letame e romperlo e sparpagliarlo in piccoli grumi, affinché  venisse bene assimilato dal prato e la falce che rasava l’erba potesse correre libera senza intoppi.

Mario Rigoni Stern (1921-2008)
«Sono nato ad Asiago nel 1921, in una casa appena ricostruita sulle macerie della Grande Guerra, da una famiglia che da secoli esercitava i commerci tra montagna e pianura, ma che anche aveva dato medici e ingegneri forestali». Entrato a far parte nel 1938 della scuola militare di alpinismo, come alpino prende parte alla Grande Guerra in Francia, Grecia, Albania e Russia. Dalla Russia rientra nella primavera del 1943, salvandosi con pochi altri dalla tragedia della ritirata delle truppe italiane. Nel 1945 inizia a scrivere il primo romanzo, Il sergente nella neve, pubblicato nel 1953 per Einaudi da Elio Vittorini. Tra le altre opere, edite da Einaudi, Il bosco degli urogalli (1962), Ritorno sul Don (1973), Storia di Tönle (1978), Le stagioni di Giacomo (1995). Muore ad Asiago il 16 giugno 2008, in un giorno di primavera, come avrebbe voluto.

Stagioni
Mario Rigoni Stern
Einaudi, 2006
pp. 145, € 10,80