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Un libro si scrive. La parola allo scrittore Sandro Bonvissuto

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma

COSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma

di Emanuela D’Alessio e Rossella Gaudenzi

In un’atmosfera rilassata e calda, nonostante il vento polare che improvvisamente ha travolto Roma, sabato 16 gennaio ha preso il via la seconda edizione di Cosa si fa con un libro? con lo scrittore Sandro Bonvissuto.
C’erano una trentina di persone, tra gli altri anche Marco e Cristina, i librai di Pagina 348, nella libreria-salotto L’Altracittà con la padrona di casa Silvia Dionisi e le serpenti romane Emanuela D’Alessio, Rossella Gaudenzi e Sabina Terziani.
Bonvissuto non è uomo di poche parole ed è stato un po’ impegnativo, ma divertente, moderarne l’eloquio, con risultati comunque soddisfacenti per tutti.

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Il ruolo dei librai indipendenti. Trovandoci in una libreria non si poteva non cominciare da qui, dal libraio indipendente e dal suo ruolo. Per Bonvissuto il libraio vero, quello che legge i libri, che è in grado di dire a un cliente: «Questo libro è per te», che fa il proprio mestiere con passione e competenza, che riesce a veicolare buoni libri e sostenere realmente la lettura, è una specie in via di estinzione. «Sono pessimista, quando scompariranno i pochi veri librai indipendenti ancora in circolazione, vedo la fine». E per sottolineare di che pasta è fatto un libraio vero, Bonvissuto ha ricordato che al Punto Einaudi di Barletta, «luogo che nell’immaginario collettivo non viene di certo associato al mondo del libro o a una folla di lettori», sono state vendute circa mille copie del suo libro Dentro, mentre in una qualsiasi libreria di catena in una grande città se ne vendono due o tre decine al massimo.

bonv.1Il perché della scrittura. Alla fatidica domanda sul perché della scrittura Bonvissuto in realtà non ha risposto. «Non c’è un perché. Posso parlare più di un insieme di elementi casuali, non sempre facili da ricostruire, che hanno portato a un risultato ben riuscito».  La sua la definisce una scrittura “preterintenzionale”, perché scaturita inconsapevolmente, senza l’obiettivo della pubblicazione. «Lo scrittore è colui che scrive, non quello che pubblica – ha aggiunto – e scrivo quello che mi piacerebbe leggere».
Bonvissuto, che è laureato in filosofia e fa il cameriere, ha raccontato i suoi esordi inconsapevoli di scrittura quando era al liceo e non godeva di particolare successo fra i professori. In un paio di occasioni i suoi temi vennero riconosciuti come “molto belli”, a dispetto della sua fama di pessimo studente. Ma allora non diede retta a quei segnali. Soltanto dopo si mise a scrivere seriamente e quando tornò a casa con il suo primo librino stampato (peraltro mai distribuito), sentì di avere già realizzato un sogno. Da quel librino è poi scaturito un sogno ancora più grande e nemmeno immaginato: la pubblicazione con Einaudi.

Racconto o romanzo? Alla domanda se fosse uno scrittore di racconti o di romanzi ha risposto: «Non è stata mia la scelta di esordire con il racconto. Quando sono stato contattato dalla Einaudi avevo un intero romanzo in testa, ma l’incontro con la editor ha chiarito che la richiesta era per un libro di racconti. Credo che Dentro abbia il sapore del romanzo di formazione: contiene, a ritroso, l’adulto, l’adolescente, il bambino. Io amo i racconti – ha proseguito – come non amare quelli sublimi di Raymond Carver, ad esempio? Per poter scrivere un racconto si deve conservare l’impatto della poesia, bisogna essere capaci di misurare le parole, non una in più né una in meno. Il racconto richiede una sensibilità sopraffina. Comunque l’idea di scrivere un romanzo è rimasta intatta, e magari quando lo scriverò scoprirò che mi venivano meglio i racconti».

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Carcere e letteratura. Dopo una breve lettura di Il giardino delle arance amare, il primo dei tre racconti di Dentro, con cui Bonvissuto ha esordito nel 2012 per Einaudi, si è parlato di carcere e letteratura. Il giardino delle arance amare è la storia, narrata in prima persona, di un uomo senza identità e colpa, che trascorre un tempo imprecisato in carcere. Entriamo con lui, viviamo i suoi gesti, i suoi giorni senza tempo e i suoi pensieri e alla fine usciamo con lui, certi di aver imparato qualcosa in più. «Per arrivare a questo risultato – ha spiegato Bonvissuto – mi sono documentato, ho visitato molte carceri italiane, anche penitenziari di massima sicurezza, ho incontrato detenuti di ogni tipo, anche camorristi, ho letto tutta la letteratura sul carcere e la detenzione, lettere e corrispondenze. Il racconto ha una forte componente di verismo».

In carcere ci sono libri? «Dipende dalle situazioni. Esistono carceri modello dove sono previsti percorsi di lettura e altri penitenziari dove il concetto di detenzione è fermo a qualche secolo fa. Le associazioni, non di rado quelle di natura religiosa, riescono talvolta a smuovere le acque, a concretizzare qualcosa. Il panorama è dunque estremamente complesso. Insomma anche in questo caso il tema libro si conferma problematico».

Esordire con un grande editore. «Non è cosa da poco – ha ammesso – essere in collana con Philip Roth. Per sopportare il peso di una casa editrice di questa portata, con il migliore catalogo disponibile, occorre una solidità psicologica non indifferente. L’ambiente è complicato e volendo fare un paragone con il mondo dello sport, sarebbe il caso di dire che qui se sbagli una partita non giochi più. E pensare che Einaudi era l’unica casa editrice cui non avevo inviato il mio manoscritto».

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La conversazione sarebbe proseguita ancora a lungo se il tempo a disposizione non fosse scaduto. Riprenderemo il discorso in un’altra occasione, magari a cena nella trattoria dove Sandro Bonvissuto quando non fa lo scrittore indossa le vesti del cameriere.

Cosa si fa con un libro, seconda edizione romana in libreria, prosegue il 6 febbraio alla libreria Pagina 348 con Sandro Ferri, editore di e/o.

Cosa si fa con un libro? A Roma, la parola alla scrittore Sandro Bonvissuto

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma

Primo appuntamento della seconda edizione romana di COSA SI FA CON UN LIBRO?
Il 16 gennaio 2016, 17:30, alla libreria L’Altracittà (Via Pavia, 106, zona Piazza Bologna).

Cosa si fa con un libro raddoppia e torna a Roma, mentre a Milano si è appena svolto il terzo incontro dell’edizione #scatolalilla, nella libreria Il Mio Libro di Cristina Di Canio.

A Milano si è parlato di promozione culturale con Oliviero Ponte di Pino, di scrittura con Francesca Scotti e di editoria con l’editore NN.

A Roma cominciamo il 16 gennaio e parleremo di “Un libro si scrive” con lo scrittore Sandro Bonvissuto, che ha esordito nel 2012 con Dentro (Einaudi), tre racconti narrati in prima persona, tappe di vita a ritroso, dall’età adulta alla prima infanzia.
Bonvissuto è laureato in filosofa e fa il cameriere. Gli chiederemo, tra le altre cose, il perché della sua scrittura, qual è il rapporto con l’editore e con i lettori, qual è o dovrebbe essere il ruolo del libraio.

Ospiti della libreria L’Altracittà, interverrà anche la padrona di casa Silvia Dionisi, con cui proveremo a fare una riflessione sulla condizione dei librai indipendenti oggi, sulle loro necessità, sulle difficoltà di fare rete.

E dopo le chiacchiere un aperitivo, offerto dalle serpenti romane Emanuela e Rossella.

Vi aspettiamo!

INDILIBR(A)I – La libreria L’Altracittà – Intervista a Silvia Dionisi

L'altracittà_coverINDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

L’Altracittà
Via Pavia, 106 (Policlinico/Piazza Bologna) – Roma

06.64465725 / mob. 338.8329517
http://www.lacittadeilibri.it/
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di Lorena Bruno

Silvia Dionisi è nata a Rieti, ha un dottorato di ricerca in Storia e Teoria dello sviluppo economico, ha deciso di fare la libraia una decina di anni fa, rilevando insieme al suo amico e compagno di studi Andrea Petrini la libreria Moderna a Rieti. Dal maggio scorso hanno raddoppiato, aprendo a Roma la libreria L’Altracittà.

Quando e perché inizia la tua storia di libraia?
Comincia poco più di dieci anni fa, dopo un percorso di studi umanistici e di ricerca universitaria, ma a un certo punto mi sono stancata dei tempi universitari e della solitudine dello studioso. Un annuncio su una rivista locale mi informò che a Rieti − la mia città d’origine − una libreria storica stava per essere ceduta. Avevo ben presente quel posto, perché era un po’ magico, una libreria d’impostazione classica, tutta in legno, come fosse una biblioteca o una farmacia. In poche ore, con due amici d’infanzia e le rispettive famiglie, abbiamo pensato di intraprendere questo folle volo. Tutti e tre avevamo una formazione esclusivamente umanistica, incapaci di gestire un libro contabile, senza sapere cosa volesse dire lavorare con distributori, editori, scadenze, ricevute bancarie, eccetera. Siamo stati affiancati, poi in un secondo momento siamo andati avanti da soli, scoprendo ognuno le proprie attitudini in quel nuovo lavoro, e la bellezza del contatto col pubblico. Le persone che vengono in libreria si aprono e raccontano le loro storie, con tutto quello che comporta nel bene e nel male. Non volevamo limitarci alla sola vendita del libro, ma volevamo che ci fosse qualcosa da condividere, e abbiamo iniziato a organizzare gli incontri con l’autore. In una città piccola come Rieti diventava un vero e proprio evento. Fare il libraio è faticoso, richiede tutte le tue energie, non sempre si è disposti a sacrificare tutto per un lavoro che spesso ti lascia senza un soldo per lunghi periodi, così da tre soci siamo diventati due.

Silvia Dionisi

Silvia Dionisi

E avete deciso di aprire anche a Roma.
Dai tempi dell’università ho sempre vissuto a Roma, facevo la pendolare. Quando si è aperta una possibilità in zona, e dopo aver verificato che qui non esisteva nulla di simile a quello che avevo in mente, ho deciso di avviare anche questa esperienza romana. Siamo in Via Pavia dal maggio scorso, sufficientemente contenti. Non molliamo mai, cerchiamo sempre nuove idee, convinti che le librerie di nuova generazione siano dei veri e propri presidi culturali, non da soli ma con i lettori. Il nostro è diventato uno spazio aperto da vivere insieme, una nuova agorà.

Perché il nome L’Altracittà?
Perché per me Roma era veramente “l’altra città”, lavorando a Rieti. E poi nella città della tristezza, della crisi, delle brutture c’è anche spazio per altro che si può condividere. La nostra non è una libreria per bambini, nonostante ci sia uno spazio dedicato a loro, perché secondo me è importante che gli adulti condividano momenti pensati per i più piccoli e che i piccoli, a loro volta, partecipino a certi eventi con gli adulti.

Che cosa deve fare un libraio per non soccombere alla crisi?
Il libraio e la libreria tradizionale devono corredarsi di altre attività, i canali di distribuzione sono cambiati, si sono moltiplicati e il servizio che possiamo fornire noi librai è la cura del cliente e il racconto del libro, individuare insieme al cliente (che a me piace chiamare lettore) quale sia la lettura migliore per lui. Il libraio è una sorta di consulente della lettura e la lettura di un buon libro fa stare meglio, fa parte del prendersi cura di sé. Inoltre la libreria è un luogo fisico che si identifica molto, nelle grandi città, con il proprio quartiere. In questi primi mesi di attività ci siamo concentrati sull’osservazione e lo scambio per capire che cosa interessa, non soltanto riguardo ai libri, ma anche per altre attività; si può prendere spunto da un libro per parlare di cinema, teatro, musica e molto altro. Per questo motivo la libreria si identifica con il tessuto sociale che la circonda, per costruire insieme un’offerta culturale. La risposta del quartiere è positiva, c’è curiosità, attenzione, una forma di sostegno alla vendita del libro.

Di che cosa hanno bisogno i librai oggi?
Hanno bisogno di un rapporto diretto con gli editori per un ascolto reciproco; ci sono troppe mediazioni tra editori e librai, troppe distrazioni, troppi libri pubblicati. C’è bisogno di un dialogo vero e di una maggiore tutela a livello legislativo.

Se fossi solo una lettrice, che cosa vorresti trovare in libreria?
Mi piacerebbe trovare storie di donne, storie che hanno a che fare con il viaggio, anche temporale: mi piace leggere di personaggi storici e biografie di chi ha vissuto una vita particolare. Faccio molta attenzione anche al formato del libro, mi piacciono formati piccoli e molto curati come quello Sellerio. I libri devono attirare la mia attenzione anche da questo punto di vista.

Quali sono i libri che hai scelto di vendere nella tua libreria?
Ho pensato che sarebbe stato bello un ritorno ai classici di ogni paese. Ho fatto una sorta di mappatura di quei titoli che, a seconda delle diverse aree geografiche, sarebbero stati quelli di riferimento. Mi sono servita anche dei repertori sulle buone letture, per esempio I libri ti cambiano la vita di Romano Montroni (Longanesi) o Come curarsi con i libri edito da Sellerio. Immaginando che i classici più noti si trovino in ogni casa, li abbiamo integrati con i titoli meno conosciuti degli autori più famosi e pubblicati da case editrici più piccole, ma molto attente alla qualità.

Chi sono i clienti della tua libreria?
Persone dai 25 fino ai 55-60 anni, di buona cultura, abbastanza informati sulle nuove uscite; sono clienti curiosi, uomini e donne in uguale misura. Sono molto aperti, a caccia di libri non troppo in vista, sono lettori consapevoli.

Quali sono le iniziative di promozione della libreria?
Sulla promozione sono un po’ fiacca, credo. On line uso solo Facebook e il sito web. La promozione per me è molto tradizionale, innanzitutto il passaparola che, sebbene lentamente, mi sta portando discreti risultati; poi ci sono altre attività non strettamente promozionali ma che rappresentano proprio l’anima della libreria, tutte quelle iniziative che consentono di riempire la libreria di persone. Sì perché per me la promozione è avere la libreria piena di gente.

Qual è il libro più venduto nell’ultimo mese?
Soprattutto Giuda di Amos Oz (Feltrinelli), e la tetralogia di Elena Ferrante (e/o). In generale vendo molto tutti i libri di tradizione ebraica, il quartiere è ad alta densità ebraica e sono tutti lettori forti, sia di saggistica sia di narrativa.

la-sua-voce-e-profumoQuale libro ti piace consigliare di più?
Cerco più che altro di ascoltare i lettori e capire le loro attitudini. Ho consigliato spesso libri che parlano di altri libri, come ad esempio Curarsi con i libri, edito da Sellerio. Un libro che consiglio molto è anche Una trilogia palestinese di Mahmoud Darwish (Feltrinelli), che non è molto conosciuta.

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
In questi giorni c’è La sua voce è profumo di Giovanna Zucconi, edito da Mondadori, che segue un po’ il filone dei libri sugli odori.

 

 

 Lorena Bruno oltre a collaborare con Via dei Serpenti sta organizzando il concorso letterario Racconta un libraio.

Giovedì 12 febbraio alle 18:30 sarà alla libreria L’Altracittà per presentare la raccolta di racconti I fantasmi dell’aldiquà (La Scuola di Pitagora, 2014) insieme all’autore Luca Ricci.