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Un libro di storie sospese

di Elena Refraschini

Esce oggi per Rizzoli  La libreria delle storie sospese, il primo romanzo di Cristina Di Canio, la vulcanica libraia di Il Mio Libro, in Via Sannio 18, a Milano.  

Alle 10:30 tutti alla “scatola lilla” di Cristina per festeggiare.

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Conobbi Cristina Di Canio una mattina soleggiata di qualche anno fa, spinta dalla curiosità verso quella piccola libreria vicino Porta Romana che aveva lanciato l’iniziativa di cui tutti parlavano, il “libro sospeso”.
Mi trovai davanti un piccolo vulcano, una giovane donna piena di entusiasmo e di amore genuino per i libri, con lo sguardo luminoso proprio di chi sta gestendo venti attività e ne sta già pensando altre quaranta.
Innumerevoli eventi (tra i quali anche il primo ciclo milanese di Cosa si fa con un libro?) e oltre seicento libri sospesi dopo, eccoci qui: l’entusiasmo di Cristina sembra triplicato, ora che è uscito per Rizzoli il suo primo libro, La libreria delle storie sospese.
A essere sincera, prima di iniziare la lettura non sapevo bene cosa aspettarmi. Le librerie sono invase da prodotti di bassa qualità, scritti da autori improvvisati che non sono nemmeno stati aiutati da un editing decente. Certo, fare la libraia non è come fare la cuoca o l’attore o – rullo di tamburi – lo youtuber, su questo non ci piove: ad ogni modo, lo scrittore ha un mestiere diverso.
Già con due pagine alle spalle, posso tirare un sospiro di sollievo: il libro è ben scritto, e viene naturale lasciarsi trasportare in quel magico Paese delle Meraviglie – come l’ha definita Marco Missiroli in quarta di copertina – che è la “scatola lilla” di Cristina.
La storia, per la maggior parte, è proprio quella della libraia: Nina, così si chiama, è proprietaria della libreria di quartiere, è vegana, ha una nipotina di nome Asia, non ama i numeri. Vi troviamo anche il libro sospeso: due clienti della scatola lilla iniziano a scambiarsi libri in regalo come messaggi segreti, violando per una volta la regola che prevede la totale anonimità di mittente e destinatario. Gli episodi più assurdi (la madre che abbandona il figlio di cinque anni in libreria, il pazzo che parla con Dio…) sono troppo assurdi per essere inventati, e infatti non lo sono.
libreria_coverLa libreria delle storie sospese, però, non è affatto un diario. Non solo perché la voce narrante non è quella della stessa Nina ma di Adele, un’anziana signora che ha preso la libreria come il suo “ospedale dell’anima”. Ma soprattutto perché sarebbe riduttivo parlare di questo libro come della storia di una libraia: certo, è la storia di una giovane che ha realizzato il proprio sogno, ma è anche la storia di chi c’era prima di lei, la storia dei giovani immigrati dal sud Italia, delle canzoni del fermento operaio, delle case di ringhiera; la storia di un quartiere che cambia, che poi è quella di tanti quartieri a Milano così come in tutta Italia. Chi conosce Cristina non faticherà a trovare le somiglianze tra il racconto e la vita reale, ma questa è una storia che nella sua semplicità aspira a essere universale.

Partiamo dall’inizio: com’è nata l’idea di scrivere La libreria delle storie sospese?
Non avevo assolutamente, come si dice, un libro nel cassetto. Galeotta fu una cena a cui partecipai un anno fa: in quell’occasione si chiacchierava del libro sospeso e iniziai a raccontare di questi due clienti che, per un periodo, si sono scambiati libri. La storia è piaciuta, e da quella siamo partiti. L’idea originale, poi, è cambiata: lavorando con Stefano Izzo e Benedetta Bolis, sono arrivata dove non sarei riuscita da sola. Per esempio, all’inizio era Nina a raccontare la storia, ma ci siamo resi conto che avremmo avuto l’opportunità di raccontare una storia più grande se fosse stata l’ottantenne Adele a parlare. La storia di Adele, che era davvero un’amica della libreria, è quella dei miei genitori e dei miei nonni.

Infatti, questa non è solo la storia di Nina e della sua libreria, ma è anche quella di un intero quartiere.
Io sono nata e cresciuta qui, in una casa di ringhiera. Erano i miei genitori, venuti dal Sud, a leggere i cartelli “non si fitta ai meridionali” di cui racconta Adele nel libro, e sempre loro si sono conosciuti praticamente litigando quando erano vicini. Quella della casa di ringhiera è una vita fatta di storie: ho sempre amato le storie, sin da quando mi addormentavo sulle ginocchia di mia madre mentre chiacchierava con le amiche nell’androne. Soprattutto sono affascinata da come erano le cose una volta, com’è cambiata nel tempo qualcosa che vivi nella tua quotidianità pensando che sia sempre stata così. Penso allo scalo di Porta Romana, per esempio, ma è così per così tanti luoghi in Italia.

Nel tuo lavoro di libraia avrai conosciuto centinaia di scrittori. Ti sei ispirata a qualcuno nel tuo stile?
Non ho preso modelli particolari durante la stesura del libro, però ho cercato di giudicarlo come i libri che vendo: quelli che mi piacciono di più sono i libri che raccontano una bella storia, e che sono autentici. Ho cercato quindi di scrivere nel modo che sentivo più vicino a me, e ho fatto molta attenzione ai dialoghi, perché non risultassero finti.

Ora che sei anche un’autrice, vedi il tuo lavoro come libraia e i libri in modo diverso?
Assolutamente sì. Ho sempre amato e rispettato i libri perché sono il mio lavoro e perché dietro c’è il lavoro di tante altre persone. E sono sempre stata affascinata dal fatto che uno stesso libro, quando entra in contatto con persone diverse, diventa una storia diversa, più personale. Come Adele, che ha davvero letto Il giovane Holden mentre allattava in ospedale. Ma oggi, un libro esce ed è praticamente già un malato terminale. Deve fare il botto entro due mesi. Ma perché non posso permettere a qualcuno di scoprirlo sei mesi dopo l’uscita? Capita a volte che qualcuno entra in libreria chiedendomi dove siano le novità. Ma se tu non hai mai letto un libro, per te sarà sempre una novità! Almeno per quanto riguarda la narrativa. Questa esperienza mi ha fatto toccare con mano la fatica che sta dietro la produzione del libro, dall’autore, all’editor, alla revisione delle bozze, alla grafica di copertina. I librai hanno risposto molto positivamente, e sono felicissima e spaventata al tempo stesso.

Girerai per le librerie dei tuoi colleghi per promuovere La libreria delle storie sospese?
Sì, dal 20 maggio più o meno girerò l’Italia, e sono felice di conoscere nella vita reale tanti colleghi che conosco solo virtualmente. Sarà emozionante poter parlare di questa storia nelle loro librerie, a loro volta piene di altre storie.