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FUORI STRADA: intervista a Maurizio Ceccato

FUORI STRADA – Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”

Intervista a Maurizio Ceccato, grafico di HACCA

Quando e come ha iniziato a lavorare nell’editoria?
Ci sono due momenti in realtà. La prima volta è stata quando non ero ancora maggiorenne e sono entrato in uno studio di fumetti dove ho iniziato a lavorare con una serie di professionisti che avevano un approccio artigianale e diversi committenti legati all’editoria e alla pubblicità. La seconda volta è stata quando ho preso la patente da freelance nel 1994 e ho iniziato a collaborare con «il manifesto» e poi con altre realtà editoriali periodiche fino all’editoria libraria.

Lei è anche un illustratore, quanto influisce questo nel suo lavoro?
Non ho mai considerato le due attività come separate. Per me esiste solo un risultato estetico finale apprezzabile. L’illustrazione è grafica e la grafica è illustrazione.

Com’è nata la collaborazione con Hacca e qual è l’idea che sottende alla grafica della casa editrice?
Ci sono editori con i quali l’alchimia nasce al primo incontro, altri che hanno bisogno di un rodaggio più lungo. Con Hacca e Francesca Chiappa è stato un colpo di fulmine. Antonio Veneziani è stato il complice che ci ha messi uno davanti all’altra grazie alla pubblicazione di Cronista della solitudine. Le forme di ricerca che stavo portando avanti in quel momento avevano incrociato la pulizia e le linee del liberty e della cartellonistica in stile vittoriano. Ho pensato che unite a un gusto contemporaneo per l’illustrazione pop avrebbero potuto essere un buon corto circuito che dialogava con la forma-libro. Dal design all’’illustrazione passando per il concept ho preferito eseguire tutto con segni che provenissero dalla mia progettazione grafica, per avere un controllo maggiore sul risultato finale. L’utilizzo del bianco poi come leitmotiv e una carta martellata senza plastificazione sono stati altri due elementi caratterizzanti per una giovane casa editrice che aveva bisogno di connotarsi.

Nel panorama editoriale è importante essere riconoscibili. Penso alle belle copertine di La banda Apollinaire di Renzo Paris o a Verrai a trovami in inverno di Cristiana Alicata. Quanto conta per una piccola casa editrice avere un buon impatto grafico?
Penso che a costo di essere banale, alla base di una casa editrice, prima del packaging, debba esserci un buon piano editoriale con delle persone che hanno una passione sfrenata per questo lavoro. Il resto è più facile. Avere delle buone idee per confezionare i libri non è difficile, complesso sì ma non difficile. L’interlocutore di fronte alle mie idee non ha alcun timore, come le persone che lavorano in Hacca. Ogni volta che si vedono recapitare proposte, per quanto diverse tra loro, rilanciano in un buon gioco di squadra. Raro.

Si parla spesso di copertine, dell’abito del libro, cosa le piace trovare in una copertina, o in un progetto grafico, e cosa a suo parere non funziona?
Parto dai difetti. La disfunzione che c’è tra l’editore e il designer oggi è diventata subordinata ad alcune logiche promozionali, per me incomprensibili, che portano gli editori o direttori di collana a chiederti di copiare cose brutte che hanno confezionato altri con dei best-seller, anche esteri, ma esteticamente poco sostenibili. Questo è quanto di più sbagliato possa esserci in giro oggi. E lo si può toccare con mano infilando gli occhi in libreria o sfogliando i cataloghi degli editori degli ultimi dieci anni. Logica che non ha toccato altri ambiti come il design per la musica, che spinge la propria ricerca su sponde sempre più sperimentali o quella di confezioni dinamiche per la pubblicità su internet. Se mi chiedi cosa mi piace trovare su di una copertina, su un packaging, su una pubblicità, la risposta è breve ma complessa: stupore.

Hacca a parte, qual è una casa editrice di cui apprezza il lavoro?
Se parliamo di un lavoro complessivo non costruito dal sottoscritto col mio studio IFIX e vogliamo circoscrivere il perimetro al mondo editoriale conosciuto, direi Mondadori, con il lavoro di sottile ricerca che Giacomo Callo sta portando avanti da più di dieci anni. Ho particolarmente apprezzato recentemente il restyling fatto sulla SIS e qualche anno fa sulla storica collana di poesia Specchio.

È passato un anno dalla pubblicazione di Non capisco un acca. Quali sono gli altri progetti in cantiere?
Scripta Manent. Bookshop costruito con piccoli editori indipendenti nello studio di IFIX con Lina Monaco, con l’intento di potenziare il legame tra contenuto e immagine. In ambito editoriale stiamo lavorando alla pubblicazione del terzo volume di «WATT – senza alternativa». In forno c’è anche un altro progetto chiamato «B comics – Fucilate a strisce» che stiamo resuscitando dopo un letargo durato un decennio e che vedrà presto la luce in forma cartacea.

Un commento sulla copertina di Verrai a trovarmi d’inverno
Mettere in piedi dieci idee che non vedranno la luce. Dopo uno scambio intenso con la redazione di Hacca e la mia ostinazione a trovare delle immagini che fossero “narrative”, cambio tutto. Pesco dall’immaginario adolescenziale: Biancaneve. Avevo pensato a una Biancaneve che fosse più bianca del bianco. Una nuova vergine. E il primo bozzetto aveva il volto coperto con un passamontagna con i tacchi. Poi da Francesca arriva lo spunto. Tolgo tutto e buco il viso. I pallini rossi che cadono dal vestito sono un diversivo.

Un commento sulla copertina di Denti guasti
Un’immagine che avevo disegnato per un’altra copertina sempre di Hacca ma che era rimasta nel cassetto. Quando ho letto gli input della redazione abbiamo capito tutti che sarebbe stata quella l’immagine per Denti guasti. Il cuore che galleggia come un pensiero davanti agli occhi chiusi della ragazza è come un baloon che non parla. Pulsa.

Un commento sulla copertina di Uno in diviso
Titolo complesso per un romanzo che avevo letto ma con un’altra copertina, non mia. Essere vicino ai personaggi e suscitare un’inquietudine lieve senza far trapelare nulla. Lo sguardo di chi sa e ghigna fetido nell’ombra.

Un commento sulla copertina di Viaggio nella notte
Un archetipo della cultura urbana e suburbana. L’assenza del corpo umano di un personaggio perso nello spazio della metropoli.

 

FUORI STRADA: intervista a Francesca Chiappa, editore di HACCA

FUORI STRADA – Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”: intervista a Francesca Chiappa, editore di HACCA.

Com’è nata Hacca? Che cosa l’ha spinta a fondare una casa editrice?
Hacca nasce nel 2006, all’interno di un’altra realtà editoriale (Halley Editrice) che si occupa di editoria professionale. Il progetto Hacca nasceva con la volontà di pubblicare narrativa contemporanea, soprattutto italiana, con uno sguardo privilegiato verso autori emergenti, in un momento in cui il mercato non incoraggiava ancora la pubblicazione di esordienti. Dopo il 2008, anno in cui ho rilevato il marchio editoriale, al catalogo di narrativa contemporanea abbiamo affiancato il recupero di autori del Novecento italiano introvabili negli scaffali delle librerie.

A sei anni dalla nascita di Hacca crede di aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissata?
L’obiettivo della nostra casa editrice è sempre stato quello di creare un dialogo attorno ai nostri libri. Lo facciamo ogni giorno, con interlocutori sempre diversi. Guardiamo alla casa editrice come a un luogo di scambio, a uno spazio dove costruire progetti, e tra questi ci sono i libri. Ogni libro è frutto di un’esigenza: riflessione, conoscenza, memoria. I libri restano per noi delle risposte e ogni libro è un obiettivo raggiunto.

Crede che per una piccola casa editrice il fatto di trovarsi lontano dalle grandi città possa rappresentare un’ulteriore difficoltà?
Ci chiediamo spesso come sarebbe il nostro lavoro in una redazione a Roma o a Milano. Dove siamo noi, in un territorio diviso tra campagna e distretti industriali in forte crisi, ci sentiamo una roccaforte. È vero che è più difficile essere al centro di una comunità (editoriale, culturale), ma è una distanza che ci richiede più impegno, e dunque più concentrazione.

Tutti gli editori si lamentano della crisi, del calo delle vendite, delle difficoltà economiche sempre maggiori. Da piccola casa editrice avete sentito molto il colpo della crisi, oppure è un problema che ha investito maggiormente gli editori più grandi?
Noi piccoli combattiamo una crisi cronica. Certamente il colpo è stato proporzionale alle nostre dimensioni, ma ogni colpo, anche minimo, rischia di metterci al tappeto, soprattutto perché in questo momento siamo senza protezioni, e senza protezioni sono in particolare i lavoratori del mondo editoriale: redattori, editor, grafici, traduttori, uffici stampa, promotori. La paura è che la nostra capacità di resistenza vada sempre più a esaurirsi, in un contesto dove le librerie, nostri interlocutori principali, hanno difficoltà crescenti.

Come è organizzato il lavoro in casa editrice e quanti titoli sono pubblicati in un anno?
Hacca pubblica 10 titoli l’anno, cercando di dedicare quanta più cura redazionale possibile. In casa editrice Alessandra Olivieri si occupa dell’amministrazione e della promozione nelle librerie, oltre a essere una validissima lettrice di manoscritti. Abbiamo delle collaborazioni “esterne”: quella storica con Maurizio Ceccato per la grafica, con Giuseppe Lupo per la cura della collana di recuperi, con Mauro Maraschi che sta curando l’editing dei romanzi in uscita. Sono collaborazioni esterne in senso fisico, perché in realtà ognuno di loro fa parte del nostro progetto editoriale.

Nel dibattito su crisi e decrescita che si è scatenato l’anno scorso (e che ora sembra essersi già sopito) qual è la sua posizione?
Per decrescere “felicemente” si deve prima raggiungere un livello di benessere e di sicurezza. Il mercato librario impone una crescita continua: la produzione di novità deve compensare le perdite dei titoli vecchi, con un ritmo sempre crescente che impone una permanenza dei titoli in libreria sempre minore. Il libro sta diventando trasparente, e immagino bolle “editoriali” simili a quelle immobiliari. A questo si può rispondere con un controllo del numero delle uscite, ma sono i grandi editori che saturano il mercato (già saturo) a dover contenere il numero delle novità in uscita: si garantirebbe un tempo maggiore di permanenza dei titoli in libreria, e si assicurerebbe quella bibliodiversità indispensabile per salvare la lettura.

L’aspetto grafico di Hacca è molto riconoscibile e molto elegante grazie alla inconfondibile mano di Maurizio Ceccato. Come siete arrivate a scegliere proprio lui? In cosa l’aspetto estetico dei libri Hacca rispecchia lo spirito della casa editrice?
Maurizio Ceccato è stato “portato” dentro il progetto Hacca da un nostro grande e amatissimo autore: Antonio Veneziani. È stato lui a pretendere un Ceccato in copertina. Ci siamo conosciuti, e abbiamo subito capito che Hacca per esistere aveva bisogno delle grandi intuizioni di Maurizio. La linea grafica ci ha dato visibilità e riconoscibilità, mentre ogni singola copertina realizzata da Maurizio è un dialogo con i lettori.

Nel vostro catalogo ci sono alcuni libri che senza esitazione definirei “forti”, come ad esempio Uno in diviso di Alcide Pierantozzi o Viaggio nella notte di Massimiliano Santarossa. Qual è l’idea di letteratura che sta alla base delle vostre scelte editoriali?
Noi vogliamo la verità nei libri che pubblichiamo, e spesso è una verità che fa male. Sia Uno in diviso che Viaggio nella notte raccontano l’inferno in terra. Sembra quasi che nelle loro parole non ci sia speranza, quando invece crediamo che il solo atto di scrivere e di raccontare sia un riscatto, una rivalsa. Un atto politico. Non tutto il nostro catalogo è così atroce. Tuttavia la nostra non è certo una letteratura consolatoria: ogni nostro libro vuole mettere in crisi il lettore, vorrebbe scuoterlo, metterlo in guardia.

Lei è anche editor; qual è la sua visione di editing? In cosa consiste il lavoro che svolge sui testi?
Generalmente non sono io che lavoro all’editing dei libri che pubblichiamo. Tuttavia in Hacca vige la regola del rispetto dell’autore: quando scegliamo un romanzo da pubblicare, è perché non solo crediamo nella storia, ma anche nell’autore, nella sua scrittura, nella sua voce. Per questo il nostro editing è un lavoro di ascolto, piuttosto che di intromissione.

Ci può anticipare qualcosa sulle uscite dei prossimi mesi?
Il 20 febbraio usciamo con un libro che abbiamo amato molto in casa editrice. Si tratta di Non avere paura dei libri di Christian Mascheroni, nato nel blog di Chicca Gagliardo “Ho un libro in testa” e approdato proprio oggi qui in redazione. La commovente storia di una famiglia è raccontata attraverso i titoli dei libri letti, e salvati dagli incendi che scoppiavano in casa. Christian è poi un autore che con una scrittura semplice e allo stesso tempo tesa può ambire a un pubblico molto ampio. Intanto ce lo teniamo stretto come un tesoro. Ad aprile usciamo con La tessitrice, romanzo d’esordio di Mirella Ioly, scrittrice che attualmente vive in Canada: una storia che parte dal Cile durante gli anni della dittatura, per attraversare spazi e ricordi insieme alla protagonista Antonia; un intreccio familiare raccontato con grande abilità, e con una lingua meravigliosamente forgiata dalla distanza. Inoltre continueremo con i recuperi della letteratura del Novecento italiano.

FUORI STRADA: approfondimento HACCA

FUORI STRADA – Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”

HACCA – Matelica (Macerata)

Proseguiamo gli approfondimenti di FUORI STRADA con HACCA, la piccola casa editrice marchigiana fondata da Francesca Chiappa nel 2006.
Con un piano editoriale che prevede 10 titoli l’anno, HACCA  si caratterizza fin dall’inizio per una particolare attenzione ai giovani autori esordienti, dal “caso” Uno in diviso di Alcìde Pierantozzi, ripubblicato nel maggio 2012 a Oltre le parole di Luca Giachi che ha vinto nel 2008 il Premio Mondello Opera Prima per arrivare a Non dire madre, i racconti di Dora Albanese pubblicati nel 2009.
Esordienti ma non solo, perché HACCA si dedica anche ad autori già affermati e a titoli della letteratura del Novecento nella collana Novecento.0, un progetto di Andrea Di Consoli «convinto di dover recuperare tanta letteratura dispersa e nascosta da una iperproduzione editoriale senza memoria».
Alla collana contribuiscono anche altri critici e scrittori, ad esempio Giuseppe Lupo che ha curato la pubblicazione di titoli appartenenti al filone della letteratura industriale italiana come Libero Bigiaretti con Scritti e discorsi di cultura industriale, Luigi Davì con Gymkhana-cross, singolare esempio di scrittore operaio  scoperto da Vittorini e pubblicato nella collana I Gettoni nel 1957. Un altro “gettone” non più presente nelle librerie è Tempi stretti di Ottiero Ottieri, pubblicato da Hacca nel febbraio 2012.
Nel 2011, inoltre, l’esordio di Maurizio Ceccato, affermato grafico editoriale che collabora con la casa editrice, con il volume Non capisco un’acca, una raccolta surreale di filastrocche ma anche un anarchico volume d’arte. «Questo album di carta è un gioco. Un gioco di quelli che quando si scartano dentro si trovano molte sorprese prima di arrivare al loro cuore, come una matrioska. Ha delle regole come tutti i giochi. Ma non si vince nulla. O meglio, se si ha la curiosità di scavare tra le pagine, forse può far venire voglia di giocarci e capirci un’acca…».
Il 2013 è iniziato con ESC Quando tutto finisce,  a cura di Rossano Astremo e Mauro Maraschi, un’antologia di 11 racconti sulla fine del mondo scritti da Carola Susani, Gabriele Dadati, Federica De Paolis, Fabio Viola, Flavio Santi, Stefano Sgambati, Emilia Zazza, Vis Gallico, Paolo Zardi, Giordano Meacci, Cinzia Bomoll. La copertina sempre di Maurizio Ceccato.

 

I nostri approfondimenti:
Intervista a
Francesca Chiappa, editore
Intervista a Maurizio Ceccato, grafico e illustratore
Recensione di Verrai a trovarmi d’inverno di Cristiana Alicata
Recensione di Denti guasti di Matteo De Simone
Intervista a Mauro Maraschi, curatore con Rossano Astremo di ESC.Quando tutto finisce

Le copertine dei Serpenti – Bigbang

a cura di Sabina Terziani

Strani oggetti le copertine. Più sono vuote più sono forti, perché fanno scudo al libro proteggendolo dagli attacchi del mondo. Tutto quel che c’è fuori dal libro sembra fermarsi sulla soglia, dove viene gentilmente invitato a girare alla larga. La copertina vuota si fa portavoce del testo. Grazie, ci difendiamo da soli, dicono i contenuti. Insomma, una copertina bianca è una diga, è il vuoto che più pieno non si può. E la copertina illustrata? È uno specchio, un contenitore del mondo che si avvicina al testo e lo seduce in una cornice rettangolare e gli chiede: Ti piaccio? Ti somiglio?

Le copertine sono dialoghi del testo con il mondo e il lettore. Con la rubrica Le copertine dei Serpenti vogliamo partecipare al dialogo, e per l’occasione di questo inizio abbiamo scelto una copertina che parla – con voce decisa, del resto – di inizi, giustamente.

L’autore è Maurizio Ceccato. L’idea è ironica, ruspante, è una copertina che si guarda e si legge, e se si gira l’oggetto si trova una quarta che rimanda necessariamente alla prima. Poi si confrontano le due e si fa avanti e indietro per un certo tempo. Infine si apre il libro. 

Cronache dal big-bang
L’unica gioia al mondo è cominciare
A cura di Fabio Pietrangeli e Lidia Sirianni
Hacca, 2011
pp.224, 14,00 €

Qui le altre copertine

8×8 quarta serata: tre domande a Francesca Chiappa (Hacca)

Logo della casa editrice HaccaAbbiamo fatto tre domande a Francesca Chiappa, direttrice editoriale di Hacca (casa editrice madrina della quarta serata di 8×8), su concorsi letterari e esordienti.

Un commento sull’iniziativa 8×8?
“8×8” è un’iniziativa molto importante, che permette di dare spazio e voce a giovani autori in una realtà editoriale asfittica di proposte, dove molti scrivono ma dove, spesso, chi dovrebbe prestare attenzione non ha tempo per fermarsi ad ascoltare. Un vero e proprio laboratorio dove è possibile far incontrare autori e case editrici senza alcun filtro, in modo diretto: semplicemente ascoltando i racconti dalla viva voce dei loro autori. Infine non dobbiamo sottovalutare il fatto che “8×8” dona nuova linfa vitale alla forma del racconto, troppo spesso oggi messa da parte per fare spazio al romanzo. Quindi, complimenti a Leonardo Luccone e a tutta Oblique, che ha saputo creare attorno al concorso un bel movimento di idee e progetti.

Nella vostra politica editoriale quanto spazio è riservato agli esordienti?
Uno spazio molto grande, e sempre di grande qualità. Fin dai primi anni la nostra casa editrice si è contraddistinta per un’attenzione particolare ai giovani autori esordienti: basterebbe citare il “caso” Uno in diviso di Alcìde Pierantozzi (attualmente in libreria con l’ultimo lavoro pubblicato per i tipi di Rizzoli), che presto ripubblicheremo; Luca Giachi, che con Oltre le parole si aggiudicò il Premio Mondello Opera Prima nel 2008; per arrivare ai giorni nostri, con la raccolta della scrittrice materana Dora Albanese, che con i suoi racconti teneri e crudi di Non dire madre ci ha raccontato un diverso modo di essere genitori. Riservando comunque grande attenzione ad autori già affermati, o a titoli della letteratura novecentesca che hanno ancora molto da dire all’odierno pubblico dei lettori, crediamo ci siano molte ed interessanti nuove voci da portare in primo piano: quelle che, seppur in modo diverso, con stili diametralmente opposti e storie agli antipodi, sanno raccogliere gli spunti offerti dal presente e ricucirli insieme in una trama originale, sorprendente, affascinante.

Quali sono i canali e le modalità migliori per trovare e scegliere gli esordienti?
Utilizzando una boutade, potremmo dire che lo strumento migliore per trovare nuovi talenti è la curiosità: avere sempre occhi e orecchi all’erta per carpire segnali, novità, movimenti. Ci sono i concorsi per inediti, e “8×8” è uno dei più rigorosi, che consentono di far conoscere a una casa editrice di ricerca aspiranti autori dopo un’attenta selezione. Senza dubbio poi la rete offre nuove potenzialità rispetto ai metodi più “classici” (l’invio del manoscritto in casa editrice, o affidarsi ad un agente letterario), ma scovato qualcosa di interessante (che sia uno status, un post o solo poche righe di commento) occorre saper andare oltre per capire se dietro, oltre la facciata, ci sia davvero “sostanza”. Così abbiamo scoperto Cristiana Alicata: seguivamo il suo profilo Facebook, e poi abbiamo letto alcune cose nel suo blog. Ci piaceva la sua scrittura, i suoi spunti. L’abbiamo contattata e abbiamo scoperto che aveva tre storie già scritte nel cassetto. Il suo romanzo Verrai a trovarmi d’inverno è stata una conferma della nostra intuizione.