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FUORI CAMPO – Intervista a Elena Guidolin

FUORI CAMPO – Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

PVM_ill1Elena Guidolin è nata a Vicenza nel 1985, vive e lavora a Bologna dove si è specializzata all’Accademia di Belle Arti. Ha collaborato alla collana di poesie e disegni ISOLA, illustrando Cosa inutile di Dina Basso. Qui il suo blog.

Da dove vieni, dove sei e dove vai?
Vengo da Vicenza, vivo a Bologna e dove andrò a finire ancora non lo so.

Come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinata al mondo dell’illustrazione?
Quando ero piccola disegnavo sempre, su qualsiasi superficie – che fossero quaderni, tovaglioli, scarpe o pareti imbiancate di fresco – e non ho smesso fino agli anni dell’università, periodo in cui, a un certo punto, mi è sembrato di non avere più molto da dire o, meglio, di non riuscire a farlo come avrei voluto – almeno finché fossi rimasta a temperare matite chiusa nella mia cameretta. Mi mancava una tecnica e, soprattutto, un confronto, e questo mi ha spinta a iscrivermi, dopo la triennale in D.A.M.S., all’Accademia di Belle Arti.

Qual è il tuo metodo di lavoro e come affronti un nuovo progetto?
Non so se ho un vero e proprio metodo, sicuramente tendo a essere un po’ schiava della teoria: per ogni progetto ho tempi di elaborazione piuttosto lunghi, in cui leggo, studio, prendo appunti, riempio pagine e pagine di schemi, cancello tutto e ricomincio da capo in preda a sentimenti di disperazione fino a quando non trovo l’innesco, che può essere anche solo una parola. Sbrogliato il groviglio inizio subito a disegnare, senza storyboard o bozzetti preparatori, strutturando il lavoro a mano a mano che procedo.

TATTILE_9Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Nel campo dell’illustrazione e del fumetto penso a Guido Crepax, Hugo Pratt, Alberto Breccia e Sergio Toppi. Per il resto, mi vengono in mente Mario Giacomelli, Eugène Atget, Miroslav Tichý e Weegee, Georges Bataille e Antonin Artaud, Carl Theodor Dreyer, Egon Schiele, Francis Bacon e Hans Bellmer, Jorge Luis Borges, Julio Cortàzar, Roberto Bolaño, Dino Buzzati e Gesualdo Bufalino. Ce ne sarebbero forse altri ma questi sono gli autori ai quali, in qualche modo, ritorno sempre.

C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
In Italia, per quanto riguarda la grafica e l’illustrazione, Corraini; per il fumetto, invece, Canicola. Tra gli editori stranieri, mi piace molto il lavoro di Frémok, Media Vaca e, nell’ambito delle riviste e delle autoproduzioni, Le Petit Néant e Sans Soleil.

Il mercato dell’illustrazione parla italiano? Quali sono oggi le opportunità per un giovane illustratore?
Nonostante sia nata in Italia, ultimamente, una crescente attenzione nei confronti dell’illustrazione e del fumetto, ho l’impressione che non vi sia stato un sostanziale cambiamento nella consapevolezza e considerazione del mezzo e, quindi, della figura dell’illustratore o del fumettista come “autore”. In pratica, il lavoro di disegnatore/illustratore continua a “peccare”, in un certo senso, di velleitarismo. Questo, forse, è particolarmente vero per i giovani autori: certamente gli spazi per muoversi ci sono, ma non è facile. Facilissimo è, invece, disperdersi, incontrando spesso figure poco competenti e professionali, rischiando di vedere svalutato il proprio lavoro.

PVM_ill9Un tuo commento sulla nuova collana ISOLA
Non sono una lettrice di poesie ma mi piace sentirle recitare e, più che coglierne il “senso”, sentirne il ritmo, le pause, le accelerazioni e le allitterazioni. ISOLA è un progetto interessante – a cui sono stata molto felice di collaborare – per come, appunto, mi sembra voglia far dialogare la poesia con il disegno: senza esserne la didascalia, i disegni devono risuonare con il testo, leggerlo ad alta voce, non tanto traducendone il senso quanto cercando di aggiungerne di nuovi.

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
Al momento La sinagoga degli iconoclasti di J. Rodolfo Wilcock e Cicatrici di Juan Josè Saer.

FUORI CAMPO – Intervista a Cristina Portolano

FUORI CAMPO – Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

CP_3Cristina Portolano è nata a Napoli nel 1986, è illustratrice e fumettista. Si è specializzata all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

 Qui il suo sito.

Da dove vieni, dove sei e dove vai?
Vengo da Napoli. Sono a Bologna da nove anni. Vado sempre verso nuove avventure e nuove città.

Come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinata al mondo dell’illustrazione?
Disegno da quando rompevo le punte dei rapidograph di mio padre e ho capito che il disegno è una cosa seria nel momento in cui, cogliendomi sul fatto, lui mi sgridò in maniera brutale. Mi sono avvicinata al mondo dell’illustrazione frequentando l’Accademia di Belle Arti di Bologna. In realtà volevo solo saperne di più in materia di fumetti, che ho cominciato a leggere in prima elementare, e invece mi sono ritrovata a fare anche altro, per fortuna.

Qual è il tuo metodo di lavoro e come affronti un nuovo progetto?
Non ho un metodo vero e proprio. Cerco di non farmi influenzare dalle ricerche visive che comunque svolgo. Se un nuovo progetto è scritto da qualcun altro, prima leggo attentamente il testo, poi lo interpreto e alla fine raccolgo le immagini, quelle che arrivano più spontaneamente. Se si tratta invece di progetti personali li lascio sedimentare fino a quando non avverto l’esigenza di iniziare a lavorare, all’inizio in modo confuso e casuale, poi sempre più con attenzione e cura del dettaglio, insomma con metodo, quello necessario per continuare a lavorare e concludere.

CP_4Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Sì, ce ne sono moltissimi e non soltanto nel campo delle arti visive. Facendo qualche nome a caso, penso a Davide Toffolo, Robert Crumb, Adrian Tomine, Daniel Clowes, Raymond Carver, Elsa Morante, Milan Kundera, Vincenzo Gemito, Mimmo Jodice, Ferdinando Scianna, Matteo Garrone, i 24grana, Frida Kahlo, Edward Hopper, Jessica Abel e via così insomma. Sono questi i riferimenti fondamentali grazie ai quali ho maturato il mio sguardo.

C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
Ci sono varie case editrici che apprezzo tantissimo sia per la scelta editoriale e la cura con cui pubblicano i libri, sia per tutte le altre attività che svolgono e ti consentono di arrivare ai loro libri. Tra le case editrici italiane dico Topipittori (per l’illustrazione) e Canicola (per il fumetto). Tra quelle estere mi piacciono Mami Verlag (http://www.mamiverlag.de) e le edizioni Atrabile.

Il mercato dell’illustrazione parla italiano? Quali sono oggi le opportunità per un giovane illustratore?
Il mercato parla tutte le lingue se c’è qualcuno disposto a farlo parlare. Di opportunità ce ne sono molte, ma credo che sia necessario innanzitutto capire che cosa si sta cercando per non sprecare inutilmente energie. È vero che tutto serve nella vita, anche fare cose inutili, ma bisogna avere un buon livello di autoconservazione e una buona dose di passione.

CP_1Un tuo commento sulla nuova collana ISOLA.
La collana ISOLA è un esperimento interessante, anche per i disegnatori che vengono coinvolti, e utile per conoscere meglio il linguaggio della poesia. Io per esempio ne sono completamente digiuna. Sono felice di aver avuto la possibilità di illustrare un poeta, anche se come primo approccio alla poesia leggere Raimondo Iemma non è stato facilissimo. Lo ammetto.

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
In questo momento ci sono libri di storia dell’arte, Gli amori difficili di Italo Calvino e la raccolta di racconti Da dove sto chiamando di Raymond Carver.

 

 

 

 

 

 

 

ISOLA. Intervista a Mariagiorgia Ulbar e Andrea Bruno

di Emanuela D’Alessio

Mariagiorgia Ulbar

Nei giorni scorsi avevamo parlato della nuova collana ISOLA, una serie di piccoli libri di poesie e disegni, presentata da Scripta Manent.  È un progetto di Mariagiorgia Ulbar con la collaborazione di Andrea Bruno. Abbiamo chiesto loro di raccontarlo meglio.

Il sito è www.lacollanaisola.tumblr.com.

Perché il nome ISOLA?
La collana ISOLA ha questo nome perché i libriccini di cui è composta sono piccole isole di poesia e disegni, e l’isola rappresenta un luogo di lettura e sguardo in mezzo al tutto e al nulla, in mezzo anche alla letteratura stessa, un luogo di sosta, di esplorazione e di esperimento, sia per gli autori che per i lettori. L’isola qui è intesa come luogo piccolo e circoscritto, dove ci si ferma per un tempo breve, ma dove è facile trovare grande mistero e grande avventura.

Quando è nato il progetto e perché?
Il progetto è nato nella primavera del 2013 per sviluppare una prima collaborazione con Andrea Bruno, che aveva illustrato un mio poemetto intitolato Osnabrück,e per cui era stato stampato un primo libriccino. Da quel momento abbiamo deciso di continuare a fare esperimenti con altri autori e illustratori e dal settembre 2013 a oggi abbiamo realizzato nove titoli (con altri due previsti per giugno e tre per l’autunno). Il progetto editoriale è, in un certo senso, un progetto di ricerca, nato con l’intenzione di far muovere la poesia e il disegno per vie diverse da quelle risapute della “grande” editoria e con la volontà di far conoscere maggiormente autori più o meno giovani, creando un libro piccolo, venduto a un prezzo basso, che spinga alla curiosità su nomi e opere di autori a cui interessarsi e continuare in seguito a seguire e approfondire.

Osnabrück - Illustrazione di Andrea Bruno

Quali sono le caratteristiche di ISOLA?
Il progetto consiste in una sperimentazione editoriale che permetta alla poesia di muoversi in una veste più agile (i libriccini sono composti di sole sedici pagine, compresi i disegni) e di avvicinare i due linguaggi. Di volta in volta si pensa a un poeta (scelto da me nel panorama poetico italiano e straniero di valore che vive ai margini della “grande” editoria) e a un disegnatore (consigliato da Andrea o da amici che lavorano nell’ambito del fumetto e dell’illustrazione, scelto talvolta per affinità, talvolta per contrasto), poi si ricevono i testi, si fa una scelta insieme all’autore, si crea una serie coesa, si sceglie un titolo e si invia il materiale al disegnatore, che è libero di interpretare e lavorare come preferisce. L’esperimento interessante sta proprio nel fatto che non si chiede di illustrare i testi, ma di recepirli e interpretarli. In questa maniera, i due linguaggi si compenetrano e, presenti insieme sulla pagina, finiscono per accrescere l’intensità l’uno dell’altro.

Andrea Bruno

Andrea Bruno ha curato la grafica. Quali sono gli aspetti salienti?
La grafica è minimale e poco invadente, pensata per dare risalto ai disegni e ai testi, con l’eccezione della scritta “isola” che sembra disegnata e diventa quasi un logo.

Mariagiorgia Ulbar è nata a Teramo e vive a Bologna. Ha pubblicato I fiori dolci e le foglie velenose (Mef, Firenze 2012), Su pietre tagliate e smosse nel Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, Milano 2012), la plaquette Osnabrück (2012) e Transcontinentale (Isola, Bologna 2013). Lavora con Gaetano Bellone al progetto di poesia e fotografia Light-Poetry sul blog http://lightpo.tumblr.com/

Andrea Bruno è nato a Catania e vive a Bologna. Scrive e disegna storie a fumetti. Ha pubblicato l’albo Black Indian Ink (Centro Fumetto Andrea Pazienza, 1999; Amok, 2000), la raccolta di disegni Disapperarer (Coconino Press, 2001) i volumi Brodo di niente (Canicola, 2007; Rackham 2008), Sabato tregua (Canicola, 2009) e Cinema Zenit (Canicola 2014). Nel 2005 è stato tra i fondatori del gruppo Canicola, con il quale ha dato vita all’omonima rivista.

FUORI CAMPO – Disegnare è il modo migliore di parlare con il mondo. Intervista a Riccardo Fabiani

FUORI CAMPO – Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

di Emanuela D’Alessio

Diari di viaggio, appunti, disegni. Pochi tratti o minuziosi dettagli, testimonianze reali di suggestioni e incontri. Una tradizione antica, fatta di mappe, notazioni ed illuminazioni. Da Marco Polo a Chatwin. Questo è Road Trippin, il progetto che Riccardo Fabiani ha deciso di autoprodurre lanciando una campagna di  crowfunding.

Riccardo Fabiani è nato a Motta di Livenza (Treviso) nel 1979. È laureato in Arti Visive. In quarta elementare ha scoperto che disegnare è il modo migliore di parlare con il mondo. Da allora non si è più fermato. Incontra l’arte contemporanea in varie burrascose relazioni, concluse con litigi e promesse di eterna vendetta. Illustra la sua visione ironica dell’umanità allineandola con quella tragica dell’editoria. Intende continuare così, fino a che fama, o morte, non sopraggiunga.

Chi è Riccardo Fabiani? Da dove viene e dove vuole andare?
Sono un disegnatore. Quando guardo le cose che mi circondano mi chiedo come sarebbe tratteggiarle su di un foglio. A volte mi definisco un artista senza essere del tutto sicuro dei requisiti richiesti per dirsi tale. Provengo dal reame della pittura che ho amato, trascurato e riscoperto. Voglio arrivare alla gente, parlare per immagini a più persone possibili, per instillare il dubbio e appannare gli specchi delle certezze. Voglio che il mondo abbia paura dell’arte e che si ricordi di non poterne fare a meno.

Road Trippin – Clock Ticking

Quando e come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinato al mondo dell’illustrazione?
Ho cominciato a disegnare davvero in quarta elementare. La maestra aveva spiegato la storia della battaglia di Maratona e ci aveva affidato il compito di illustrare la drammatica corsa di Filippide. Il disegno del mio soldato venne diverso da come mi aspettavo; più realistico, più accurato. La maestra mi accusò di non averlo eseguito da solo. Seppi allora che disegnare sarebbe stato il mio modo di comunicare con il mondo. Mi sono avvicinato all’illustrazione considerandola una sorella minore dell’arte pittorica classica, ma ho imparato presto a riconoscerne la totale indipendenza e le leggi interne, precise e spietate. Cercando di diventare fumettista, ho compreso che prediligevo le splash page, le immagini singole e ricche, alla narrazione progressiva per vignette.

La tua ultima pubblicazione è stata su WATT 3.14, la rivista di Oblique e Ifix studio, dove hai illustrato il racconto di Davide Orecchio Contro nessuno. Puoi spiegarci come è nato il progetto?
Perseveranza. Ho scoperto il progetto WATT tramite il blog di Oblique, prima dell’uscita del numero 0. Ho inviato più volte i miei lavori per le scouting nights (il loro originale sistema di reclutamento talenti). Ma alcune cose non erano ancora delineate nel mio approccio, e questo rendeva meno incisiva la mia opera. Nel 2012 ho eseguito una serie di chine acquarellate per il libro Inchiostri di Andrea Biscaro, edito da Lieto Colle. Quelle tavole avevano la lucidità che prima d’allora latitava. Ero finalmente riuscito a centrare il bersaglio; Maurizio Ceccato e Leonardo Luccone mi contattarono per illustrare il racconto di Davide Orecchio.

WATT – Il banchetto del rondone – Narrazione di Davide Orecchio “Contro nessuno”

Che cosa ne pensi di questa commistione parola-immagine così sperimentata in WATT, della tendenza a mescolare e confondere differenti forme di narrazione?
Reputo WATT una delle più riuscite forme sperimentali dell’editoria italiana. La cifra vincente sta nella sua motilità; ogni agente coinvolto è chiamato a rimettersi in discussione, a confrontarsi con segni alieni e parole inattese. Persino i registi dell’operazione devono scendere in campo per creare nuove e impreviste alchimie.

Da dove viene l’ispirazione per i tuoi “segni”?
Devo molto ai libri, alle storie, alle leggende. Sono un cannibale visivo, mi nutro di ogni cosa che vedo e leggo. Ritaglio notizie bizzarre, conservo immagini grottesche, foto sbagliate. Guardo molto alla storia dell’arte, cerco di coltivare lo straniante. Contrasto la mia tendenza al narcisismo con l’utilizzo di strumenti inadeguati, cercando di trarne il massimo vantaggio. Disegno e dipingo per difendermi, per attaccare, per conquistare nuovi brani di realtà, come faceva Alberto Giacometti.

Inchiostri – Osceni innominabili concetti

Quali sono metodo e tecnica del tuo lavoro e come affronti un nuovo progetto?
Cerco di usare pochi strumenti e la mia palette è ridotta all’essenziale. Uso una matita da carpentiere della Rexel Derwent, che ha un segno nero, spesso e aggressivo. Dei pastelli a olio, soprattutto bianchi e ocra. Vedendomi lavorare si potrebbe pensare che io abbia delle propensioni masochistiche: completo il disegno preparatorio, mi perdo nei dettagli. Poi scelgo il punto più delicato, più riuscito, e mi ci accanisco, lo travolgo, lo copro di velature, lo raschio, ci disegno nuovamente sopra. Tratto male i miei lavori, cerco di conservare l’approccio del monaco che lavora a un mandala di sabbia: voglio che i miei disegni abbiano le mie stesse cicatrici. Se devo lavorare su commissione scelgo la tecnica più vicina allo spirito della richiesta, e mi chiedo sempre se posso deformarla o spingerla oltre i suoi limiti naturali. In generale prediligo medium che non mi lasciano possibilità di ripensamenti (china, inchiostri, pirografia).

A proposito di nuovi progetti, che cos’è Road Trippin e perché la decisione di autoprodursi?
Road Trippin è un punto a capo. Si tratta di una stratificazione di ricordi ed esperienze di viaggio raccolte durante dieci anni. In ogni viaggio ho portato dei taccuini che ho riempito di schizzi, pensieri e disegni. Guardando indietro ora ho sentito l’esigenza di raccoglierli e dare loro una forma definita, così ho deciso di trarne una pubblicazione. Ho deciso di tentare la strada dell’autoproduzione perché voglio che il libro conservi in massima parte la spontaneità e la freschezza dei carnet da cui sarà tratto; voglio essere libero di inserire ciò che desidero e poter fare cose normalmente sconsigliate in editoria. Nella produzione finale ci saranno cartoline non rilegate, segnalibri, ritagli. Non volevo rischiare che queste scelte venissero compromesse o ridimensionate da un editor.

Come sta andando la campagna di crowfunding?
A rilento. Ho ricevuto molte attestazioni di stima e un gran numero di condivisioni, ma la verità è che i donatori più generosi sono esteri per il momento. Rimangono circa due settimane al termine della campagna e sto intensificando gli sforzi. Ci sono perks (ricompense) a partire da 10 euro; tutti pezzi realizzati a mano, con tirature limitate. Segnalibri, disegni, copie del libro ultimato e persino dipinti ad olio per le donazioni più generose.

L’Ankou – Vendetta

Un altro tuo progetto si intitola L’Ankou, lo spettro di Tristan Corbière. Di che cosa si tratta?
Un incontro fortunato. Un vecchio libro abbandonato che un giorno ha attratto la mia attenzione. Tristan Corbière è un poeta misconosciuto scoperto postumo da Verlaine. Un eccentrico outsider verso il quale ho provato istantanea empatia. Tristan incarna l’epitome della poesia, con una nitidezza dolorosa. Nelle sue righe, pare di vedere l’andatura dinoccolata di quel giovane che sognava il mare, che si lasciava lambire dalla bruma del mondo, desideroso di immergervisi, ma rimaneva condannato alla battigia. Le sue poesie vibrano stoccate e io mi sono lasciato ferire; ho creato una serie di illustrazioni che cercano vanamente di restituire il bagliore che imperversa nella sue rime. Il progetto si è concretizzato in un blog.
Con cadenza settimanale mi confronto con una delle poesie di Corbière, scrivo un mio breve componimento, e ripropongo il suo testo con in calce la mia immagine. Ormai è quasi come incontrare un amico al bar.

Qui hai sperimentato la commistione tra segni e poesia. In che cosa differisce, se c’è una differenza, dal più consueto rapporto con un testo narrativo?
Disegnare ispirati da una poesia ti lascia una certa libertà, soprattutto se si cerca di non essere didascalici. Un testo narrativo ha poche vie di fuga, è come una casa in mattoni, solida e stabile. L’illustratore può trovare le crepe, o limitarsi a decorare la facciata. La poesia è come una vecchia casa in legno, piena di aperture, spifferi, possibilità. Ti chiede di essere completata, compresa e abitata. E il risultato è in grado di smascherarti immediatamente; con i versi non si può bluffare.

Nei giorni scorsi da Scripta Manent è stata presentata ISOLA, una collana di poesie e disegni. Una nuova esperienza, hanno spiegato, dove sono prevalsi i suoni sulle parole. Che cosa ne pensi?
Mi sembra importante rivendicare la libertà dei mezzi espressivi; la fascinazione sonora è più immediata, anche se per l’uomo adulto risulta difficile prescindere dai significati riconoscibili delle parole. Quando questo accade, si sperimenta un potente paradosso; l’ingenuità di un bambino che scopre per la prima volta il mondo, unita alla malizia dell’uomo che quel mondo ha già depredato. Disegnare seguendo il suono è stata una buona idea, e ha prodotto opere davvero interessanti (penso alla coppia D’Agostino/Setola).

Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Molti. Nelle arti visive Egon Schiele per il segno inesorabile e la spietata analisi dei corpi, Francis Bacon per aver restituito la carne alla pittura, Joseph Beuys per il suo approccio alla vita.Dall’illustrazione Mike Mignola con la sua drammatica sintesi, J. S. Alexander, Kent Williams.Il cinema, con David Fincher, i fratelli Cohen.Dalla letteratura, Robert Pirsig, Joe Landsdale, Douglas Adams, Philip Dick, Charles Bukowski.

C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
Trovo interessante la minimum fax, mi piace il loro modo asciutto di presentare le opere. Hacca edizioni sta facendo dei piccoli capolavori.

Il mercato dell’illustrazione parla italiano? Quali sono oggi le opportunità per chi si dedica all’illustrazione?
L’illustrazione editoriale non sta attraversando un buon momento; sono sempre di più le case editrici che preferiscono affidarsi ai siti di fotografie stock, per risparmiare e abbreviare i tempi. Le cover di molti libri sono prevedibili e innocue. Ci sono poche illuminate eccezioni, ma nella maggior parte dei casi l’illustrazione è relegata al settore graphic novel, non riesce a coabitare nella narrativa regolare, soprattutto quella massificata. La via più battuta per chi si vota all’illustrazione è quella delle riviste e dei quotidiani. I lavori che si collocano al limite tra infografica e opera sono ancora spendibili. Assistiamo però alla stessa proliferazione che affligge il mondo della scrittura: tutti si improvvisano scrittori e quasi nessuno legge. Accade lo stesso per il disegno: molti si lanciano senza paracadute dal picco delle immagini, armati soltanto di Photoshop. Ma ci sono altre cose da scoprire, prima di saltare.

Infine, una domanda “fuori tema”: che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
Tengo sempre almeno tre libri sul comodino; quello in fondo potrebbe avermi deluso, ne ho sospeso la lettura ma potrei decidere di riprenderlo, quello in mezzo è una sorta di bibbia da consultare aprendola a caso e quello che sta in cima è la lettura che devo completare. Attualmente il libro in fondo è Quando la notte obbliga di Montero Glez, Salani. La bibbia nel mezzo, Azzeccare i cavalli vincenti di Charles Bukowski, Feltrinelli. In cima,L’età del fil di ferro e dello spago di Ben Marcus, Alet.

Qui le altre interviste

INDILIBR(A)I – Da Scripta Manent poesie e disegni con ISOLA

INDILIBR(A)I – Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

Libreria Scripta Manent
Via Pietro Fedele, 54 – Roma

 

Andrea Bruno

Un evento insolito quello organizzato da Scripta Manent il 21 maggio con la presentazione di ISOLA, una collana di piccoli libri dove ci sono poesie e disegni. Alessio Trabacchini (editor per Castelvecchi) ha introdotto la serata.
Di connubi tra parole e illustrazioni ne conosciamo molti e ci piace ricordare il fortunato esperimento di WATT, la rivista-libro di Oblique e Ifix studio (ma quando uscirà il prossimo numero?) dove la scrittura si accompagna all’illustrazione e viceversa.

Mariagiorgia Ulbar e Alessio Trabacchini

ISOLA, un progetto di Mariagiorgia Ulbar (nata a Teramo nel 1981, è traduttrice dal tedesco e dall’inglese e insegnante, scrive poesie), è qualcosa di nuovo, diverso. Non solo perché i protagonisti sono poeti e illustratori, ma anche perché i disegni non commentano il testo, non lo interpretano, ma semplicemente traducono “suoni”, quelli che arrivano all’orecchio di chi “ascolta” una poesia.

È accaduto, ad esempio, a Elena Guidolin che ha illustrato Cosa

Elena Guidolin

inutile di Dina Basso. Del testo in dialetto siciliano, a lei incomprensibile, non ha voluto decifrare il senso, preferendo ascoltarne il suono. Lei non legge poesie, ma le ascolta, lasciandosi avvolgere dalla loro musicalità. Da qui sono usciti i suoi disegni.
Anche Paolo Parisi, illustratore di Sei Lucia di Alessandra Carnaroli, si è concentrato sui segni che la successione serrata, violenta e drammatica di parole (così è la poesia di Carnaroli) gli ha ispirato.

È questa dunque la cifra di ISOLA, una coerenza tra testi e immagini che supera le parole e trova nella libera trasfigurazione emotiva dell’illustratore il suo unico  senso.

Michelangelo Setola

I protagonisti di ISOLA: Mariagiorgia Ulbar illustrata da Andrea Bruno, Fabio Donalisio illustrato da Marco Corona, Dina Basso illustrata da Elena Guidolin, Alessandra Carnaroli illustrata da Paolo ParisiYari Bernasconi illustrato da Guido Volpi, Azzurra D’Agostino illustrata da Michelangelo Setola, Sergio Rotino illustrato da Davide Catania, Carlo Bordini illustrato da Silvia Rocchi, Jaroslaw Mikolajeweski, tradotto da Silvano De Fanti, illustrato da Francesco Balsamo.

La collana è autoprodotta in 50 copie.

Il 18 giugno Mariagiorgia Ulbar e Andrea Bruno saranno a Milano per presentare due nuovi esemplari della collezione!

Paolo Parisi

FUORI CAMPO – Regine della scienza: intervista ad Amalia Caratozzolo e Serena Manfré

FUORI CAMPO – Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

Dall’astronomia alla medicina, dalla matematica alla pedagogia: questo il mondo di Regine della Scienza, Edizioni Anicia, scritto da Serena Manfrè e illustrato da Amalia Caratozzolo.
Il libro, nel proporre cinque biografie di donne divenute famose per aver dedicato la loro vita al sapere, segue due fili conduttori: quello dell’importanza della ricerca e della scoperta scientifica per l’umanità e quello di un’energia tipicamente femminile che si trasforma di volta in volta in determinazione e forza di volontà, creatività e passione.
Ma per saperne di più ci affidiamo direttamente alle parole dell’illustratrice e dell’autrice.

Prima di parlare del libro e delle illustrazioni, chi sono Serena Manfrè e Amalia Caratozzolo?

Serena – Un test venuto fuori di recente su Facebook e inerente personalità mostruose dice che sono dottor Jekyll e quindi anche mister Hyde. Dovrei crederci? E perché no. Penso che tutti noi abbiamo un lato per così dire “oscuro” e non è detto che non sia il nostro profilo migliore . Per quanto riguarda la vita reale, però, direi che sono una giornalista, una professoressa d’Italiano, una moglie, un’emigrante – vivo in Spagna – e da un paio d’anni pare io sia anche una scrittrice.
Amalia – Sono un’illustratrice siciliana, romana di adozione. Mi piace l’arte in tutte le sue forme di espressione. Sono un’appassionata di stampa artigianale e incisione, insegno all’Istituto Europeo di Design di Roma. Lavoro soprattutto nell’ambito dell’illustrazione editoriale, per bambini e per adulti, dal 2013 collaboro con il Corriere della Sera.

Regine della Scienza è il secondo libro che avete realizzato insieme. Come nasce questo connubio professionale?

Amalia – La nostra collaborazione nasce dal coinvolgimento da parte di Serena in un suo bellissimo progetto, che ha poi visto la luce nel romanzo Salvami l’anima edito, la scorsa primavera, da Edizioni Smasher. Un libro per adulti che mi sono divertita da matti ad illustrare! Naturalmente è stata anche un’occasione di confronto per me e Serena, abbiamo capito che potevamo essere un’ottima squadra.

Come nasce e a chi è rivolto Regine della Scienza?

Amalia – L’idea iniziale era quella di creare un libro che raccontasse ai ragazzi la vita di donne importanti. Un progetto ambizioso, che la casa editrice romana Anicia ha splendidamente accolto. Ambizioso perchè le biografie che si raccontano in Regine della Scienza sono storie complesse, a volte fatte di sofferenza ma allo stesso tempo di grandi soddisfazioni. Biografie di donne importanti che hanno raggiunto grandi traguardi facendo i conti con le loro scelte e la società della loro epoca. L’universo femminile è un argomento che mi sta molto a cuore e credo sia davvero importante per le ragazze di oggi – e anche per i ragazzi – conoscere le storie coraggiose di queste donne per poterle prendere come esempio. I fatti di cronaca purtroppo dimostrano che la società non è assolutamente preparata al nuovo ruolo della donna e credo sia molto importante suggerire ai ragazzi di oggi, e quindi agli uomini di domani, una mentalità lontana dal maschilismo e a favore delle donne.
Serena – Il libro è rivolto a ragazzi dai nove ai cent’anni. Difatti, anche se il target segnalato è nove-tredici, ci tengo a specificare che tutti gli adulti che l’hanno letto sono stati concordi sul fatto che le notizie riportate e i messaggi intrinsechi possono sicuramente interessare anche un pubblico adulto.

Quali sono le donne protagoniste del libro e che cosa le accomuna?

Serena – Rita Levi Montalcini, una delle attuali protagoniste, già agli albori del progetto era fra le priorità in scaletta. Fra l’altro, allora, la dottoressa Montalcini era ancora viva e aveva centodue anni. Quando poi ci confrontammo con l’editore, lui ci fornì del materiale interessantissimo: un testo che ha a che fare con il mondo scientifico e il genere biografico. Si tratta di un libro che porta la firma di Livio Gratton, un importante astrofisico italiano e che i suoi eredi ci hanno messo a disposizione. Lo lessi e m’ispirarono in particolare due figure: Caroline Herschel, sorella dello scopritore del pianeta Urano, William, e Virginia Galilei, figlia del notissimo Galileo. Le altre due regine sono invece Maria Montessori, nostra pedagogista di fama internazionale, scelta soprattutto perché il libro è rivolto a un pubblico di giovanissimi e un personaggio a me molto caro, Ipazia di Alessandria, mente saggia e straordinaria uccisa dalla mentalità cieca di un mondo che correva a gambe levate verso l’oscurantismo medievale e l’anti-scienza. Ipazia, un’eroina vera. Se è vero che per origini, contesto storico di riferimento e formazione queste donne sono davvero distinte fra loro, non lo sono dal punto di vista dell’anima. Tutte sono innamorate del sapere e hanno, ciascuna a modo suo, una grande fede. E possiedono tutte un’enorme forza di volontà, una determinazione toccante, a volte finanche commovente, nel difendere il desiderio e il diritto di conoscenza.

Le immagini nascono prima o dopo il testo?

Amalia – In questo caso le immagini nascono prima, dopo e durante il testo. Mi spiego meglio. Insieme all’idea iniziale avevo già pensato allo stile dei cinque ritratti. Il resto delle illustrazioni è venuto alla luce a partire dai testi, man mano che questi prendevano forma. Il nostro è stato quindi un lavoro di squadra a tutti gli effetti. Questo però è un caso particolare, in generale penso che nei lavori editoriali le immagini nascano assolutamente dopo il testo.

Qual è  la tecnica utilizzata?

Amalia – È una tecnica mista: alcune illustrazioni sono incisioni su linoleum, altre sono digitali. Mi piace molto lavorare mischiando le due tecniche. In questo progetto inoltre, con mia grande soddisfazione, oltre alle illustrazioni ho curato anche la grafica e l’impaginazione, quindi la tecnica digitale mi è  tornata utile.

Che cosa c’è in programma per il futuro?

Serena – Futuro, che parolona. Sogno, quindi scrivo, quindi sono, e nel mio cassetto conservo in itinere un libro autobiografico, direi familiare, un nuovo testo per bambini in collaborazione con Amalia e uno già compiuto di racconti erotici. Quando “son desta” penso però che il futuro non esiste, e quindi non me ne occupo affatto.
Amalia – In cantiere ci sono tantissimi progetti, anche con Serena abbiamo diverse cose in mente. Al momento sto lavorando a due libri per i più piccoli, ma sono in embrione quindi non posso svelare di più.

E sul comodino?

Serena – Penso ti stia riferendo a cosa sto leggendo in questo momento. Sto leggendo un regalo di mio padre: un libro di Vito Mancuso dal titolo Il principio passione. La forza che ci spinge ad amare. L’amore è un argomento che mi ha sempre interessato molto. Il mio romanzo, Salvami l’anima, tocca anche questa tematica. Per adesso, quindi, mi sono data alla saggistica e sento che da questa lettura trarrò interessanti benefici professionali e umani.
Amalia – Sul comodino c’è Il conto delle minne di Giuseppina Torregrossa. Dopo di che ci sono una bellissima lampada a cui sono molto affezionata: gambe da pin up e tacco 12 illuminano la mia scrivania e poi vediamo…una gomma a forma di dente, un naso temperamatite, matrioske qua e là e una quantità di post-it che neanche in A beautiful mind!

Regine della scienza
di Serena Manfré
Illustrazioni di Amalia Caratozzolo
Edizioni Anicia, 2013

http://www.amaliac.com/#Regine-della-scienza

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