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Intervista a Emanuela Bussolati, illustratrice libri per bambini

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

a cura di Rossella Gaudenzi

ravanelloRavanello cosa fai? di Emanuela Bussolati (Editoriale Scienza, 2013) è un libro per bambini che ha destato il mio stupore, scoperto sfogliando una pregevole lista che redige annualmente la libreria cagliaritana Edumondo, 100 Libri per l’Ambiente.
Si parte da un seme, un seme di ravanello, e pazientemente lo si fa crescere, lo si nutre, ci si prende cura, per ventidue giorni, di una nuova vita. Ogni giorno la piantina ha bisogno di una specifica attenzione, ogni giorno il bambino allena la pazienza e il senso di responsabilità con intermezzi di storie, curiosità, ricette. Ravanello cosa fai?, nel suo essere piccola cosa, dà senso alla vita. E così ho voluto conoscere chi ha creato questa preziosa opera.

«Sono architetto  ma progetto libri per bambini. Un modo per costruire pensieri e immaginazione. Sono anche illustratrice e scrivo. Un modo per raccontare. E camminatrice: un modo per osservare e imparare la natura. Ho collaborato con un centro di psicologia per l’età evolutiva: un modo per amare chi cresce».
Milanese dalle origini piacentine, Emanuela Bussolati illustra i primi libri per case editrici francesi e inglesi, successivamente per Emme Edizioni e Piccoli; vince diversi Premi Andersen per alcune collane e alcuni progetti, per il migliore libro dell’anno (Tararì tararera) e come autore completo. Scrive per Carthusia, La Coccinella, Editoriale Scienza, Il Castoro, Franco Cosimo Panini, Terre di Mezzo.

imagerie d'epinalPartiamo dalla seducente definizione che Emanuela Bussolati fa di sé stessa: figurinaia. Cosa racchiude questo sostantivo?
Da sempre vengo catturata dalle figure di ogni tipo e ho amato profondamente le straordinarie figurine che uscivano dall’Imagerie d’Epinal, una sorta di scuola per tutti coloro che hanno lavorato nell’immagine e soprattutto che hanno voluto proporre fogli-gioco; come quelli, ad esempio, del «Corriere dei Piccoli» con i soldatini. Ho la consapevolezza di non essere un’artista propriamente detta, come Pia Valentinis, Chiara Carrer, Alessandro Sanna, che hanno fatto  esperienze d’arte sin da piccoli, continuando a maturarla e lavorano innanzitutto per esprimersi attraverso la loro arte, a prescindere dal fatto che sia diretta a bambini o adulti. La mia formazione è di tipo diverso: il Liceo Classico, seguito dalla facoltà di Architettura, per arrivare a questo lavoro da un centro di psicologia evolutiva. Mi sono sempre sentita più artigiana che artista e l’eccellenza dell’artigianato nel campo dell’illustrazione era per l’appunto incarnata dalle figurine e dai teatrini di carta –  altro elemento per me di grande fascino  –  di Epinal. Immagini che nascevano per fare piacere ai bambini, farli sorridere, coinvolgerli, non tanto per dar vita a un risultato meravigliosamente estetico, ma con l’idea di comunicare e trasmettere fantasia e creatività. Ciò che ha a che fare con la comunicazione mi attrae moltissimo, è alla base di qualsiasi contatto umano, ed è per questo che ho creato il libro Tararì tararera.

E qual è il legame tra quel che fai e un’altra importante definizione che dai di te, quella di camminatrice?
C’è un legame molto profondo, perché chi cammina racconta e raccontare rappresenta per me quasi un’urgenza: raccontare con le figure, raccontare con le parole. Da ragazzina ho avuto la fortuna di stare a lungo con i piedi nudi, con la felice possibilità di scorrazzare per i campi e arrampicarmi sugli alberi. Andando lungo il fiume Po, luogo per me ricco di significato, si entra in contatto con una sabbia finissima che al tocco ricorda il velluto. Ogni passaggio percettivo, che va dalla dura terra ai sassi, alle stoppie che tagliano le caviglie, alla sabbia che accarezza, racconta quanta varietà contenga la natura. Le sensazioni si avvicendano e ti fanno sostare, ti fanno osservare: le formiche, lo sputacchino sull’erba, il canto del cuculo. Tutto ciò è bellissimo da narrare. Camminare ha questa valenza di percepire, come una specie di antenna che raccoglie, per poi raccontare. C’è anche un’altra significativa valenza: le idee non nascono quando ti accanisci davanti a un foglio vuoto o a un computer, ma ti sorprendono quando non stai facendo niente e stai camminando. La mente si rilassa, va altrove e si forma uno strano corto circuito creativo.

Quali i libri preferiti che leggevi ai tuoi figli e quali scegli oggi da leggere ai tuoi nipoti?
Sono in fondo gli stessi, perché i libri belli sostanzialmente non cambiano. Quando leggi un libro che conosci puoi leggere saltando o cambiando le parole, sospendere, rallentare il ritmo: l’importante è che il risultato sia armonico. La lettura può esser morta se non la nutri con l’emozione, ma se leggi un libro che ami così come lo si potrebbe raccontare, nulla vieta di togliere o cambiare una parola; è un ammiccamento orale, non scritto, il libro resta quel che è ma io ho la facoltà di cambiarlo a seconda del bambino e per il momento di vita del bambino che ho di fronte. Con i miei figli hanno avuto grande successo i testi di Pinin Carpi, ad esempio Cion Cion blu, Il Paese dei maghi. Anche Viki il vichingo di Runer Jonsson; il libro Petzi di Carla e Vilhelm Hansen è stato favoloso per loro, un’opera svedese incomprensibilmente dimenticata: Petzi andava lontano perché voleva viaggiare, ma portando con sé le torri di frittelle fatte dalla mamma. Le sue avventure erano perfette per i piccoli. Oggi cosa leggo? Il fatto è di Gek Tessaro; La mucca Moka di Agostino Traini, Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni; ancora Cion Cion blu, L’incredibile storia di Lavinia di Bianca Pitzorno. Quest’estate ai miei nipoti di due e cinque anni leggevo i miti greci in una edizione Usborne, non elegante ma molto figurata. Dopo la lettura giocavano instancabilmente a impersonare dei ed eroi: l’immaginario era quindi alla loro portata e le storie erano piaciute moltissimo .

tarareraCome si realizza un tuo libro?
Sono diversi i tipi di libro che realizzo. I libri divulgativi, quasi tutti legati alla natura: una volta trovato il tema, cerco di costruirli portando avanti insieme testo e immagini; conosco il percorso da proporre e pagina dopo pagina vado avanti. Ci sono poi i libri di taglio psicologico, per le edizioni Carthusia, in collaborazione con lo psicologo Domenico Barrilà. Qui c’è spesso un lavoro di “traduzione” del testo in un linguaggio adatto ai bambini accompagnato da disegni: divento, oltre a illustratrice, traduttrice dell’idea. La comunicazione deve essere accessibile al bambino attraverso parole comprensibili e immagini che vadano oltre le parole. Mi faccio un’idea del testo, faccio un percorso unicamente illustrativo, torno sul testo e laddove ritengo vada cambiato ci si lavora insieme. Infine ci sono i libri interamente di mia fantasia, come Tararì tararera. Viene l’idea, mi ci provo, compongo l’intero libro e lo propongo all’editore.

A quale fascia delle età infantili ti senti più vicina, da un punto di vista creativo?
Negli anni Settanta, quando ho iniziato a lavorare in questo ambito, lettura per bambini significava testi dai sei anni in su. Ho iniziato a battagliare sul fatto che i neonati potessero leggere le immagini. Questa convinzione nasce dal fatto che mentre lo allattavo, mio figlio guardava delle figure appese nella stanza e camminando con lui in braccio gli parlavo davanti a queste figure notando  le reazioni che aveva. Ho cercato di capire se fosse una mia ipotesi da mamma innamorata o meno; quindi ho letto molto, ho fatto  esperienze con i bambini e mi sono appassionata al tema  bambini tra zero e tre anni. Il mio lavoro è fondamentalmente dedicato all’età che va da zero a dieci anni, con particolare attenzione ai primi mesi di vita, dove il rapporto adulto-bambino è fondamentale e può essere notevolmente arricchito dal libro. Gli adolescenti sono molto interessanti, ma a loro volta richiedono tempi lunghi di osservazione. Occorre osservarli, capire quanta ricchezza hanno dentro e restituire loro questa comprensione, perché vivono spesso dolorosamente il momento in cui si sforzano di capire quale può essere il proprio posto nel mondo. Dovrebbe essere un’età tutelata, nutrita: impresa impossibile con brevi e sporadici, talvolta isolati, incontri.

ebConsideri il tuo un impegno di responsabilità sociale? Cosa vorresti trasmettere ai bambini che leggono i tuoi libri, futuri adulti, e ai loro genitori?
Io non ho da insegnare nulla, ho un piccolo testimone da trasmettere come se si fosse in una staffetta. Come trasmettere le cose importanti ai bambini? Non con un atteggiamento da docente. Occorre far partecipare e condividere con loro quello che ci entusiasma, come accade con il cibo: se la mia tavola è scarna, povera di sapori o non ho la capacità di trasmettere quanto possa essere gustoso mangiare anche una sola fetta di pane, il bambino non avrà interesse per il cibo; se non sono gentile con lui il bambino non diventerà una persona gentile, se non gli leggo e non mi diverto nel farlo non si appassionerà alla lettura e così via. La stessa cosa vale per i grandi temi, di cui fa parte la natura. Essere nell’ambiente facendovi parte e non unicamente come utilizzatori  è un aspetto che mi preme moltissimo; sono dell’idea che si stia andando verso una deriva spaventosa che irresponsabilizzerà le persone rispetto al pianeta. La natura è vissuta come uno sfondo, una scenografia nella quale vedersi come personaggi da Mulino Bianco, oppure al contrario come una tremenda natura distruttrice. Forse è il momento di prestare attenzione e di vederci come parte di questa natura e non come suoi dominatori. Iniziare a trasmettere ai bambini che la bellezza va conservata e aiutata, divenendo agenti all’interno di questa bellezza e facenti parte di questa bellezza. Conoscere significa curare. E curare significa equilibrio di tutte le specie, noi compresi.

Quali editori meglio rappresentano Emanuela Bussolati e perché?
Desidero pubblicare con editori con cui parlare lo stesso linguaggio, ho la necessità di trovare piena sintonia quantomeno sul piano umano altrimenti, la fatica, già insita in questo lavoro, lo renderebbe routine noiosa e insopportabile. Posso citare fra i miei preferiti Carthusia, Editoriale Scienza, Il Castoro per cui sto ora progettando delle collane; mi piacerebbe lavorare con Uovonero e Lapis con i quali, per ora, ancora non ho pubblicato.

E con quali autori e illustratori di libri per l’infanzia ti senti in sintonia?
Fabrizio Silei, Fabio Visentin, Agostino Traini, Anna Curti, Giulia Orecchia, Desideria Guicciardini. Li considero grandi amici e per me sono anche grandi fari. All’estero ho tantissime passioni come ad esempio Bob Graham, Yvan Pommaux, Elzbieta: figure molto diverse tra loro, ma in fondo anche io sono continuamente diversa da me stessa: cambio pelle a seconda di quel che faccio. È molto interessante scoprire quale strada artistica ognuno percorre nel tempo.

Emanuela Bussolati

Emanuela Bussolati

Dall’ultimo Salone di Torino sono arrivati dati sempre più drammatici sulla crisi del libro e della lettura. Però è nuovamente in controtendenza l’editoria per ragazzi. I lettori dai 6 ai 16 anni sono in crescita. Quali sono secondo te le ragioni di questo fenomeno e perché i giovani lettori, una volta adulti, smetterebbero di leggere, sempre secondo le cifre Nielsen?
Molto semplicemente, entro questa età i lettori sono tutelati. La famiglia, se propone e legge ai piccoli, incentiva la lettura e il mercato del libro. La scuola, se ha  insegnanti  appassionati può essere motivante; dal punto di vista dei numeri i libri di lettura adottati nelle scuole hanno uno specifico peso. Le biblioteche da tempo propongono incontri bellissimi. In questa fascia d’età dunque i libri o sono obbligatori o sono veramente cercati e desiderati. Dopodiché chiediamoci: la società cosa ci sta proponendo? Viviamo in ansia nella prospettiva della ricerca di un lavoro che non troveremo; viviamo, adulti e bambini,  con la testa al macero perché bombardati da input di acquisto compulsivo di beni di cui non abbiamo bisogno, avviluppati da televisione spazzatura che non sollecita la fantasia in alcun modo e da riviste di ogni genere assolutamente leggere e frivole fatte con lo stampino su personaggi imposti dalla pubblicità. Se siamo conformati, è più facile analizzare i nostri consumi e proporli massivamente. Ma se siamo conformati e non abbiamo desideri se non indotti, perché dovremmo fare la fatica di andare a cercare un libro particolare, nel momento in cui si vive questa ricerca come  fatica e non come gioia? Anche le librerie e gli editori sono sempre più spostati verso il libro come prodotto: esce il libro del tal personaggio e la vetrina è invasa di copie. I ragazzi a 16 anni sono completamente abbandonati, esito di un processo che muove prima, dalle scuole medie. Mi sono sentita chiedere da bambini di undici anni: “A cosa serve leggere espressivamente? Tanto poi non troveremo neppure un lavoro!”

Se tu fossi bambina oggi, con quale libro sottobraccio usciresti da una libreria?
Come una bambina. Ieri ho acquistato Bottoni d’argento di Bob Graham. Dello stesso autore acquisterei il meraviglioso Come curare un’ala spezzata che parla al bambino e all’adulto contemporaneamente, ricco, pieno di illustrazioni e di particolari da osservare. Per Emanuela Bussolati bambina sceglierei anche un libro attivo, di quelli da ritagliare.

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Quali sono i tuoi prossimi lavori?
Sto lavorando su alcuni titoli per Editoriale scienze, creati insieme a Federica Buglioni. Il tema è il cibo. Come gioco simbolico, come scoperta, come voglia di fare. Contemporaneamente sto curando una nuova collana per i piccoli di 3 anni per Il Castoro.

Quali libri ci sono sul tuo comodino?
Una trilogia palestinese di Mahmud Darwish, edito da Feltrinelli, raccoglie scritti sulla Palestina: sono molto coinvolta emotivamente da questa drammatica vicenda che dura da cinquanta anni e questo testo la affronta usando un linguaggio poetico. La foresta nascosta. Un anno trascorso a osservare la natura: opera stupenda di David George Haskell, un naturalista e insegnante di giardinaggio che propone l’osservazione di un metro quadrato di foresta, un mandala, in cui si possono osservare tutte le dinamiche della Terra.