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Cosa leggiamo a Natale. I consigli dei Serpenti (4)

I consigli di Anna Castellari
per grandi e piccini

cover_northClaire North, Le prime quindici vite di Harry August
Claire North, tra i tanti talentuosi autori della scuderia di NN Editore, è tra le scoperte editoriali tra le più interessanti di quest’anno (il romanzo è uscito a maggio). Si conferma la vocazione visionaria di NN – che tra l’altro sarà ospite di Cosa si fa con un libro #Scatolalilla edition il prossimo 14 gennaio – già vista in altri autori, vuoi declinata in chiave poetica (Sembrava una felicità di Jenny Offill) o comico-surreale (Auro Ponchielli contro la fine del mondo di Alessandro Pozzetto). Questa volta, invece, è l’angoscia a farla da padrona: il protagonista rivive sempre la stessa vita, sempre negli stessi anni (dall’inizio del Novecento in poi) con reazioni sempre diverse; eppure, in barba a qualsiasi teoria del caos, al famoso battito d’ali di farfalla in Brasile che provoca un uragano in Texas, gli eventi storici rimangono sempre gli stessi. E i kalachakra, ovvero le creature che rivivono più vite con la memoria sempre più piena di avvenimenti, si cercano tra loro, e sono spesso cercate dai servizi segreti. Una lettura poco natalizia, ma avvincente.

il-libro-delle-stagioni.w-310_h-310Charline Picard, Clementine Sourdai, Il libro delle stagioni
Lo ammetto: sulle stagioni sono un po’ sensibile. Vuoi perché i cliché letterari legati alle stagioni hanno un po’ raggiunto il capolinea, vuoi perché lavoro in editoria scolastica e le stagioni sono un leit motiv ricorrente in qualsiasi libro delle scuole elementari, sono sempre scettica su questo punto. Ma Editoriale Scienza non mi ha deluso nemmeno stavolta: il libro è illustrato armoniosamente, a volte in modo vignettistico altre in maniera più realistica, e accompagna il bambino per mano alla scoperta del ciclo delle stagioni, senza stancare mai nonostante il cospicuo materiale. Un volume da usare con un genitore o un formatore, che aiuti il bambino nella scoperta. Ma il modo delicato e senza filtri in cui si affrontano i vari temi legati alla natura – uno su tutti, la sessualità, che sia di fiori e di animali – lo rende un vero e proprio strumento didattico e di intrattenimento al tempo stesso, leggibile anche in autonomia. Sul volume c’è scritto che è un libro adatto dai sei anni in su: complimenti all’editore, perché non sempre si osa sottoporre all’attenzione di bimbi di prima elementare soggetti così delicati, senza temere le critiche dei benpensanti.

IMG_0335Pia Parlato, Angelo Ruta, Fiori bianchi bacche di caffè
Verba Volant Edizioni propone una storia delicata sulla nascita del caffè in tazzina. La memoria degli odori, che ricorda proustianamente quella dei sapori, conduce i piccoli – e grandi – lettori in un racconto che narra di ricordi d’infanzia, di nostalgia per terre ormai lontane, per un continente – l’Africa – in cui si consumano storie di migrazioni, narrate dalla voce di Pia Parlato e dal colore caldo e raffinato di Angelo Ruta. Il tutto, proposto nel consueto formato del “libro da parati”, che si legge e poi si ripiega nel suo astuccio, oppure si può appendere.

Siate gentili con le mucche: il mondo di Temple Grandin – Beatrice Masini

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

Beatrice Masini ha una scrittura fluida ed efficace, che incanta il pubblico bambino quanto quello adulto. Perlomeno, è quel che succede leggendo la storia di Temple Grandin, forse la più nota autistica al mondo.

Ma io non conoscevo questa donna straordinaria, fra le voci più importanti nel contributo alla lotta contro i pregiudizi legati all’autismo, e con questo libro ho avuto la possibilità di farlo, e di appassionarmi alla sua storia affascinante e piena di futuro. Merito anche dell’ostinazione di sua madre, il cui amore è riuscito a superare la crudeltà del padre che voleva la piccola Temple relegata in un riformatorio per bambini difficili. E invece Temple, seguita da istitutrici sempre più attente ai suoi bisogni, da un insegnante molto speciale in una scuola adatta alle sue esigenze, ma non ghettizzante, non solo riesce a prendere il diploma, ma perfino a laurearsi, in psicologia, e a specializzarsi in scienze animali.

Gli animali, sì: già presenti nel titolo, essi svolgono un ruolo importantissimo nella vita della straordinaria scienziata, che ideato un metodo per migliorare le condizioni di vita delle mucche all’interno degli allevamenti. Non è un caso se le mucche sono citate nel titolo, perché diventeranno non solo il lavoro di una vita per Grandin, ma sono un’ottima terapia per le persone affette dalla sua malattia, tanto temibile quanto ancora piuttosto sconosciuta.

6059021_383697Si sa, e si deduce anche dalla lettura di queste pagine, che gli animali sono importanti nella scoperta della comunicazione di una persona autistica; che questa, se fatica a esprimersi con i propri simili, con gli animali tende a trovare un’empatia naturale quanto utile a mitigare scatti d’ira e difficoltà di inserimento nel “mondo umano”.

La grazia della scrittura di Masini, mai troppo tesa a sviscerare i pensieri della protagonista, quanto a farceli immaginare narrando i fatti secondo alcune ricostruzioni, si accompagna in maniera davvero delicata al tratto del disegno di Vittoria Facchini, che è riuscita a cogliere la personalità forte e difficile di una protagonista certamente complessa e ricca di sfumature.

Il tratto quasi onirico di certe pagine illustrate ben si adatta a descrivere i voli della mente che compiono i malati di autismo, come lo è Grandin, che si è ritagliata a buon diritto un posto nella società.

Beatrice Masini, Siate gentili con le mucche
Illustrazioni di Vittoria Facchini
Editoriale Scienza, Trieste 2015
pp. 112, 12,90 €

Corrado Premuda – Un pittore di nome Leonor

leonorSCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

di Anna Castellari

Il nuovo romanzo di Corrado Premuda Un pittore di nome Leonor (con le illustrazioni di Andrea Guerzoni) sarà presentato per la prima volta giovedì, 12 marzo, alle 18 presso la Libreria Feltrinelli di Trieste.

Quando ho saputo che la passione di Corrado Premuda per Leonor Fini, scrittrice triestina nata a Buenos Aires all’inizio del Novecento, si era trasformata in pagine scritte per ragazzi, non ho esitato a richiederne una copia.

Il libro, curato nella grafica quanto nell’impaginazione, gode delle preziose e leggiadre illustrazioni di Andrea Guerzoni, artista che in passato ha già avuto diverse fruttuose collaborazioni con Corrado.

Nella tensione narrativa della vita di Leonor, vengono esaminati attentamente tutti gli aspetti della storia di questa straordinaria quanto poco nota pittrice. Nata a Buenos Aires, ma cresciuta in una Trieste cosmopolita che oggi fatico decisamente a riconoscere, dove sembra che “accadessero cose”, non ha mai smesso di cercare e di cercarsi, stando alla storia di Corrado. E dopo essersi ribellata ai dictat parentali, che la volevano avvocato, studiò pittura e si specializzò poi a Milano e a Parigi, dove conobbe i maggiori artisti della sua epoca.

In questo senso, la storia di Leonor è didattica e decisamente femminista ante litteram: la pittrice persegue i propri scopi senza timore, con disinvoltura e sicurezza, caratteristiche rare in una donna di quel periodo. E in tal senso il titolo non è casuale: non solo perché da bambina era costretta a vestirsi da maschietto per sfuggire alle mire del padre argentino che voleva riprenderla con sé dopo la separazione dalla madre, ma anche perché le caratteristiche che animarono il suo essere erano considerate appannaggio del sesso maschile, tanto che alla stazione di Milano Centrale, in un momento della storia, chi va a prelevarla crede di trovarsi un artista uomo.

Non si può far altro che provare una certa empatia per questo personaggio, che ama le fave dei morti e i morti (da studiare per imparare a dipingere le persone), ha un carattere ribelle e antiprovinciale, non si sogna di dipendere da qualcuno né di obbedirgli, adora andare a Barcola a prendere il sole ma fugge la noia di una città che forse già allora, si ripiega su se stessa, andando a Parigi.

Corrado Premuda

Corrado Premuda

La scrittura di Corrado, piacevole e incisiva, accompagna noi lettori grandi e piccoli alla scoperta di questa personalità; lo stile inconfondibile di Guerzoni suscita curiosità nei confronti della pittura di Fini. Unica nota, forse l’eccessiva introspezione psicologica, che svela un po’ troppo della personalità dei personaggi, quando dovrebbe soltanto “mostrarsi” attraverso i fatti, e uno sbilanciamento deciso verso la personalità di Leonor. Ma rimane un libro fruibile a ogni età, un romanzo biografico che dà corpo e vita a una pittrice troppo spesso dimenticata.

Nota sull’autore
Corrado Premuda è nato a Trieste nel 1974. Ha pubblicato le raccolte di racconti Un racconto di frammenti (L’Autore Libri, Firenze 2000) e Intrusioni (FPE Editore, Trieste 2004). In Croazia è uscita la traduzione del suo romanzo per ragazzi Prematurità, inedito in Italia, con il titolo Sazrijevanje (Izdanja Antibarbarus, Zagabria 2010), illustrato da Andrea Guerzoni. Nel 2013 è uscito Felici e contente, raccolta di fiabe dal finale rivisitato illustrate da Guerzoni (Luglio Editore, Trieste). Nel 2014 è uscito Murmur. Fiaba per bambini pelosi, romanzo di Leonor Fini scritto originariamente in francese e tradotto in italiano da Premuda (Gli eccentrici – Edizioni Arcoiris, Salerno 2014).

Un pittore di nome Leonor di Corrado Premuda
Editoriale Scienza, Trieste 2015
pp. 94, € 12,90

Per acquisti: www.editorialescienza.it

Recensione in progress – Anna Castellari sta leggendo Un pittore di nome Leonor

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

leonordi Anna Castellari

«Qualcuno, imbattendosi nelle mie storie e nei miei testi, o scoprendo i miei personaggi, ha detto: “È il mondo di Corrado”.
In effetti credo che il mio sia proprio un mondo a parte.
Qui avete l’opportunità di affacciarvi alla soglia di questo mondo e di sbirciare alcuni suoi aspetti.
Benvenuti nel mio mondo.»

Corrado Premuda

«Bianche, rosa e color cacao. Le fave dei morti erano da sempre tra i dolci preferiti di Leonor. Quand’era piccola, Lolò aspettava con emozione la notte del due novembre ricordandosi di preparare un bicchiere di latte in cucina affinché, come le raccontava la nonna, i morti potessero rifocillarsi durante la loro visita e ricambiare la gentilezza lasciando alcuni bonbon, che Leonor trovava, entusiasta, la mattina dopo sul tavolo.

Mentre le dolci fave di pasta di mandorla le si scioglievano in bocca, la bambina pensava incantata al regno dei morti: la sua immaginazione lo dipingeva come un luogo fatato, popolato da esseri impalpabili, leggeri, eleganti e dotati di poteri straordinari».

«Io sono la figlia di una donna e di un gatto. Mio padre è nientemeno che Sua Maestà il Gatto, lo provano i miei occhi: guardali, sono occhi felini».

Corrado Premuda è nato a Trieste nel 1974. Ha pubblicato le raccolte di racconti Un racconto di frammenti (L’Autore Libri, Firenze 2000) e Intrusioni (FPE Editore, Trieste 2004). In Croazia è uscita la traduzione del suo romanzo per ragazzi Prematurità, inedito in Italia, con il titolo Sazrijevanje (Izdanja Antibarbarus, Zagabria 2010), illustrato da Andrea Guerzoni. Nel 2013 è uscito Felici e contente, raccolta di fiabe dal finale rivisitato illustrate da Guerzoni (Luglio Editore, Trieste). Nel 2014 è uscito Murmur. Fiaba per bambini pelosi, romanzo di Leonor Fini scritto originariamente in francese e tradotto in italiano da Premuda (Gli eccentrici – Edizioni Arcoiris, Salerno 2014).

Un pittore di nome Leonor è uscito per Editoriale Scienza (Trieste-Firenze) con le illustrazioni di Andrea Guerzoni. Sarà presentato per la prima volta giovedì prossimo, 12 marzo, alle 18 presso la Libreria Feltrinelli di Trieste.

Intervista a Federica Buglioni, curatrice della collana Ci provo gusto (Editoriale Scienza)

il-club-dei-cuochi-segreti-copertina---310-310SCARABOCCHILa rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

A cura di Rossella Gaudenzi

Luca, Pepe, Mimma e Federico sono i quattro piccoli cugini protagonisti di Il club dei cuochi segreti (Editoriale Scienza, 2014). Si ritrovano stagione dopo stagione nella casa di campagna di nonna Lu e nonno Leo e sotto la loro vigile presenza imparano a sporcarsi le mani con la terra, con le piante, con i frutti da raccogliere e da trasformare in cibo profumato e gustoso. Assaggiano la libertà e iniziano a bilanciare il prezzo del prendersi le responsabilità delle proprie azioni.

Per la triestina Editoriale Scienza, casa editrice specializzata in divulgazione scientifica per ragazzi, lo scorso ottobre è nata la collana Ci provo gusto, con le due uscite Giochiamo che ti invitavo a merenda? (a partire dai 3 anni) e Il club dei cuochi segreti (a partire dai 7 anni), un progetto di Federica Buglioni ed Emanuela Bussolati.

«Anche io sono stata una bambina curiosa e vispa, cresciuta ai bordi di una metropoli ma con l’incommensurabile ricchezza di un’ampia casa di campagna dei nonni pronta ad accogliermi. Ogni volta che vi tornavo cambiavo pelle trasformandomi in una creatura dei campi. Il club dei cuochi segreti che parla di natura, cibo e libertà, ha riacceso l’entusiasmo di quei tempi lontani».

Via dei Serpenti ha intervistato Federica Buglioni, una delle autrici.

Federica Buglioni

Federica Buglioni

Federica Buglioni lavora da molti anni nel mondo dell’editoria, prima come redattrice, poi in qualità di autrice di libri di cucina e alimentazione per genitori e bambini. Ha tradotto dall’inglese documentari di natura a marchio Airone, National Geographic e Bbc, e lavorato come interprete. È co-fondatrice e presidente dell’associazione milanese Bambini in cucina, attraverso cui promuove il valore educativo e affettivo del cucinare con i bambini, insieme a un approccio all’educazione alimentare fondato sul piacere del fare. Ha pubblicato per Editoriale Scienza Cuochi col sale in zucca, Giochiamo che ti invitavo a merenda?, Il club dei cuochi segreti; è autrice inoltre di In cucina con mamma e papà (San Paolo) e di In cucina con i nostri bambini (Franco Angeli), scritto con Marcella Marraro.

L’elemento cibo – e sempre più buon cibo, sano, non avvelenato, preparato con cura e lentezza – da tempi “non sospetti” (In cucina con i nostri bambini. Esperienze e ricette, Franco Angeli, 2004) fa parte del bagaglio di ricchezza personale di Federica Buglioni. Quale valore aggiunto ritieni dia, oggi nel 2015, a un libro per bambini?
Ho iniziato a interessarmi al tema del cibo quando mio figlio era piccolo, rendendomi conto, come genitore, che il cibo è un elemento completo che permette a un bambino anche molto piccolo di fare esperienze diversificate e di comprendere molte cose, proprio perché parte della sua vita quotidiana. Ad esempio per un bambino di città la frutta e la verdura sono l’unico elemento di contatto con il mondo naturale, è la natura che entra in casa ogni giorno. Si tratta soprattutto di un’esperienza tattile: cucinare significa fare esperienza con materiali diversi, che possono poi essere messi in bocca senza pericoli. Il cibo è un “materiale” che si presta a tantissimi approcci. A scuola non è soltanto utile per imparare a fare le divisioni, capire l’origine dei cibi significa capire la storia, la geografia; per i più grandi c’è la chimica, la fisica. A casa, ma naturalmente anche a scuola, il cibo è socialità: ci sediamo a tavola non solo perché è pratico mangiare insieme, ma per creare un momento di incontro e affettività; il bambino mette in bocca cibo ed emozioni. Un bambino che non mangia a tavola reagisce spesso a un clima non favorevole, raramente non apprezza quel che c’è nel piatto. Parlare di cibo ai bambini non significa insegnare quello che fa bene o fa male o parlare dei “mattoncini” che compongono il corpo umano: significa invece esplorare linguaggi. Nel libro Il club dei cuochi segreti i quattro bambini protagonisti esplorano prati e boschi, imparano a giocare col mondo selvatico e a mettere in campo tutti i sensi, gusto compreso ed è attraverso questo processo, andando incontro alla natura che nutre, che imparano ad amare il cibo di qualità. In Giochiamo che ti invitavo a merenda c’è la ritualità del cibo, che con i bambini si può esplorare facendo finta: si gioca a ricreare un mercatino, a inventare ricette magiche con stoffe, cartoni e materiali che abbiamo in casa, magari per organizzare la festa di compleanno per le bambole. Il bambino fa le prove a imitare l’adulto, impara i gesti ed esplora sé stesso.

Le avventure di Luca, Pepe, Mimma e Federico, i giovani protagonisti di Il club dei cuochi segreti si svolgono a Bertello, località di dolce campagna. Che luogo è Bertello?
Bertello è un luogo di fantasia. Ho immaginato una località sull’Appennino perché questo mondo si snoda per buona parte dell’Italia, è accessibile e raggiungibile agevolmente anche solo facendo una gita fuori porta. La mia esperienza di vita libera che narro in Il club dei cuochi segreti  – i cui temi portanti sono cibo e libertà – risale a un paese collinare nel cuore della Sardegna dove andavo da bambina. Con i piccoli amici di allora si cercavano girini e libellule, si raccoglievano i fichi d’india e si rientrava a casa pieni di spine. Ma l’Appennino è un mondo più accessibile e ricco, che ha molto da offrire ai bambini in tutte le stagioni, un regno in cui è possibile raccogliere more, lamponi, funghi e castagne; miracolosamente qui è ancora arduo cementificare quindi verdeggiano i boschi e si sviluppa una campagna meravigliosa.

Emanuela Bussolati

Emanuela Bussolati

Ci racconti il procedere di questo lavoro di scrittura, illustrazione e fotografia, svolto insieme a Emanuela Bussolati?
Emanuela Bussolati per me è una maestra, ha conoscenze vaste e sa comunicarle molto bene. Padroneggia i linguaggi, quello della parola e quello dell’immagine; dietro la mano dell’artista ci sono tanta competenza e tanto sapere sul modo in cui i bambini recepiscono, su ciò che tocca il loro cuore. Senza Emanuela questo progetto non si sarebbe realizzato. Non abbiamo voluto dividere i compiti: il pensiero è stato costruito e sviluppato insieme, il progetto di collana è stato ideato insieme; lei è un’artista dal cuore selvatico e su questi temi ci siamo trovate sulla stessa linea d’onda. Il testo contiene i ricordi di entrambe, la parte inerente le immagini è stata affidata interamente a lei, i disegni sono i suoi, le fotografie – forse per il 60% mie e il 40% sue – sono istantanee di vita quotidiana. Le mie sono state scattate durante passeggiate in campagna con mio figlio, senza l’ambizione di essere belle foto: lo scopo era di fermare i momenti di un’esperienza alla portata di chiunque. Non ci interessa fornire “il consiglio dell’esperto”: pensiamo alle giovani mamme di oggi come a giovani sorelle a cui trasmettere il testimone di quello che abbiamo compreso. Il mondo femminile è ricco di saperi dall’enorme valore e quindi abbiamo voluto mantenere questo livello di concretezza e di realtà.

In quale momento hai deciso di dedicarti ai libri per bambini e perché?
Vengo dal mondo dell’editoria dove ho lavorato per lungo tempo. Quando è nato mio figlio, ho iniziato a fare attività di cucina con lui, un modo per mantenere attivo un bambino molto curioso e per tenerlo sott’occhio. Credevo che tutti i genitori facessero lo stesso, ma confrontandomi mi sono resa conto che molti pensavano che la cucina fosse un luogo pericoloso. Non vivevamo ancora gli anni della crisi però mi rendevo conto che un pacco di farina in casa lo abbiamo tutti: un laboratorio di cucina non è un’attività di élite, è alla portata di qualsiasi tasca. La cucina per i bambini è un’attività democratica, adatta a qualsiasi cultura, mentalità, pensiero; forse da considerarsi la fetta che manca in certa formazione montessoriana. A mio avviso è materia didattica a tutti gli effetti. Tutto è nato così, per esperienza diretta. Lavorando nell’editoria il passaggio è stato semplice. I primi libri su questo tema scritti da me sono per genitori e non per bambini. Se non avessi conosciuto Emanuela Bussolati non mi sarei avventurata nella scrittura di un libro per bambini, impresa ben più difficoltosa: ci si rivolge a un pubblico intelligente con il quale bisogna comunicare con un linguaggio diverso da quello dell’adulto.

giochiamo-che-ti-invitavo-a-merenda-copertina---310-310Quali editori meglio rappresentano Federica Buglioni e perché?
Non sono un’esperta del mondo editoriale per bambini e ragazzi. È stata scelta Editoriale Scienza perché prima di questa collana ha realizzato libri realmente interessanti e ben fatti sul cibo, forti dell’idea che il cibo vada raccontato da diversi punti di vista, dalla narrazione alla scienza al semplice ricettario e così via. Proporre a loro la collana ci permetteva di confrontarci con qualcuno in grado di capire l’intenzione.

Esiste una fascia di età infantile a cui ti senti più vicina?
Non direi. Nella mia esperienza sul campo, quella dei laboratori che tengo da anni per l’associazione Bambini in Cucina, mi relaziono con le diverse fasce di età facendo sempre nuove scoperte. I bambini più attenti sono i più piccoli; i più grandi a volte vengono distratti dal confronto con gli altri e temono il giudizio, si sentono a volte in competizione: se il clima non è sereno fanno fatica e subentrano dinamiche più complicate. Tra due bambini che preparano per la prima volta gli gnocchi, paradossalmente riuscirà meglio nell’impresa quello di quattro anni rispetto a quello di otto, anche se il bambino più grande è poi aiutato da un pensiero logico e razionale che lo porterà ad andare più avanti. Una particolarità che ho notato è che i bambini della fascia nido-materna hanno una discreta manualità grazie a varie attività svolte, ma alle elementari disimparano, come se le mani dimenticassero le esperienze fatte. Non di rado incontro bambini che non riescono più a chiudere la mano a pugno per impastare.

Nel libro Il club dei cuochi segreti le figure dei nonni sono centrali contro una totale assenza delle figure genitoriali. Perché?
La generazione dei nonni di oggi, che potrebbe andare dai cinquantacinquenni in su, è quella di coloro che hanno fatto molte esperienze a contatto con la natura e, a differenza dei genitori spesso risucchiati da ritmi di vita frenetici, non ne hanno paura. Il libro riporta la storia di una coppia di nonni ex hippie che hanno viaggiato, toccato con mano la libertà, sporcandosi le mani con il mondo. Ecco perché sono figure così centrali, in grado di infondere coraggio e serenità.

Altro tema portante del libro: l’importanza della missione, dell’obiettivo.
Ogni giorno i nonni affidano ai bambini una missione, un obiettivo, che rappresenta da una parte un pretesto per uscire e dall’altra un limite, che per i bambini è rassicurante. La missione è anche un aiuto a focalizzare l’attenzione su un alimento e quindi un invito a guardarlo in modo non superficiale, a godersi un’esperienza, a consumarla fino in fondo. Qual è il fondo? La cucina, naturalmente, dove l’alimento viene trasformato, tutti insieme, in un sapore che entra a far parte della trama e dell’ordito della quotidianità.

Quali libri ci sono sul tuo comodino?
In questo momento sto leggendo l’ultimo libro di Dario Bressanini, La scienza della pasticceria (Gribaudo, 2014). Ma sul mio comodino c’è anche una raccolta di miti greci, un libretto scritto da non so chi, scovato su una bancarella, che mi accompagna con leggerezza verso il sonno.

Intervista a Emanuela Bussolati, illustratrice libri per bambini

SCARABOCCHI – La rubrica dedicata alla letteratura per bambini e ragazzi.

a cura di Rossella Gaudenzi

ravanelloRavanello cosa fai? di Emanuela Bussolati (Editoriale Scienza, 2013) è un libro per bambini che ha destato il mio stupore, scoperto sfogliando una pregevole lista che redige annualmente la libreria cagliaritana Edumondo, 100 Libri per l’Ambiente.
Si parte da un seme, un seme di ravanello, e pazientemente lo si fa crescere, lo si nutre, ci si prende cura, per ventidue giorni, di una nuova vita. Ogni giorno la piantina ha bisogno di una specifica attenzione, ogni giorno il bambino allena la pazienza e il senso di responsabilità con intermezzi di storie, curiosità, ricette. Ravanello cosa fai?, nel suo essere piccola cosa, dà senso alla vita. E così ho voluto conoscere chi ha creato questa preziosa opera.

«Sono architetto  ma progetto libri per bambini. Un modo per costruire pensieri e immaginazione. Sono anche illustratrice e scrivo. Un modo per raccontare. E camminatrice: un modo per osservare e imparare la natura. Ho collaborato con un centro di psicologia per l’età evolutiva: un modo per amare chi cresce».
Milanese dalle origini piacentine, Emanuela Bussolati illustra i primi libri per case editrici francesi e inglesi, successivamente per Emme Edizioni e Piccoli; vince diversi Premi Andersen per alcune collane e alcuni progetti, per il migliore libro dell’anno (Tararì tararera) e come autore completo. Scrive per Carthusia, La Coccinella, Editoriale Scienza, Il Castoro, Franco Cosimo Panini, Terre di Mezzo.

imagerie d'epinalPartiamo dalla seducente definizione che Emanuela Bussolati fa di sé stessa: figurinaia. Cosa racchiude questo sostantivo?
Da sempre vengo catturata dalle figure di ogni tipo e ho amato profondamente le straordinarie figurine che uscivano dall’Imagerie d’Epinal, una sorta di scuola per tutti coloro che hanno lavorato nell’immagine e soprattutto che hanno voluto proporre fogli-gioco; come quelli, ad esempio, del «Corriere dei Piccoli» con i soldatini. Ho la consapevolezza di non essere un’artista propriamente detta, come Pia Valentinis, Chiara Carrer, Alessandro Sanna, che hanno fatto  esperienze d’arte sin da piccoli, continuando a maturarla e lavorano innanzitutto per esprimersi attraverso la loro arte, a prescindere dal fatto che sia diretta a bambini o adulti. La mia formazione è di tipo diverso: il Liceo Classico, seguito dalla facoltà di Architettura, per arrivare a questo lavoro da un centro di psicologia evolutiva. Mi sono sempre sentita più artigiana che artista e l’eccellenza dell’artigianato nel campo dell’illustrazione era per l’appunto incarnata dalle figurine e dai teatrini di carta –  altro elemento per me di grande fascino  –  di Epinal. Immagini che nascevano per fare piacere ai bambini, farli sorridere, coinvolgerli, non tanto per dar vita a un risultato meravigliosamente estetico, ma con l’idea di comunicare e trasmettere fantasia e creatività. Ciò che ha a che fare con la comunicazione mi attrae moltissimo, è alla base di qualsiasi contatto umano, ed è per questo che ho creato il libro Tararì tararera.

E qual è il legame tra quel che fai e un’altra importante definizione che dai di te, quella di camminatrice?
C’è un legame molto profondo, perché chi cammina racconta e raccontare rappresenta per me quasi un’urgenza: raccontare con le figure, raccontare con le parole. Da ragazzina ho avuto la fortuna di stare a lungo con i piedi nudi, con la felice possibilità di scorrazzare per i campi e arrampicarmi sugli alberi. Andando lungo il fiume Po, luogo per me ricco di significato, si entra in contatto con una sabbia finissima che al tocco ricorda il velluto. Ogni passaggio percettivo, che va dalla dura terra ai sassi, alle stoppie che tagliano le caviglie, alla sabbia che accarezza, racconta quanta varietà contenga la natura. Le sensazioni si avvicendano e ti fanno sostare, ti fanno osservare: le formiche, lo sputacchino sull’erba, il canto del cuculo. Tutto ciò è bellissimo da narrare. Camminare ha questa valenza di percepire, come una specie di antenna che raccoglie, per poi raccontare. C’è anche un’altra significativa valenza: le idee non nascono quando ti accanisci davanti a un foglio vuoto o a un computer, ma ti sorprendono quando non stai facendo niente e stai camminando. La mente si rilassa, va altrove e si forma uno strano corto circuito creativo.

Quali i libri preferiti che leggevi ai tuoi figli e quali scegli oggi da leggere ai tuoi nipoti?
Sono in fondo gli stessi, perché i libri belli sostanzialmente non cambiano. Quando leggi un libro che conosci puoi leggere saltando o cambiando le parole, sospendere, rallentare il ritmo: l’importante è che il risultato sia armonico. La lettura può esser morta se non la nutri con l’emozione, ma se leggi un libro che ami così come lo si potrebbe raccontare, nulla vieta di togliere o cambiare una parola; è un ammiccamento orale, non scritto, il libro resta quel che è ma io ho la facoltà di cambiarlo a seconda del bambino e per il momento di vita del bambino che ho di fronte. Con i miei figli hanno avuto grande successo i testi di Pinin Carpi, ad esempio Cion Cion blu, Il Paese dei maghi. Anche Viki il vichingo di Runer Jonsson; il libro Petzi di Carla e Vilhelm Hansen è stato favoloso per loro, un’opera svedese incomprensibilmente dimenticata: Petzi andava lontano perché voleva viaggiare, ma portando con sé le torri di frittelle fatte dalla mamma. Le sue avventure erano perfette per i piccoli. Oggi cosa leggo? Il fatto è di Gek Tessaro; La mucca Moka di Agostino Traini, Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni; ancora Cion Cion blu, L’incredibile storia di Lavinia di Bianca Pitzorno. Quest’estate ai miei nipoti di due e cinque anni leggevo i miti greci in una edizione Usborne, non elegante ma molto figurata. Dopo la lettura giocavano instancabilmente a impersonare dei ed eroi: l’immaginario era quindi alla loro portata e le storie erano piaciute moltissimo .

tarareraCome si realizza un tuo libro?
Sono diversi i tipi di libro che realizzo. I libri divulgativi, quasi tutti legati alla natura: una volta trovato il tema, cerco di costruirli portando avanti insieme testo e immagini; conosco il percorso da proporre e pagina dopo pagina vado avanti. Ci sono poi i libri di taglio psicologico, per le edizioni Carthusia, in collaborazione con lo psicologo Domenico Barrilà. Qui c’è spesso un lavoro di “traduzione” del testo in un linguaggio adatto ai bambini accompagnato da disegni: divento, oltre a illustratrice, traduttrice dell’idea. La comunicazione deve essere accessibile al bambino attraverso parole comprensibili e immagini che vadano oltre le parole. Mi faccio un’idea del testo, faccio un percorso unicamente illustrativo, torno sul testo e laddove ritengo vada cambiato ci si lavora insieme. Infine ci sono i libri interamente di mia fantasia, come Tararì tararera. Viene l’idea, mi ci provo, compongo l’intero libro e lo propongo all’editore.

A quale fascia delle età infantili ti senti più vicina, da un punto di vista creativo?
Negli anni Settanta, quando ho iniziato a lavorare in questo ambito, lettura per bambini significava testi dai sei anni in su. Ho iniziato a battagliare sul fatto che i neonati potessero leggere le immagini. Questa convinzione nasce dal fatto che mentre lo allattavo, mio figlio guardava delle figure appese nella stanza e camminando con lui in braccio gli parlavo davanti a queste figure notando  le reazioni che aveva. Ho cercato di capire se fosse una mia ipotesi da mamma innamorata o meno; quindi ho letto molto, ho fatto  esperienze con i bambini e mi sono appassionata al tema  bambini tra zero e tre anni. Il mio lavoro è fondamentalmente dedicato all’età che va da zero a dieci anni, con particolare attenzione ai primi mesi di vita, dove il rapporto adulto-bambino è fondamentale e può essere notevolmente arricchito dal libro. Gli adolescenti sono molto interessanti, ma a loro volta richiedono tempi lunghi di osservazione. Occorre osservarli, capire quanta ricchezza hanno dentro e restituire loro questa comprensione, perché vivono spesso dolorosamente il momento in cui si sforzano di capire quale può essere il proprio posto nel mondo. Dovrebbe essere un’età tutelata, nutrita: impresa impossibile con brevi e sporadici, talvolta isolati, incontri.

ebConsideri il tuo un impegno di responsabilità sociale? Cosa vorresti trasmettere ai bambini che leggono i tuoi libri, futuri adulti, e ai loro genitori?
Io non ho da insegnare nulla, ho un piccolo testimone da trasmettere come se si fosse in una staffetta. Come trasmettere le cose importanti ai bambini? Non con un atteggiamento da docente. Occorre far partecipare e condividere con loro quello che ci entusiasma, come accade con il cibo: se la mia tavola è scarna, povera di sapori o non ho la capacità di trasmettere quanto possa essere gustoso mangiare anche una sola fetta di pane, il bambino non avrà interesse per il cibo; se non sono gentile con lui il bambino non diventerà una persona gentile, se non gli leggo e non mi diverto nel farlo non si appassionerà alla lettura e così via. La stessa cosa vale per i grandi temi, di cui fa parte la natura. Essere nell’ambiente facendovi parte e non unicamente come utilizzatori  è un aspetto che mi preme moltissimo; sono dell’idea che si stia andando verso una deriva spaventosa che irresponsabilizzerà le persone rispetto al pianeta. La natura è vissuta come uno sfondo, una scenografia nella quale vedersi come personaggi da Mulino Bianco, oppure al contrario come una tremenda natura distruttrice. Forse è il momento di prestare attenzione e di vederci come parte di questa natura e non come suoi dominatori. Iniziare a trasmettere ai bambini che la bellezza va conservata e aiutata, divenendo agenti all’interno di questa bellezza e facenti parte di questa bellezza. Conoscere significa curare. E curare significa equilibrio di tutte le specie, noi compresi.

Quali editori meglio rappresentano Emanuela Bussolati e perché?
Desidero pubblicare con editori con cui parlare lo stesso linguaggio, ho la necessità di trovare piena sintonia quantomeno sul piano umano altrimenti, la fatica, già insita in questo lavoro, lo renderebbe routine noiosa e insopportabile. Posso citare fra i miei preferiti Carthusia, Editoriale Scienza, Il Castoro per cui sto ora progettando delle collane; mi piacerebbe lavorare con Uovonero e Lapis con i quali, per ora, ancora non ho pubblicato.

E con quali autori e illustratori di libri per l’infanzia ti senti in sintonia?
Fabrizio Silei, Fabio Visentin, Agostino Traini, Anna Curti, Giulia Orecchia, Desideria Guicciardini. Li considero grandi amici e per me sono anche grandi fari. All’estero ho tantissime passioni come ad esempio Bob Graham, Yvan Pommaux, Elzbieta: figure molto diverse tra loro, ma in fondo anche io sono continuamente diversa da me stessa: cambio pelle a seconda di quel che faccio. È molto interessante scoprire quale strada artistica ognuno percorre nel tempo.

Emanuela Bussolati

Emanuela Bussolati

Dall’ultimo Salone di Torino sono arrivati dati sempre più drammatici sulla crisi del libro e della lettura. Però è nuovamente in controtendenza l’editoria per ragazzi. I lettori dai 6 ai 16 anni sono in crescita. Quali sono secondo te le ragioni di questo fenomeno e perché i giovani lettori, una volta adulti, smetterebbero di leggere, sempre secondo le cifre Nielsen?
Molto semplicemente, entro questa età i lettori sono tutelati. La famiglia, se propone e legge ai piccoli, incentiva la lettura e il mercato del libro. La scuola, se ha  insegnanti  appassionati può essere motivante; dal punto di vista dei numeri i libri di lettura adottati nelle scuole hanno uno specifico peso. Le biblioteche da tempo propongono incontri bellissimi. In questa fascia d’età dunque i libri o sono obbligatori o sono veramente cercati e desiderati. Dopodiché chiediamoci: la società cosa ci sta proponendo? Viviamo in ansia nella prospettiva della ricerca di un lavoro che non troveremo; viviamo, adulti e bambini,  con la testa al macero perché bombardati da input di acquisto compulsivo di beni di cui non abbiamo bisogno, avviluppati da televisione spazzatura che non sollecita la fantasia in alcun modo e da riviste di ogni genere assolutamente leggere e frivole fatte con lo stampino su personaggi imposti dalla pubblicità. Se siamo conformati, è più facile analizzare i nostri consumi e proporli massivamente. Ma se siamo conformati e non abbiamo desideri se non indotti, perché dovremmo fare la fatica di andare a cercare un libro particolare, nel momento in cui si vive questa ricerca come  fatica e non come gioia? Anche le librerie e gli editori sono sempre più spostati verso il libro come prodotto: esce il libro del tal personaggio e la vetrina è invasa di copie. I ragazzi a 16 anni sono completamente abbandonati, esito di un processo che muove prima, dalle scuole medie. Mi sono sentita chiedere da bambini di undici anni: “A cosa serve leggere espressivamente? Tanto poi non troveremo neppure un lavoro!”

Se tu fossi bambina oggi, con quale libro sottobraccio usciresti da una libreria?
Come una bambina. Ieri ho acquistato Bottoni d’argento di Bob Graham. Dello stesso autore acquisterei il meraviglioso Come curare un’ala spezzata che parla al bambino e all’adulto contemporaneamente, ricco, pieno di illustrazioni e di particolari da osservare. Per Emanuela Bussolati bambina sceglierei anche un libro attivo, di quelli da ritagliare.

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Quali sono i tuoi prossimi lavori?
Sto lavorando su alcuni titoli per Editoriale scienze, creati insieme a Federica Buglioni. Il tema è il cibo. Come gioco simbolico, come scoperta, come voglia di fare. Contemporaneamente sto curando una nuova collana per i piccoli di 3 anni per Il Castoro.

Quali libri ci sono sul tuo comodino?
Una trilogia palestinese di Mahmud Darwish, edito da Feltrinelli, raccoglie scritti sulla Palestina: sono molto coinvolta emotivamente da questa drammatica vicenda che dura da cinquanta anni e questo testo la affronta usando un linguaggio poetico. La foresta nascosta. Un anno trascorso a osservare la natura: opera stupenda di David George Haskell, un naturalista e insegnante di giardinaggio che propone l’osservazione di un metro quadrato di foresta, un mandala, in cui si possono osservare tutte le dinamiche della Terra.