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Un libro si pubblica. La parola a Sandro Ferri, editore di e/o

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma 

COSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma

di Emanuela D’Alessio e Rossella Gaudenzi

Le librerie chiudono, il governo propone vincoli alla destinazioni d’uso delle librerie storiche o emendamenti per abolire i limiti agli sconti imposti dalla legge Levi. Negli ultimi quattro anni hanno chiuso una cinquantina di librerie solo a Roma, l’ultima in ordine di tempo è quella dell’editore Fanucci.
Di che cosa hanno bisogno i librai indipendenti in Italia? Serve o non serve la legge Levi? Perché non decolla un forte associazionismo tra i librai indipendenti?
È con queste domande che abbiamo avviato il secondo appuntamento di Cosa si fa con un libro, il 6 febbraio nella libreria romana Pagina 348, con l’editore di e/o Sandro Ferri.

Marco GuerraIl libraio Marco Guerra ha le idee molto chiare.
«La Legge Levi è una sorta di medicina che non guarisce né fa morire il malato, bensì lo mantiene in uno stato di coma vigile. Nel nostro Paese nessuna norma pone freno alle percentuali di sconto sul libro, diversamente da quanto accade in Germania o in Francia. In Francia non è consentito applicare uno sconto superiore al 5% e parliamo di un paese in cui le librerie indipendenti sono numerose e godono di buona salute. Ritengo che l’associazionismo per le librerie indipendenti non funzioni soprattutto perché esistono realtà molto diverse tra loro. Ad esempio, una libreria che vive sulla caffetteria ha esigenze assai distanti da quelle di chi fattura molto con i testi scolastici, e così via».

Fondamentale il rapporto tra libraio ed editore
«Per una libreria indipendente è fondamentale il rapporto con l’editore. Tra i primi venti titoli venduti dalla nostra libreria, sei sono della casa editrice e/o. E non è un caso. Per i grandi editori la piccola realtà della libreria indipendente spesso è vista come molestatrice, abbiamo difficoltà a farci richiamare e persino ad avere risposte via e-mail. e/o invece si affida al proprio promotore che va di persona nelle librerie, instaura un rapporto con il libraio, e il risultato si vede. La scelta di e/o è coraggiosa perché in tempi di crisi la spesa del promotore è una delle prime a essere tagliata. Ma è come tagliare l’arteria che porta sangue a un organo: quello inevitabilmente muore».

Il coraggio di rischiare
Di scelte coraggiose Sandro Ferri sembra averne compiute molte negli oltre trent’anni di attività, da quando nel 1979 decise, insieme alla moglie Sandra Ozzola, di fondare e/o.
«Il nome e/o ha due significati. Significa sia est/ovest – nel 1979 esisteva ancora il muro di Berlino – e abbiamo concepito un catalogo di autori dell’Est europeo, sia e/oppure, volendo affiancare la congiunzione all’opposizione, quindi a un’alternativa. In trentasei anni abbiamo compiuto molti cambiamenti ma continuiamo, io e mia moglie, a fare gli editori e non abbiamo mai perduto la curiosità di leggere, senz’altro utile per questo mestiere».
Curiosità che li ha portati a esplorare le letterature di mezzo mondo, dall’Europa orientale all’Africa, dalla Francia all’Italia. «Ventitré anni fa abbiamo scoperto Elena Ferrante, scrittrice napoletana che è diventata un fenomeno planetario. Circa dieci anni fa abbiamo fondato una casa editrice negli Stati Uniti e anche questa è stata una scommessa vinta. Indubbiamente abbiamo avuto fortuna, ma è stato premiato anche il nostro coraggio di rischiare».

lib1Quando un libro può essere considerato “buono”
Il lavoro dell’editore deve animare, incoraggiare la comunità dei lettori, e questo lo si fa pubblicando libri buoni e sostenendo le librerie. Ma di buoni libri ce ne sono pochi, aveva detto Sandro Ferri nel suo I ferri dell’editore (e/o, 2011). Quand’è che un libro può essere considerato buono?
«Innanzitutto un buon libro deve essere ben fatto, il risultato di cura e attenzione, nella scelta della copertina, del tipo di carta, di come viene impaginato. Ma un buon libro è soprattutto quello che trova un suo pubblico. e/o ha dato pubblico, in Italia, ad autori come Christa Wolf – e al suo intramontabile Cassandra – e Bohumi Hrabal. Quando abbiamo iniziato con il noir i nostri lettori sono rimasti perplessi, ma proprio attraverso quei libri alcuni lettori hanno scoperto Jean-Claude Izzo e Massimo Carlotto e conseguentemente l’esistenza di buoni noir. Aggiungo gli americani Thomas Pynchon, J. C. Oates,  Alice Sebold e il suo Amabili resti. Il più grande successo della casa editrice è stato L’eleganza del riccio (Muriel Burbery, 2007): negli Stati Uniti ha venduto 800.000 copie, superato solo da Elena Ferrante con oltre un milione di copie».

Il self-publishing è una minaccia per l’editore?
La Penguin Random House, la più grande casa editrice al mondo, ha appena venduto il suo servizio di autopubblicazione a pagamento. In Italia c’è Streetlib, la più importante piattaforma digitale per l’autopubblicazione che ha chiuso il 2015 con un fatturato di oltre 4 milioni di euro. Il self-publishing, come suggerisce il fondatore di Streetlib Antonio Tombolini, va interpretato non in chiave antagonista con l’editore ma come stimolo per imparare un nuovo modo di fare editoria. Per Sandro Ferri, invece, il fenomeno dell’autopubblicazione non costituisce una minaccia né un esempio di editoria alternativa.
«Non temiamo il self-publishing. L’editore deve fare la selezione, che è del tutto assente nel self publishing, è proprio questa la differenza che fornisce all’editore la sua ragion d’essere».

IMG-20160206-WA0002Il lavoro nella casa editrice
«e/o pubblica 50/60 titoli l’anno, grazie al lavoro di circa quindici persone, che non sono poche ma tutte necessarie. Si parte dal manoscritto, il prodotto grezzo, che va rivisto e viene lavorato attraverso l’editing a vario livello, per arrivare al prodotto finito. Il nostro ufficio stampa è composto da due persone, una a Roma e l’altra a Milano. Non tutti i libri riscuotono la stessa attenzione, per l’80% non c’è alcuna risposta. Quando invece si accende una lampadina inizia la trafila della promozione del libro. Un’altra persona si occupa esclusivamente del sito web e dei social (facebook, twitter). Comunque i libri non si vendono con i social o le recensioni sui giornali. Per quanto riguarda i premi letterari, in Italia a smuovere un po’ le acque quanto a vendite, sono lo Strega e il Campiello. La nostra è un’azienda (nel 2015 abbiamo fatturato circa 12 milioni di euro), che deve occuparsi di conti, bilanci, aspetti amministrativi. Capita anche di sbagliare. Faccio un esempio: l’ultimo libro di Carlotto, Per tutto l’oro del mondo, è uscito come strenna natalizia. Era già in distribuzione quando ci siamo accorti che mancava l’ultimo capitolo. Quarantamila copie, per il valore di circa 50.000 euro, sono state ritirate dal mercato e ristampate in fretta e furia, lavorando il sabato e la domenica anche di notte. Un editore deve saper fare anche questo».

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Il ruolo della distribuzione
«La distribuzione è fondamentale. e/o lavorava con PDE, grande distributore di molte piccole e medie case editrici, acquistato da Feltrinelli per contrastare la concorrenza di Messaggerie, ma alla fine è stato rivenduto proprio a Messaggerie. Siamo stati messi con le spalle al muro con nuove condizioni economiche. La nostra decisione è stata di dire no e di passare ad ALI, una distribuzione di minore».

Le grandi trasformazioni del mercato editoriale italiano
Negli ultimi mesi stiamo assistendo a grandi sommovimenti nel mondo editoriale italiano. Si è concretizzata la fusione di Mondadori e Rizzoli, Adelphi si è staccata dal nuovo colosso, è stata fondata la casa editrice La nave di Teseo. Grande è meglio di piccolo? Sembrerebbe di sì, ma anche di no, visti i dati del 2015 che risultano meno negativi proprio per la piccola e media editoria. e/o tanto piccola non lo è più, se consideriamo i dati di fatturato. Ma Sandro Ferri non nasconde la sua preoccupazione.
«Una minaccia oggettiva c’è. Mondadori possiede sul territorio italiano circa 5000 librerie, indubbiamente un’ampia fetta di mercato. Il problema si estende anche agli scrittori, che prima  avevano due grandi marchi cui bussare e adesso ci pensano bene prima di tentare con i piccoli editori. Insomma, una certa preoccupazione c’è. Staremo a vedere».

libreriaLe prossime uscite di e/o
Nei prossimi mesi usciranno un giallo del francese Michel Bussi, una sorta di mémoire di E.E.Schmitt su un’esperienza di viaggio nel Sahara. Dopo l’estate ci sarà il nuovo libro di Fabio Bartolomei, autore del fortunato Giulia 1300 e altri miracoli, e uno di Marco Rossari. E poi vari esordienti. «Pubblichiamo circa dieci esordienti italiani l’anno, ma solo uno su dieci funziona».

Cosa legge Sandro Ferri
L’incontro si conclude con la consueta domanda sulle letture sul comodino di Sandro Ferri.
«Ad eccezione dei libri in lavorazione, purtroppo c’è poco sul mio comodino. Qualche classico, per mantenere alto il livello letterario. Qualche saggio, perché mi piace la saggistica, qualche graphic novel e talvolta i successi di altre casi editrici. Devo ammettere che mia moglie è più brava di me nel dedicarsi alle “letture altre”».

Ringraziamo Sandro Ferri per la sua gentile disponibilità e ci rivediamo il 12 marzo, alla libreria Risvolti, per l’incontro con Massimiliano Borelli, redattore di L’Orma editore.

Cosa si fa con un libro? A Roma la parola all’editore di e/o Sandro Ferri

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma 

Secondo appuntamento della seconda edizione romana di COSA SI FA CON UN LIBRO?
Il 6 febbraio 2016, alle 17:30, alla libreria Pagina 348 (Viale Cesare Pavese 348, zona Eur-Ferratella).

Dopo il primo appuntamento con lo scrittore Sandro Bonvissuto, Cosa si fa con un libro torna in libreria il 6 febbraio con Sandro Ferri, l’editore di e/o.

Ospiti della libreria Pagina 348 di Marco Guerra, parleremo del rapporto tra editore e libraio, di come è cambiato il mestiere dell’editore negli ultimi trent’anni e delle prospettive del settore in questa fase di grandi trasformazioni, di come funziona una casa editrice, di pregi e difetti del mercato editoriale italiano e internazionale, e di molto altro.

Dalla collana praghese di Milan Kundera a Thomas Pynchon, da Muriel Barbery, autrice del best-seller L’eleganza del riccio e del nuovo Vita degli elfi, al caso editoriale Elena Ferrante, da Massimo Carlotto a Jean-Claude Izzo, alle novità di questi giorni, L’incantesimo delle civette di Andrea La Mattina e Tutti i giorni è tua vita di Lia Levi, la proposta editoriale di e/o è ricca e variegata.

Sandro Ferri è laureato in filosofia. Nel 1979, insieme a Sandra Ozzola, ha fondato e/o, che significa Est/Ovest ma anche e /oppure. Nel 2011 ha pubblicato I ferri dell’editore, breve e agile riflessione sul mondo editoriale e i suoi risvolti.

Al termine sarà offerto un aperitivo con i bignè al formaggio preparati dai nostri eccellenti gourmet Sabina e Michele.

Da non perdere!

Un libro si pubblica. La parola a NN editore

COSA SI FA CON UN LIBRO? #Scatolalilla edition – Milano

di Elena Refraschini

Alberto Ibba ed Eugenia Dubini

Alberto Ibba ed Eugenia Dubini

Si è svolto il 14 gennaio il terzo incontro di Cosa si fa con un libro? #scatolalilla edition, ospitato come sempre nella libreria Il mio libro di Cristina di Canio. Questa volta abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con l’editore milanese NN Editore, che quest’anno ha pubblicato autori importanti come Kent Haruf e ha fatto conoscere al pubblico italiano scrittori come Jenny Offill (qui la nostra recensione) e David James Poissant (qui la nostra recensione). Lasciamo quindi la parola a Eugenia Dubini e Alberto Ibba, tra i fondatori di NN.

VdS – Cominciamo dall’inizio della vostra storia: com’è iniziata NN editore?

Eugenia Dubini – Io e Alberto ci conosciamo da tantissimi anni, e diverse volte abbiamo pensato di creare una casa editrice insieme. Ci siamo conosciuti negli anni Novanta, quando lavoravamo alla Rivisteria di Bea Marin, mensile dedicato all’editoria e ai libri. C’era anche Edoardo Caizzi, che si occupa con noi oggi della produzione. Nella nostra squadra c’è anche Gaia Mazzolini, che aveva lavorato con me al Sole24Ore e con Alberto nell’agenzia letteraria che aveva creato dopo l’esperienza di Verdenero.

Alberto Ibba – Io venivo dall’esperienza di Verdenero, che per un periodo pensammo di trasformare in casa editrice. Poi ho creato un’agenzia letteraria (non mi sono fatto mancare nulla, insomma). Nel settembre 2013 però ci è sembrato ci fossero le condizioni giuste per creare la nostra casa editrice: i momenti di crisi offrono sempre nuove possibilità a chi ha delle idee, perché gli scenari cambiano. Siamo partiti ufficialmente nel 2014, e i primi libri sono usciti nel 2015. Non abbiamo fatto le cose di fretta, anzi, per un anno abbiamo letto e ci siamo confrontati tanto.

VdS – Siete una delle case editrici più attive online e offline, tra le più attente a una corretta e proficua gestione del rapporto con i vostri lettori. Potete dirci qualcosa in più a riguardo?

Alberto Ibba – Quello a cui abbiamo sempre tenuto è il rapporto con il lettore: un rapporto di trasparenza e accoglienza che mi ricorda quello delle cucine nei ristoranti: una volta erano un luogo da tenere nascosto, oggi invece si apprezza una cucina “a vista”, dove il cliente può ammirare il processo della creazione delle pietanze. Sia il nostro sito sia la nostra comunicazione online sono costruiti con quest’ottica. Vogliamo far sentire il lettore partecipe, senza mai prenderlo in giro. Per esempio, alla fiera di Torino abbiamo promosso il libro di Claire North incoraggiando i lettori a lasciare dei bigliettini per i sé stessi del futuro, premiando poi il più originale. Questo ovviamente ha portato più visite sia al sito sia ai canali social, oggi curati da Luca Pantarotto. Stesso discorso per il diario di Auro Ponchielli scritto da Alessandro Pozzetti, o la storia di Gemma, portata avanti dalla sua autrice Stefania Divertito.

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Eugenia Dubini – Ci succedono cose, lavorando coi libri, che contribuiscono alla vitalità degli stessi: per questo abbiamo scelto di pubblicare, per ogni titolo, anche il carteggio avvenuto tra me e il traduttore, o tra noi e l’autore, o il revisore. Anche l’idea del songbook fornisce un accesso in più al contenuto del libro, in un’ottica di assonanza tra consumi culturali. Nella stessa direzione vanno i nostri “bugiardini”, come li ha soprannominati una nota agente letteraria, una sorta di indicazione di lettore-tipo che pubblichiamo in quarta di copertina: “questo libro è per chi…”.

Anna Castellari

Anna Castellari

VdS – I vostri primi due titoli sono stati Benedizione di Kent Haruf e Sembrava una felicità di Jenny Offill. Come avete deciso che erano proprio questi i libri perfetti con cui iniziare quest’avventura editoriale?

Eugenia Dubini – Ho sempre letto i libri selezionati nei premi, e Benedizione era stato selezionato nella cinquina al Folio prize, che premia di solito libri molto belli. Ho subito contattato l’agente prima di partire per la fiera di Londra. Cercavamo testi sulla ricerca di identità nel contemporaneo, con una prima declinazione sui ruoli della vita quotidiana, su come le persone vestono con un po’ di fatica questi ruoli; testi che parlassero di identità, di senso di comunità: insomma, tutto questo e molto altro c’è in Haruf. A Londra, e chiunque ci sia stato sa di cosa parlo, siamo stati inondati di parole, un livello sonoro incredibile: ma leggevo Haruf prima di addormentarmi e attorno a me scompariva tutto il resto, e tornava il silenzio. Ci ha convinti subito. Abbiamo poi discusso anche con l’autore, recentemente scomparso, su come farlo uscire, perché in Italia era già uscito il primo di questa trilogia “slegata”, Benedizione era il terzo volume, che però abbiamo pubblicato per primo [il secondo, Canto della pianura, è uscito a novembre, mentre Crepuscolo uscirà a metà 2016].
Con la Offill è stato più semplice perché era recensita benissimo, Sembrava una felicità era stato eletto libro dell’anno in tanti Paesi e si inseriva perfettamente nel discorso che stavamo mettendo in piedi, trattando in modo originali temi quali l’identità femminile, le relazioni, la maternità. È costruito come un mosaico, come un puzzle che ti si compone davanti agli occhi. Abbiamo ricevuto una lettura bellissima di Gioia Guerzoni, traduttrice che lavorava con Teju Cole e che ci ha scritto una scheda di lettura meravigliosa con immagini, musiche e un voto che lasciava pochi dubbi: 10, un romanzo straordinario.

VdS – Il progetto della serie ViceVersa si è rivelato vincente presso critica e pubblico, visto il successo di libri come La resistenza del maschio di Elisabetta Bucciarelli e Panorama di Tommaso Pincio, che ha portato a casa il premio Sinbad. Potete raccontarci qualcosa in più?

Alberto Ibba – Già all’epoca di Verdenero c’era il progetto di chiamare a raccolta degli autori perché ragionassero su tematiche legate all’ecomafia in chiave narrativa. Quando abbiamo messo in piedi NN il concetto è stato simile, ma l’idea si è evoluta: si è deciso di mettere al centro il ruolo dello scrittore. Avendo favorito l’orizzontalità di relazioni e commistione di ruoli, non volevamo dare loro un compitino da svolgere, ma volevamo coinvolgere attivamente gli autori in una nostra riflessione. La serie è nata chiacchierando su cosa potesse interessarci in un dibattito legato alla contemporaneità e all’identità. La scelta è caduta sul tema dei vizi e delle virtù, perché quando c’è confusione i classici punti di riferimento bene/male cambiano. Tutto questo però non viene sviluppato in chiave didascalica, infatti leggendo i romanzi della serie ViceVersa non ci si accorge necessariamente che si parla di vizi e virtù. Abbiamo individuato Gian Luca Favetto come interlocutore ideale, e insieme abbiamo pensato agli scrittori da coinvolgere.

Elena Refraschini

Elena Refraschini

VdS – Questa volontà di trasparenza e di rapporto diretto con i lettori si traduce anche in un proficuo rapporto con le librerie. In questo anno di attività avete portato avanti diverse iniziative in questo senso, penso per esempio al tuo viaggio che ha toccato diverse librerie indipendenti lungo la penisola.

Alberto Ibba – Secondo me la crisi ha creato un soggetto libraio diverso, e ho voluto toccare questa cosa con mano andando di persona a conoscere i librai indipendenti dopo la nascita di NN. I librai che stanno aprendo queste librerie sono proprio il lettore a cui pensavamo: sono persone di cultura che non solo leggono, ma sono aggiornati sui serial, sanno cosa c’è a teatro, o danno consigli musicali. Questo è un ruolo che sta facendo crescere la cultura in Italia.

Eugenia Dubini – Tante volte andiamo nei gruppi di lettura. Elisabetta Bucciarelli è presentissima sui social ed è sempre felice di portare in giro, come lo chiama lei, “il suo maschio” (La resistenza del maschio). Durante una bellissima presentazione organizzata di recente alla libreria Verso, le persone erano fisicamente lì ma poi le domande e il dibattito si sono allargati in luoghi virtuali come facebook, twitter e periscope. È sempre presenza, che sia reale o virtuale importa poco.

VdS – Un’ultima domanda: potete darci qualche anticipazione sulle prossime uscite?

Eugenia Dubini – Il 18 febbraio uscirà I gatti non hanno nome di Rita Indiana, tradotto dalla storica traduttrice di letteratura ispanoamericana Vittoria Martinetto. Lo stesso giorno troverete in libreria anche Maestro Utrecht di Davide Longo, penultimo libro della serie ViceVersa. In futuro, uscirà Giacomo Sartori con Sagittarius A, e pubblicheremo i racconti inediti di Antonio Franchini. Verso la fine dell’anno verrà pubblicato anche l’ultimo di Kent Haruf, Le nostre anime di notte, una storia d’amore tra un uomo e una donna di settant’anni. Ne verrà tratto un film prodotto da Netflix e Robert Redford, che reciterà accanto a Jane Fonda.

Si conclude così la nostra serata dedicata a NN. Ringraziamo Eugenia e Alberto, il pubblico che ha partecipato con domande interessanti e, come sempre, Cristina Di Canio per l’ospitalità e per le belle foto. Alla prossima!

libreria

Un libro si scrive. La parola allo scrittore Sandro Bonvissuto

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma

COSA SI FA CON UN LIBRO? prima edizione Roma

di Emanuela D’Alessio e Rossella Gaudenzi

In un’atmosfera rilassata e calda, nonostante il vento polare che improvvisamente ha travolto Roma, sabato 16 gennaio ha preso il via la seconda edizione di Cosa si fa con un libro? con lo scrittore Sandro Bonvissuto.
C’erano una trentina di persone, tra gli altri anche Marco e Cristina, i librai di Pagina 348, nella libreria-salotto L’Altracittà con la padrona di casa Silvia Dionisi e le serpenti romane Emanuela D’Alessio, Rossella Gaudenzi e Sabina Terziani.
Bonvissuto non è uomo di poche parole ed è stato un po’ impegnativo, ma divertente, moderarne l’eloquio, con risultati comunque soddisfacenti per tutti.

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Il ruolo dei librai indipendenti. Trovandoci in una libreria non si poteva non cominciare da qui, dal libraio indipendente e dal suo ruolo. Per Bonvissuto il libraio vero, quello che legge i libri, che è in grado di dire a un cliente: «Questo libro è per te», che fa il proprio mestiere con passione e competenza, che riesce a veicolare buoni libri e sostenere realmente la lettura, è una specie in via di estinzione. «Sono pessimista, quando scompariranno i pochi veri librai indipendenti ancora in circolazione, vedo la fine». E per sottolineare di che pasta è fatto un libraio vero, Bonvissuto ha ricordato che al Punto Einaudi di Barletta, «luogo che nell’immaginario collettivo non viene di certo associato al mondo del libro o a una folla di lettori», sono state vendute circa mille copie del suo libro Dentro, mentre in una qualsiasi libreria di catena in una grande città se ne vendono due o tre decine al massimo.

bonv.1Il perché della scrittura. Alla fatidica domanda sul perché della scrittura Bonvissuto in realtà non ha risposto. «Non c’è un perché. Posso parlare più di un insieme di elementi casuali, non sempre facili da ricostruire, che hanno portato a un risultato ben riuscito».  La sua la definisce una scrittura “preterintenzionale”, perché scaturita inconsapevolmente, senza l’obiettivo della pubblicazione. «Lo scrittore è colui che scrive, non quello che pubblica – ha aggiunto – e scrivo quello che mi piacerebbe leggere».
Bonvissuto, che è laureato in filosofia e fa il cameriere, ha raccontato i suoi esordi inconsapevoli di scrittura quando era al liceo e non godeva di particolare successo fra i professori. In un paio di occasioni i suoi temi vennero riconosciuti come “molto belli”, a dispetto della sua fama di pessimo studente. Ma allora non diede retta a quei segnali. Soltanto dopo si mise a scrivere seriamente e quando tornò a casa con il suo primo librino stampato (peraltro mai distribuito), sentì di avere già realizzato un sogno. Da quel librino è poi scaturito un sogno ancora più grande e nemmeno immaginato: la pubblicazione con Einaudi.

Racconto o romanzo? Alla domanda se fosse uno scrittore di racconti o di romanzi ha risposto: «Non è stata mia la scelta di esordire con il racconto. Quando sono stato contattato dalla Einaudi avevo un intero romanzo in testa, ma l’incontro con la editor ha chiarito che la richiesta era per un libro di racconti. Credo che Dentro abbia il sapore del romanzo di formazione: contiene, a ritroso, l’adulto, l’adolescente, il bambino. Io amo i racconti – ha proseguito – come non amare quelli sublimi di Raymond Carver, ad esempio? Per poter scrivere un racconto si deve conservare l’impatto della poesia, bisogna essere capaci di misurare le parole, non una in più né una in meno. Il racconto richiede una sensibilità sopraffina. Comunque l’idea di scrivere un romanzo è rimasta intatta, e magari quando lo scriverò scoprirò che mi venivano meglio i racconti».

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Carcere e letteratura. Dopo una breve lettura di Il giardino delle arance amare, il primo dei tre racconti di Dentro, con cui Bonvissuto ha esordito nel 2012 per Einaudi, si è parlato di carcere e letteratura. Il giardino delle arance amare è la storia, narrata in prima persona, di un uomo senza identità e colpa, che trascorre un tempo imprecisato in carcere. Entriamo con lui, viviamo i suoi gesti, i suoi giorni senza tempo e i suoi pensieri e alla fine usciamo con lui, certi di aver imparato qualcosa in più. «Per arrivare a questo risultato – ha spiegato Bonvissuto – mi sono documentato, ho visitato molte carceri italiane, anche penitenziari di massima sicurezza, ho incontrato detenuti di ogni tipo, anche camorristi, ho letto tutta la letteratura sul carcere e la detenzione, lettere e corrispondenze. Il racconto ha una forte componente di verismo».

In carcere ci sono libri? «Dipende dalle situazioni. Esistono carceri modello dove sono previsti percorsi di lettura e altri penitenziari dove il concetto di detenzione è fermo a qualche secolo fa. Le associazioni, non di rado quelle di natura religiosa, riescono talvolta a smuovere le acque, a concretizzare qualcosa. Il panorama è dunque estremamente complesso. Insomma anche in questo caso il tema libro si conferma problematico».

Esordire con un grande editore. «Non è cosa da poco – ha ammesso – essere in collana con Philip Roth. Per sopportare il peso di una casa editrice di questa portata, con il migliore catalogo disponibile, occorre una solidità psicologica non indifferente. L’ambiente è complicato e volendo fare un paragone con il mondo dello sport, sarebbe il caso di dire che qui se sbagli una partita non giochi più. E pensare che Einaudi era l’unica casa editrice cui non avevo inviato il mio manoscritto».

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La conversazione sarebbe proseguita ancora a lungo se il tempo a disposizione non fosse scaduto. Riprenderemo il discorso in un’altra occasione, magari a cena nella trattoria dove Sandro Bonvissuto quando non fa lo scrittore indossa le vesti del cameriere.

Cosa si fa con un libro, seconda edizione romana in libreria, prosegue il 6 febbraio alla libreria Pagina 348 con Sandro Ferri, editore di e/o.

Cosa si fa con un libro? A Roma, la parola alla scrittore Sandro Bonvissuto

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma

Primo appuntamento della seconda edizione romana di COSA SI FA CON UN LIBRO?
Il 16 gennaio 2016, 17:30, alla libreria L’Altracittà (Via Pavia, 106, zona Piazza Bologna).

Cosa si fa con un libro raddoppia e torna a Roma, mentre a Milano si è appena svolto il terzo incontro dell’edizione #scatolalilla, nella libreria Il Mio Libro di Cristina Di Canio.

A Milano si è parlato di promozione culturale con Oliviero Ponte di Pino, di scrittura con Francesca Scotti e di editoria con l’editore NN.

A Roma cominciamo il 16 gennaio e parleremo di “Un libro si scrive” con lo scrittore Sandro Bonvissuto, che ha esordito nel 2012 con Dentro (Einaudi), tre racconti narrati in prima persona, tappe di vita a ritroso, dall’età adulta alla prima infanzia.
Bonvissuto è laureato in filosofa e fa il cameriere. Gli chiederemo, tra le altre cose, il perché della sua scrittura, qual è il rapporto con l’editore e con i lettori, qual è o dovrebbe essere il ruolo del libraio.

Ospiti della libreria L’Altracittà, interverrà anche la padrona di casa Silvia Dionisi, con cui proveremo a fare una riflessione sulla condizione dei librai indipendenti oggi, sulle loro necessità, sulle difficoltà di fare rete.

E dopo le chiacchiere un aperitivo, offerto dalle serpenti romane Emanuela e Rossella.

Vi aspettiamo!

Dentro – Sandro Bonvissuto

UNA STAGIONE DA LEGGERE Rubrica dedicata alle stagioni nei libri, perché ogni storia ha la sua stagione.

di Emanuela D’Alessio

INVERNO – Dentro di Sandro Bonvissuto

(Dal racconto Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta)

Non succede mai niente d’interessante d’inverno. O forse succede anche qualcosa, ma è qualcosa che poi uno si dimentica. Perciò lo detesto, l’inverno. Tanto però torna sempre; dicono che sia a causa del meccanismo universale, il nome che hanno dato all’inesorabile alternarsi delle stagioni. E così tutte le persone a cui chiedi finiscono per sostenere che l’inverno sia assolutamente indispensabile. Ma io non ne sono affatto convinto. Credo si tratti della malsana abitudine che hanno a volte gli uomini di motivare l’esistenza di una cosa brutta ricorrendo a teorie inattaccabili, arcane superstizioni, assunti indimostrabili, e a un infinito numero di assiomi e postulati.

Insomma, l’inverno è e resta un problema. Collettivo e periodico. Al quale non si è mai riusciti a porre rimedio. Per me è come una piaga ciclica, una disgrazia annunciata, che andrebbe almeno intellettualmente rifiutata. Perché mortifica la vita. La intimidisce nelle sue manifestazioni. La ricaccia dentro non appena esce da qualcosa. Perché in genere la vita esce da qualcosa. E poi, quel poco che ci accade mentre fa freddo sembra non avere la forza per imprimersi nella nostra memoria definitiva, ed è condannato a una sorta di oblio a priori, per il solo fatto di essere successo in quel momento. Per questo ogni inverno della mia vita passata è oggi come un buco nero.

Non si poteva non citare questo incipit dedicato all’inverno, anche se il resto di Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta, il terzo racconto che compone la raccolta Dentro di Sandro Bonvissuto, si svolge in estate.

A prescindere dalle stagioni, la vera coincidenza importante è che l’autore inaugurerà la seconda edizione romana di Cosa si fa con un libro? e avremo modo così di scoprire se detesta veramente l’inverno!

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L’appuntamento è il 16 gennaio alle 17:30, alla libreria L’Altracittà (Via Pavia 106, zona PIazza Bologna).

Sandro Bonvissuto è nato a Roma nel 1970, è laureato in filosofia e lavora come cameriere. Dentro è il suo esordio letterario, nel 2012 con Einaudi.

Dentro
Sandro Bonvissuto
Einaudi, 2012
pp. 170, €17,50