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Butcher’s Crossing – John Willians

UNA STAGIONE DA LEGGERE Rubrica dedicata alle stagioni nei libri, perché ogni storia ha la sua stagione.

di Emanuela D’Alessio

PRIMAVERA – Butcher’s Crossing di John Williams

Tra la fine di marzo e i primi di aprile il tempo si stabilizzò e, giorno dopo giorno, con estenuante lentezza, Andrews vide la neve sciogliersi nella valle. Iniziò dai punti in cui era più sottile, col risultato che la valle, da piatta che era, si trasformò in un miscuglio di erba imbiancata e cumuli di neve sporca. I giorni divennero settimane e, grazie all’umidità che colava nel terreno con lo sciogliersi della neve e col caldo della bella stagione, l’erba nuova cominciò a spuntare in mezzo a quella rinsecchita dall’inverno. Un leggero strato di verde coprì il giallo-grigiastro del vecchio manto.

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Mentre la neve si scioglieva filtrando nel terreno in via di risveglio, la selvaggina divenne più numerosa: i caprioli comparvero lungo la valle, brucando i fili d’erba tenera e fresca. Erano così temerari che spesso si spingevano a poche centinaia di iarde dal campo. Al primo rumore alzavano la testa e drizzavano le piccole orecchie coniche, tendendo il corpo pronti a scappare. Poi, se il rumore non si ripeteva, ricominciavano a brucare, chinando i colli fulvi sull’erba in tante curve delicate. Le quaglie di montagna cantavano sulle cime degli alberi, posandosi di tanto in tanto tra i caprioli in cerca di cibo, con le loro piume screziate di grigio, bianco e marrone che si confondevano con il terreno. Con tanta selvaggina a disposizione, Miller non vagava più nella foresta. Quasi con sufficienza, cullando il piccolo fucile automatico di Andrews nella curva del gomito, si allontanava di pochi passi dal campo e, posando distrattamente il calcio sulla spalla, rimediava tutta la cacciagione necessaria. Gli uomini erano ormai satolli di carne di cervo, quaglie e alci. Quello che non riuscivano a mangiare marciva nel caldo sempre più intenso. Ogni giorno, Schneider si trascinava fino al passo per ispezionare la neve che lentamente si scioglieva tra loro e il mondo esterno. Miller guarda il sole e misurava con torve occhiate i lembi di terra nuda che si allargava verso il fianco della montagna, senza parlare. Charley Hoge continuava a leggere la sua Bibbia consunta, ma di tanto in tanto, come stupito, alzava la testa per guardare com’era cambiato il paesaggio. Prestavano meno attenzione al fuoco, che avevano tenuto acceso tutto l’inverno. Più volte lo lasciarono spegnere e dovettero riaccenderlo con l’acciarino che Miller teneva nel taschino della camicia.

butcher's crossingAndrews è un ventenne di Boston approdato a Butcher’s Crossing, uno sperduto villaggio del Kansas, in un mattino di primavera del 1873, in cerca di terre selvagge e di sé stesso. Miller è il migliore cacciatore di bisonti della zona, con un solo desiderio, tornare in una valle sperduta sulle montagne del Colorado dove anni prima aveva visto scorrazzare mandrie sterminate. Partiranno da qui verso un viaggio di caccia che si rivelerà drammatico e dal quale faranno ritorno sconfitti e perduti per sempre.
Butcher’s Crossing è il bellissimo romanzo di John Williams, pubblicato nel 1960 cinque anni prima di Stoner e dodici prima dell’acclamato Augustus con cui vinse il National Book Award.

In Italia dobbiamo all’editore romano Fazi (e alle traduzioni di Stefano Tummolini) la riscoperta di questo straordinario scrittore americano, rimasto sconosciuto inspiegabilmente fino a quando, nel 2012, è uscito Stoner, divenuto in breve caso editoriale dell’anno.
E ora ci sentiamo tutti un po’ orfani di John Williams, così come di Kent Haruf, e di quella letteratura americana spesso trascurata e dimenticata.

Qui le nostre recensioni di Stoner

Butcher’s Crossing
John Williams
Traduzione di Stefano Tummolini
Fazi, 2013
pp. 359, € 17,50