Leonardo Luccone (Oblique) risponde.
Come e quando è nata l’idea di WATT?
Sia Oblique sia IFIX hanno maturato negli anni una considerevole esperienza nella realizzazione di pubblicazioni periodiche anche di pregio letterario o artistico. Magari in collaborazione con altri o per altri. L’idea di un contenitore di storie narrate e illustrate risale a un anno fa. È un proposito che abbiamo coltivato e innaffiato da subito dedicandoci le nostre migliori energie. Come tutte le buone idee è nata a cena, dopo che la contingenza aveva smesso d’ammorbarci. Gli imperativi erano chiari fin dall’inizio: indipendenza, evitare di dare vita all’ennesima cricca di amichetti, ricerca, prezzo accessibile.
Quali sono le aspettative – realistiche – per il futuro della rivista?
Farci conoscere sempre di più. Vogliamo che WATT sia sfogliata, letta. Andiamo avanti sue due fronti: con i volumi speciali (che indicheremo con 0,5; 1,5; 2,5 e così via, e avranno dimensioni e caratteristiche cartotecniche sempre differenti) e con i volumi ordinari. Cercheremo di allargare il più possibile la rete di scouting. L’obiettivo di vendere le 1500 copie stampate non è così utopico, e non deve esserlo. Ci piacerebbe coinvolgere uno sponsor o un editore in modo da poter lavorare con più tranquillità.
Come vi siete mossi per trovare i racconti di questo numero e come vi state muovendo per le prossime uscite?
Possediamo, per il lavoro che facciamo, una robusta rete di contatti (il concorso 8×8 da solo ci ha permesso di conoscere in tre anni oltre 1500 aspiranti scrittori). Non è stato difficile scegliere i 27 autori del primo numero. C’è da dire però che non abbiamo attinto solo dai rapporti consolidati. Abbiamo fatto circolare la voce che ci sarebbe stata una nuova iniziativa e così abbiamo ricevuto più di 300 candidature in meno di cinque mesi. Da quando WATT è uscito gli invii spontanei di materiale si sono moltiplicati. Insomma, abbiamo un bel po’ di racconti da leggere e di portfolio da visionare.
Una rivista letteraria raffinata come WATT può conquistare un pubblico di semplici lettori e non solo di addetti ai lavori?
Se non lo facesse sarebbe un fallimento. E poi bisogna smetterla di considerare i lettori una massa di ebeti. È per questo che partiamo dai librai. Nel nostro piccolo stiamo capendo che i lettori sono curiosi e disponibili nei confronti delle novità. WATT, poi, non è una rivista ma è qualcosa a metà tra una rivista e un libro, e non è d’élite. È una rivista-libro popolare.
Maurizio Ceccato risponde
A due mesi dall’esordio, al Salone di Torino, si può trarre un primo bilancio?
Credo che come tutti i progetti che sono appena nati e vivono il momento della loro uscita, sull’onda anche euforica collettiva, tirare le somme sia prematuro. Se rimaniamo ai fatti credo che l’onda anomala che ha investiti tutti noi di WATT sia stata proprio l’entusiasmo dettato dagli apprezzamenti e dai riscontri sul progetto. Dai librai ai lettori spontanei, dagli addetti ai lavori ai giornalisti, si è creato un network alquanto inaspettato ma compatto di feedback che si è unito in coro per darci la benzina per proseguire.
Come vi siete mossi per trovare le illustrazioni di questo numero e come vi state muovendo per le prossime uscite?
Per questo volume zero ci siamo messi a cercare vecchie conoscenze tramite le esperienze di Oblique e il network di IFIX, B Comics (la testata di fumetti che agisce nel web e in alcune manifestazioni underground). Siamo andati a bussare alla porta di nomi noti e meno noti che hanno avuto da subito curiosità e interesse per il progetto WATT e, non avendo nulla da mostrare abbiamo giocato tutto sulla nostra credibilità, mettendoci la professionalità e l’impegno a dare il massimo per restituire sulla carta quelle che erano le nostre idee di editoria e con l’obiettivo di valorizzare al meglio il lavoro degli illustratori. Sui prossimi volumi vorremmo proseguire con questa formula, nella ricerca costante di diversificare la scelta sui segni sia che riguardino le immagini sia le parole.
Qual è il rapporto tra illustrazioni e racconti? Si integrano? Si spiegano a vicenda? Gli illustratori hanno letto i racconti prima di creare le immagini?
È stato un lento cesellamento da parte di Oblique e IFIX nel costruire anche il rapporto tra illustratore e scrittore. Facendoli dialogare, anche a distanza. Merito di Leonardo Luccone ad esempio, la scelta di avere tra le mani un bravissimo scrittore quale Funetta e farlo cimentare su alcuni quadri del pittore L’Altrella, che avevamo apprezzato e volevamo a tutti i costi pubblicare. Il risultato scaturito da quelle tele lo si può leggere nel racconto (un unicum in tutta la rivista) Noi stessi abbiamo dimenticato. Per tutti gli altri abbiamo proceduto fornendo il racconto agli illustratori, non prima però di esserci confrontati tra noi di WATT su quale terreno poter far giocare disegnatori e narratori, ovvero quali segni potessero essere intrecciati e quali cortocircuitare, per amalgamarsi e formalizzare le parole con segni bianchi rossi e neri.
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Il sito di Oblique
Il sito di Ifix
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