Mi sono imbattuta nell’articolo di Alessandra Melia Camus e Frisch, tentativi di rivolta contro l’insensatezza dell’esistenza dedicato a Il silenzio. Un racconto dalla montagna di Max Frisch, traduzione di Paola del Zoppo, appena pubblicato da Del Vecchio.
Non conoscevo Max Frisch e non amo affatto la montagna, ma queste due negazioni e l’analisi comparata dei temi di Frisch e di Albert Camus (come si legge nell’articolo della Melia) a proposito dell’insensatezza del vivere, della rivolta contro l’ordinaria esistenza, hanno reso irresistibile la curiosità di leggere il libro.
La lettura si sta rivelando illuminante, fin dalla citazione iniziale dello stesso Max Frisch: «Lo scetticismo è la levatrice di una solida illuminazione e della conoscenza…Un essere umano che sia scettico nei confronti di sé stesso è di un grado più umano».
«A un certo punto bisogna realizzare i propri sogni giovanili, se non si vuole essere ridicoli, e realizzarli tramite gesta virili, e si vedrà se si trattava di vuote manie di grandezza o meno, ciò in cui ha creduto per tanti anni. A un certo punto bisogna osare, grandi gesta o morte, perchè una vita così lui non può e non vuole sopportarla».
«Ma com’è bella la vita, pensa, quando si è stanchi e si conosce il motivo per cui svegliarsi la mattina. Lo si conosce così di rado!, e di continuo questo alzarsi in un’esistenza vuota e infruttuosa, a volte si pensa davvero di non poterla sopportare oltre…ma alla fine, prima o poi, arriva il sonno, un sonno più potente di tutto il resto, più potente dei nostri pensieri e della disperazione e semplicemente cancella il pensiero prima che si faccia letale. E però si sa bene che non cancella nulla, quel sonno, ci rinforza solo per altra disperazione, e la mattina seguente non è cambiato nulla, ma comunque bisogna alzarsi, intraprendere un cammino senza via, senza fede e senza meta, senza senso, senza niente, senza vocazione, e solo per farsi vecchi, sempre più vuoti e sperduti…».
Max Frisch (1911-1991) era svizzero, figlio di un architetto, è stato lui stesso architetto, soldato, gironalista, grande viaggiatore e amante della montagna. La sua vita fu ricca di cambiamenti di ritmo e scenario, amicizie stimolanti (tra cui quelle con Brecht, Dürrenmatt e Ingeborg Bachmann). Sempre apparentemente in fuga, adorava i rifugi, tra cui il più amato, dalla fine degli anni Sessanta, fu una vecchia stalla a Berzona da lui riadattata a residenza. Frisch ottenne tutti i più importanti riconoscimenti di ambito germanofono ma ricevette importanti riconoscimenti anche in altre nazioni: nel 1965 gli venne conferito il Jerusalem Prize for the Freedom of the Individual in Society, nel 1975 il Premio Internazionale per la Pace degli editori tedeschi e nel 1986 il Neustadt International Prize for Literature, prestigioso premio letterario statunitense. Il silenzio è un suo racconto giovanile (primi anni Quaranta) “ripudiato” dall’autore.