Proseguiamo le interviste di Via dei Serpenti con Fabio Bartolomei, autore esordiente di Giulia 1300 e altri miracoli (e/o). È nato a Roma dove vive e lavora come pubblicitario, scrive dopo le otto di sera, nei week end e durante le ferie. È un po’ timido ma pronto a un sorriso gentile e spontaneo, si muove solo a piedi, in bicicletta o in motorino, si è ritagliato una porzione di Roma al di fuori della quale non si avventura per non rimanere imprigionato nel traffico, non lo appassionano i dibattiti sulle generazioni di scrittori o i premi letterari.
Come sei arrivato al romanzo in generale e come sei arrivato a questo romanzo in particolare?
In realtà ho sempre scritto sceneggiature, perché mi divertiva e perché ho sempre avuto in mente l’idea di girare un giorno un “corto”. Ne ho scritte molte per anni senza mai girare nulla, finché ho conosciuto un regista con cui abbiamo iniziato a girare “corti” insieme, poi abbiamo scritto un lungometraggio, poi sono seguite altre storie. Quando ho iniziato questo romanzo avevo l’intenzione di scrivere proprio un libro, ogni tanto venivo assalito dai dubbi, ma avevo comunque voglia di scrivere e basta, senza l’obiettivo di pubblicare o di girare un film.
Che cosa vuole essere e cosa non vuole essere Giulia 1300?
Giulia 1300 vuole essere una storia che dà speranza. Molti lettori mi hanno scritto«leggere il tuo libro mi ha fatto tornare il sorriso, mi ha fatto tornare la voglia di leggere». È una cosa meravigliosa, far tornare il sorriso a una persona è una cosa meravigliosa. Non volevo invece scrivere una commedia al vapor acqueo, senza consistenza e contenuti. Non volevo inviare messaggi plateali, ma almeno lasciare un po’ di speranza e credo di esserci riuscito.
Ci sono state “prove generali” a questo esordio? Se sì, che tipo di cose hai scritto prima di arrivare a Giulia 1300?
No,come ho detto prima, ho sempre scritto soggetti per il cinema che si trasformavano qualche volta in racconti brevi. Ma questo romanzo è la prima cosa pubblicata in assoluto.
Come sei arrivato a e/o?
Quando ho finito di scrivere l’ultima pagina, sentendomi stranamente soddisfatto, cosa che non mi capita quasi mai per un lavoro appena finito, ho pensato«voglio provare a mandarlo un po’ in giro». In realtà non ci credevo molto e l’ho inviato solo a quattro o cinque case editrici, tra cui e/o, scegliendole su Internet e selezionando quelle che indicavano esplicitamente le modalità di invio dei manoscritti. Oltre a e/o l’ho mandato a Guanda, Sellerio, forse a minimum fax, no a Feltrinelli. Ho inviato un estratto di trenta cartelle, loro mi hanno chiesto il resto e dopo poco è arrivata una mail in cui mi dicevano che il romanzo era piaciuto molto. Da quando hanno deciso di pubblicarlo sono passati più o meno tre mesi. Insomma, tutto è avvenuto abbastanza rapidamente.
Il romanzo è denso di avvenimenti e di azione, tanto da suggerire la presenza di molte altre “scene” poi forse tagliate. Quanto e perché è stato tagliato?
In realtà sono stati tagliati soltanto due capitoli e uno lo regalo a chi mi scrive. Per il resto i tagli li ho fatti io durante la prima stesura. L’editing di e/o è stato minimo e molto veloce. Abbiamo discusso solo di dettagli, ad esempio sul finale, ma si trattava dell’ultima pagina e di aspetti formali. Claudio Ceciarelli, l’editor di e/o, è una persona meravigliosa, lui lavora nel massimo rispetto dell’autore. Io ero disposto a sentirmi dire di tutto, lui avrebbe potuto essere molto più spietato, invece è stato particolarmente morbido. La forma, che era già fluida,è stata resa ancora più scorrevole, della storia e dei personaggi, invece, non è stato modificato nulla.
La tua scrittura è così distesa che farebbe pensare a un romanzo nato di getto, spontaneo, scritto senza che il suo autore abbia incontrato particolari difficoltà o momenti di empasse. Ce ne sono stati, invece? Più in generale quali difficoltà hai incontrato nello scrivere il romanzo?
Nel momento in cui mi si è chiarita la storia, l’ho scritta in tre mesi, dopo aver preso un periodo di aspettativa. Avevo deciso di sparire per un po’, partire per un lungo viaggio, restare da solo. E invece il viaggio l’ho fatto dentro casa, al chiuso, con sessioni di scrittura lunghe anche diciotto ore. Ero partito da uno sfogo personale e sono arrivato a un romanzo.
Da pubblicitario: cosa pensi del titolo e della copertina del tuo romanzo?
Il tiolo è quello originale, avevo proposto qualche alternativa ma alla fine ci siamo trovati d’accordo su Giulia 1300 e altri miracoli. Non sono intervenuto sull’aspetto grafico anche perché loro erano molto più competenti di me. Comunque sono soddisfatto, mi piace molto l’effetto che fa il libro sullo scaffale.
Il tuo romanzo è già in pratica una sceneggiatura. A quale regista ti piacerebbe – se ti piacerebbe – affidare l’adattamento cinematografico del tuo esordio narrativo? E la colonna sonora, invece, visto che la musica è una presenza importante nel tuo libro?
Veramente non saprei, no, proprio non mi viene in mente un regista cui affidare il mio libro. La colonna sonora del libro invece è bellissima, ne vado orgoglioso, sono riuscito a scegliere i brani giusti per commentare quello che stavo scrivendo, da Dvořák a Bach, a Mozart.
Stai pensando già al prossimo romanzo?
Sì, in realtà ho già iniziato a scriverlo. Uscirà a febbraio, sempre con e/o e ovviamente non posso anticipare nulla, altrimenti rovinerei l’effetto sorpresa.
Cosa stai leggendo in questo momento? Cosa ti piace leggere di solito?
Il mio prossimo libro sul comodino sarà Zanna bianca. Ho provato con Pasternak ma non ce l’ho fatta. Tra i contemporanei penso a Safran Foer, in genere a tutta la narrativa americana. Invece non ho letto nessuno dei finalisti al Premio Strega.
Sappiamo che Tompusse e il romano antico di Buzzichini e di Furore di Steinbeck sono libri particolarmente significativi per te. Come mai?
Tompusse di Buzzichini è un libro di favole ed è stato il primo con cui ho iniziato a leggere da solo.. Fino a quel momento era mia sorella a leggermi le storie. Poi mi ha preso in giro a lungo perché dopo Buzzichini non avevo letto più nulla fino a diciotto anni. Furore invece è il libro che avrei voluto scrivere. È di un’intensità incredibile. C’è un lavoro di regia straordinario che non ho mai più ritrovato. Comunque non riuscirei ad avere una scrittura diversa dalla mia, alla fine devo mettere una gag, una battuta, insomma devo far ridere.
Parlaci del particolarissimo “tour on the road” con il quale hai promosso il tuo libro. Sei stato tu a proporre questi “incontri ravvicinati” con i lettori o è stata un’idea di e/o?
No, ho organizzato tutto da solo, perché volevo incontrare direttamente i lettori, senza intermediari, al di fuori delle librerie. È stata un’esperienza splendida, i lettori mi contattavano e fissavamo delle date per incontraci. Purtroppo, avendo a disposizione solo i week end, non sono riuscito a rispettare tutti gli impegni. Sono andato a Torino, Milano, Ascoli e Perugia. Ci incontravamo su una scalinata, in una piazza, su una panchina. Mi sono trovato sempre a mio agio, mi facevano domande a raffica senza timori, è stato tutto molto spontaneo e diretto, senz’altro antieconomico ma impagabile sul piano umano.
Leggi la recensione di Giulia 1300 e altri miracoli.