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Consigli di lettura indipendenti #6

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte di  Federico Cenci, editore di Cliquot e di Lorenzo Flabbi, editore di L’orma.

Federico Cenci
Se devo regalare un libro secco, senza pensarci sopra troppo, finisco sempre per andare a pescare nell’America di lingua spagnola. Mi viene da considerare L’eternauta di Oesterheld e Solano López, poi Rullo di tamburi per Rancas di Manuel Scorza, o magari qualcosa di Borges. Alla fine però, quasi sempre scelgo La pianura in fiamme di Juan Rulfo (Letture Einaudi n.42, traduzione di Maria Nicola), perché alla fine non si è mai affievolita l’emozione che mi genera, più che nel cuore, sotto la pelle. Ho sempre davanti agli occhi questi poveracci che camminano e camminano sotto il sole rovente, calpestando la terra arida. Sono ancora lì che camminano, e non si fermeranno mai.

Lorenzo Flabbi
Homo sum. Essere “umani” nel mondo antico di Maurizio Bettini
(pubblicato da Einaudi nel 2019).
Perché, come e più di altri libri di Bettini, è un concentrato di intelligenza, lucidità e cultura che fa esplodere la letteratura classica nella società contemporanea.

Consigli di lettura indipendenti #5

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte degli scrittori Laura Toffanello e Mario Pistacchio.

Foto di Maria Cristina Tenagli

Laura Toffanello
Scegliere un solo libro è come essere monogami. Monogamia-monotonia-monomania: vuol dire, in pratica, essere dei virtuosi su una corda sola. Perciò occorre un totale atto di fede. Un assoluto atto di fede, unito a una buona dose di romanticismo.
E se, una volta nominato quel libro, tutti gli altri del mondo scomparissero? Se ogni volume in carta stampata si trasformasse in lui, il prescelto, come accade, mutato l’oggetto del desiderio, nel racconto Sulla nera terra di Philip K. Dick?
Chi sa di cosa sto parlando capirà che sto prendendo la questione molto seriamente.
Dunque dovrebbe essere un libro che non tramonta mai, che anche dopo cinquanta o cento anni conservi la stessa forza dirompente. Magnetico, ipnotico. Lirico. Vertiginoso. Maestoso. Gigante.
E le parole, con cui parla, carnali ed essudanti, orchidee.
E ogni volta che lo apri, dovrebbe farti sentire non la stessa, ma la medesima emozione della prima volta.
Raccontare della morte e della vita, della ribellione alla condizione umana, perché non esiste altro più straziante.
Per questo dico Morte a credito di Luis-Ferdinand Céline, (edito da Garzanti nella classica traduzione di Giorgio Caproni nel 1964).
«La porta dell’inferno nell’orecchio è un atomino da nulla. Se lo si sposta d’un quarto di capello… se lo si smuove soltanto d’un micron, se vi si guarda attraverso è finita! Ce n’è quanto basta! si resta dannati per sempre! Sei pronto? Non lo sei? Siete in grado? Mica è gratuito crepare. Bisogna presentare alla dama un bel sudario tutto ricamato di storie».

Mario Pistacchio
Epitaffi greci di Werner Peek (traduzione e commento di Franco Mosino, Bompiani). È la Spoon River del mondo ellenico, una monumentale successione di epigrafi sepolcrali che in una manciata di righe raccontano cosa resta della vita, di tante vite e forse di ognuna, di fronte all’imperturbabilità del tempo che scolora e cancella, scivolando dolcemente nell’oscurità e nell’oblio. Soldati, medici, genitori, figli, navigatori strappati alla vita con violenza, recisi con dolcezza, rimpianti, amati, osannati, dimenticati, affidati alla pietra, scavati e scolpiti, a volte anonimi, spesso comuni, per lo più umani nell’istinto di voltarsi a guardare cosa resta alle spalle, quanto rimane dopo l’ultimo giro di giostra, prima che il sipario scenda a celare la tragedia, la farsa, il paradosso grottesco, l’epica solitudine dell’ultimo respiro.
L’epitaffio come resto della vita, sedimento ultimo ora che consunte e mute sono ormai anche le ceneri, è racconto del vano, poesia dell’affanno, compianto serenamente olimpico, stoica sopportazione, feroce rivolta, monito per il viandante, il pellegrino, lo sperso, il cercatore. Sei giunto infine, dice bonario, questa era la tua meta fin da quando nascesti al mondo. Valeva la pena, domanda ancora, rincorrere i giorni? Era giusto sprecare il tempo? Hai amato abbastanza? Cosa lasci adesso che è il tuo turno? Tutti i morti sorridono? O il sorriso è il ghigno involontario dei tessuti che smagriscono e si tirano assottigliandosi, rigida, illeggibile pergamena su ossa calcinate?
La scrittura vince il tempo, lo spazio, la vita stessa, si erge a simulacro facendosi scultura, lettera dopo lettera si incunea nella roccia iscrivendo i non più vivi al libro dell’eternità che tutto pialla. Naufraghi e naufragi, senilità e adolescenze, avventurieri e ragazze da marito, carne crocifissa, imputridita, verminosa, tutti iscritti alla grande corsa all’immortalità.
Un‘eternità sottratta ai poeti anonimi che quei versi composero raccontando quanto c’era da sapere e ricordare di quelle vite, ne fecero capolavori in miniatura di rigore, economia narrativa, equità, equilibrio, tenerezza, strofe di ballate che nessuno canterà, salutando ognuno con un arrivederci a presto, sull’altra sponda so che mi aspetterai, sarai lì per mostrarmi la strada, sarò lì per farmi prendere per mano. Torneremo insieme sposa mia, padre venerabile, figlio prediletto. Promesse eterne, lunghe il tempo di una canzone la cui melodia è affidata al vento.

Consigli di lettura indipendenti #4

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte degli scrittori Luciano Funetta, Laura Fusconi, Elvis Malaj.

Luciano Funetta
Io consiglio Miracoli della vita di James G. Ballard (traduzione di Antonio Caronia, Feltrinelli), l’autobiografia per lacune di un terrestre alieno, un Canto di Natale capovolto.

Laura Fusconi
In questo momento sceglierei Luce d’estate ed è subito notte di Jón Kalman Stefansson (traduzione di Silvia Cosimini, Iperborea) perché l’ho letto tempo fa e ancora ne sento il riverbero.
In questo libro ho rivisto i cieli strappati dei fiordi occidentali islandesi e il vento che insegue le pecore nell’erba alta. Mi ha fatto male, mi ha fatto desiderare di essere nata vicino al mare e in un tempo diverso.
Ha un ritmo bellissimo e delle immagini disarmanti. Ti fa venire voglia di andare dalle persone a cui vuoi bene e dargli un pizzicotto. È un libro che parla di stelle e di solitudini, della vita in un paesino di quattrocento anime ai confini del mondo. Un caleidoscopio di storie. Chi parte, chi resta, chi torna per restare, chi, come me, crede che “a volte nei posti piccoli la vita diventa più grande”.

Elvis Malaj
La prima cosa da considerare quando si regala un libro è conoscere il lettore cui è destinato. Data la mancanza di questa informazione, voglio ipotizzare un lettore a mia immagine e somiglianza, il che rende il lavoro molto più facile. Quindi regalerei La vita davanti a sé di Roman Gary (traduzione di Giovanni Bogliolo, Neri Pozza). Il primo motivo è che affronta tanti temi importanti con ironia, intelligenza e una purezza insolita. Il secondo è l’uso che fa della lingua: la plasma, la altera, ci gioca. È un libro che mi ha fatto divertire tanto.

 

 

Consigli di lettura indipendenti #3

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte di Della Passarelli, editrice di Sinnos, e Alberto Ibba, editore di NN.

Della Passarelli
No, non è possibile soltanto uno! Come fare? Il libro dei libri non esiste. Quello che faccio ogni volta è scegliere tra i libri che ho letto nell’anno quelli che mi sembrano belli per le persone a cui tengo. Regalo sempre un libro.  Allora direi che la scoperta di quest’anno è una scrittrice armena, avvenuta grazie a Donatella Di Pietrantonio, una autrice che amo molto. E dal cielo caddero tre mele di Narine Abgarjan (traduzione di Claudia Zonghetti, Brioschi editore). E poi regalerei una bibliocard, che non è un libro, così che si possano leggere tutti i libri che si desiderano. Buone vacanze!

Alberto Ibba
Io direi Il bacio della donna ragno scritto dall’argentino Manuel Puig nel 1976, pubblicato da Einaudi in Italia e ripubblicato recentemente da Sur (traduzione di Angelo Morino).
L’ho letto intorno ai 15 anni e fu per me determinante. Da un lato mi avvicinò alla politica rivoluzionaria che in quegli anni scoppiava in America Latina e dall’altra mi sensibilizzò al tema dell’omosessualità fuori da pregiudizi e cliché. Dopo qualche mese di quel 1985 uscì anche il film di Hector Babenco con interpreti William Hurt e Raul Julia, due attori che non ho mai smesso di amare.

Consigli di lettura indipendenti #2

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte di Stefano Friani, editore di Racconti edizioni, e Isabella Ferretti, editrice di 66thand2nd.

Stefano Friani
Scelgo una raccolta di racconti che non abbiamo pubblicato noi e che ho trovato abbastanza sensazionale: Florida di Lauren Groff (traduzione di Tommaso Pincio, Bompiani). Groff popola queste storie floridiane di alligatori e serpenti, acquartierati nel folto di un giardino in cui l’erba è cresciuta troppo oppure al limitare di una palude a due passi dall’università, e la sensazione è che questi rettili siano i racconti stessi, in attesa sorniona di mordere il lettore. Incombente è lo stesso senso di minaccia che si prova leggendo Atwood o King, e come la prima, Groff è abilissima nel discendere nelle pieghe del sentire umano senza mai perdere quella spinta compulsiva a fagocitare pagine, a voler leggere di più. È una lettura da cui si esce ammirati per la capacità di autocontrollo della scrittrice e arricchiti da un immaginario inquietato e scosso. Straconsigliato.

Isabella Ferretti
In questo momento regalerei La vita agra di Luciano Bianciardi, per il potere di visione dell’autore nel momento in cui ha scritto il libro, che ha acquistato una potenza evocativa oggi ancora maggiore. Di solito l’epoca del boom economico italiano viene ritratta in maniera agiografica, come un’età dell’oro che l’Italia e i suoi cittadini hanno irrimediabilmente perduto. Mi piace invece quel senso di perdita – di purezza e di innocenza –  che avvolge i personaggi, corrotti dal desiderio materiale. È quella forma di corruzione endemica nella società italiana, che ci impedisce – per sempre? – di alzare lo sguardo e coltivare una visione, almeno una, che faccia ben sperare nel futuro.

Consigli di lettura “indipendenti” #1

Ai protagonisti di Otto anni di editoria indipendente. Le interviste di Via dei Serpenti , la nostra novità editoriale del 2019abbiamo rivolto una nuova domanda:

Se ti trovassi nella necessità di regalare un libro, soltanto uno, quale sceglieresti e perché?

Ecco le risposte di Vanni Santoni, scrittore e direttore editoriale della collana Romanzi di Tunué, e Francesca Chiappa, editrice di Hacca.

Vanni Santoni
Se il libro deve essere uno nel senso di un libro nell’intenzione dell’autore, non posso che consigliare Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, essendo tutt’ora, con ogni probabilità, il miglior romanzo che ci sia; se però il fatto di esser composto da sette libri lo esclude, e il mio consiglio deve riguardare un solo volume, viro su tutt’altro genere, e punto sulla Bhagavad-Gita, essendo, con ogni probabilità, il libro singolo con più saggezza che ci sia; e se adesso arriva qualche pignolo a far notare che la Bhagavad-Gita è solo parte di un più vasto libro, allora vado su una novità e segnalo quello che per me è il miglior romanzo del 2019: Settembre 1972 di Imre Oravecz, pubblicato in Italia da Anfora Edizioni.

Francesca Chiappa
Non ho dubbi. Furore di John Steinbeck. Per farci raccontare, una volta ancora, cos’è la compassione.
«… io ci sarò sempre, nascosto e dappertutto. […] Dove c’è qualcuno che lotta per dare da mangiare a chi ha fame, io sarò lì. Dove c’è uno sbirro che picchia qualcuno, io sarò lì. Se Casy aveva ragione, be’, allora sarò negli urli di quelli che si ribellano… e sarò nelle risate dei bambini quando hanno fame e sanno che la minestra è pronta. E quando la nostra gente mangerà le cose che ha coltivato e vivrà nelle case che ha costruito… be’, io sarò lì.».